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February 26 2018
Si sapeva fin dall'inizio. Un po' perché sarebbe stata una delle conseguenze di questa legge elettorale, un po' per i temperamenti dei personaggi in campo. In queste elezioni politiche del 4 marzo, non ci sarà solo la competizione del centro-destra con i grillini e con il Pd, ma anche quella interna alla coalizione, tra Forza Italia e la Lega. Una sorta di primarie interne, come le ha definite Matteo Salvini, che dovrebbero decidere, in caso di vittoria dello schieramento, chi sarà il prossimo presidente del consiglio.
Una gara che potrebbe essere virtuosa, e assicurare in queste ultime due settimane al centrodestra i seggi che gli mancano per avere la maggioranza in Parlamento; o, come a volte capita, foriera di guai, destabilizzando la coalizione ancora prima dell'inizio della prossima legislatura.
Il più convinto assertore di questa competizione interna è Salvini, il quale è pronto a mettere tutta la posta sul piatto: "Se vince Forza Italia può scegliere il premier che vuole. In quel caso Draghi, Tajani o chiunque altro, a me andrà bene. In caso contrario, dovrà accettare il sottoscritto".
In fondo Salvini ha mille ragioni per giocare questa partita. La prima è squisitamente politica: il capo della Lega punta a diventare il leader della destra italiana e il presentarsi come il candidato dell'ala estrema della coalizione, in contrapposizione a quello dell'ala moderata, è funzionale a questo disegno.
A questo si aggiunge la sensazione diffusa nel Carroccio che le urne potrebbero riservare qualche sorpresa. Nell'ultimo gran premio ippico - ormai i pronostici per obblighi di legge vanno camuffati - il cavallo dal nome Furia Italica era dato al 17 per cento, mentre quello dal nome nordico Selva Padana al 14,4 per cento. Insomma, la distanza si sta assottigliando. Ed è questa atmosfera che rende Salvini più baldanzoso. "L'ipotesi che La Lega abbia più seggi di Forza Italia" si sbilancia uno dei plenipotenziari del partito, Giancarlo Giorgetti "non è una boutade. Anzi, tutt'altro".
È un'impressione che lo stato maggiore della Lega ricava dai report che gli arrivano dalle regioni del centro e del sud del Paese. Un'impressione sbagliata? Forse. Ma certo la situazione è quella che è: la gente si interessa solo della sicurezza e degli effetti negativi dell'immigrazione clandestina, cioè dei temi centrali della campagna leghista. Tematiche che aprono varchi addirittura a sinistra.
"Nelle Marche" ammette preoccupato Matteo Richetti, uno dei registi della campagna elettorale del Pd "i vecchi comunisti, che sono da sempre portatori di una cultura intollerante, dicono che voteranno Lega". Inoltre c'è un altro fenomeno da verificare, l'arruolamento che la Lega ha fatto di personalità vicine a Forza Italia sotto la linea gotica, specie tra chi è stato escluso dalle liste azzurre. "Da noi" racconta Stefano Candiani "è arrivata la sindaca di Montefalco, quella che Berlusconi voleva candidare alla regione Umbria. Immaginate che le cene elettorali per lei, le ha organizzate il generale Leonardo Tricarico, altro nome che orbitava attorno a Forza Italia".
Ma allora, il rischio del sorpasso leghista c'è, o è solo un miraggio? Nella Lega c'è chi è più prudente come il capogruppo dei senatori, Gianmarco Centinaio: "Il sentimento tra la gente ci sarebbe pure, ma manca la struttura partito nel Sud". E anche dentro Forza Italia, i più non ci credono.
"Tutti i sondaggi" osserva il segretario organizzativo, Gregorio Fontana "ci danno 4 punti sopra alla Lega". Ma la questione è aperta. Eccome. "Che il centrodestra vinca" spiega Lorenzo Cesa, uno dei capi della "quarta gamba" moderata, alleata con il Cav "non ci sono dubbi. Il problema vero è se noi e Berlusconi avremo un seggio in più di Salvini, oppure no. Se ne avremo di meno, sarà un casino". Già, è il dubbio, il rischio, il pericolo, che ha spinto Berlusconi a dedicarsi, anima e corpo, nella coda della campagna elettorale, al Sud.
Articolo pubblicato sul n° 10 di Panorama in edicola dal 22/2/2018 con il titolo "Salvini, l'alleato che vuole scalzare il Cav"