Dal Mondo
November 02 2022
A spoglio ormai quasi ultimato, sembra proprio che la coalizione guidata da Likud si aggiudicherà la maggioranza all’interno della Knesset. Uno scenario, questo, che rende assai probabile il ritorno alla premiership di Benjamin Netanyahu, il quale si ritroverà prevedibilmente a guidare un governo orientato su posizioni nettamente conservatrici. Ovviamente alcuni scenari sono ancora prematuri. E non è neanche detto che il nuovo esecutivo si formerà tanto presto. La vittoria elettorale del Likud (che, arrivato primo, dovrebbe conquistare almeno 31 seggi) evidenzia comunque alcuni fattori importanti.
In primis, quanto accaduto con le elezioni tenutesi ieri in Israele dimostra, una volta di più, che ribaltoni e giochi di palazzo possono, sì, formare provvisoriamente dei governi, ma che – al contempo – difficilmente riescono a creare qualcosa di duraturo. Qualcosa che non finisca poi per sgretolarsi o che non venga sonoramente bocciato nelle urne. Ricordiamo che Netanyahu venne estromesso dal governo nel giugno dell’anno scorso, dopo un accordo tra Naftali Bennett e Yair Lapid, che formarono un governo di larghe intese particolarmente scricchiolante: un governo che è infatti arrivato al capolinea pochi mesi fa.
Un secondo aspetto riguarda la politica estera. Il probabilissimo ritorno di Netanyahu renderà nuovamente i rapporti tra Gerusalemme e l’attuale Casa Bianca particolarmente problematici. Joe Biden e l’ex premier israeliano non si amano dai tempi dell’amministrazione di Barack Obama: in particolare, i due leader sposano visioni antitetiche per quanto riguarda il rilancio del controverso accordo sul nucleare iraniano. In realtà, a ben vedere, questo è stato un tema spinoso per Biden anche nei suoi rapporti con Lapid, premier di centrosinistra e quindi teoricamente più ben disposto nei confronti dei democratici americani. Come dimostrato dal viaggio mediorientale dell’inquilino della Casa Bianca dello scorso luglio, sono infatti emerse significative tensioni con il premier israeliano uscente in materia di Iran. Questo per dire che, almeno su alcune questioni, il ritorno di Netanyahu non comporterà eccessivi stravolgimenti nei rapporti tra Gerusalemme e l’attuale amministrazione statunitense. Forse il principale punto interrogativo riguarda al momento il dossier relativo alla crisi ucraina. Sotto questo aspetto, bisognerà ovviamente attendere le prime mosse del nuovo esecutivo.
Un ultimo aspetto di carattere internazionale risiede nel fatto che, a livello generale, in molti Paesi le forze conservatrici stiano riuscendo a vincere le elezioni. D’altronde, la vittoria di Netanyahu segue di appena un mese quella di Giorgia Meloni in Italia. Senza contare che, martedì prossimo, si terranno in America le elezioni di metà mandato, con i repubblicani che sembrano pronti a riconquistare almeno un ramo del Congresso. Si tratta di un fattore significativo. Non è così ovunque, certo (basti pensare alla crisi dei Tory nel Regno Unito). Tuttavia si sta registrando un trend abbastanza evidente sotto questo punto di vista.