(Credit Rewards for Justice Program)
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Eliminati quattro leader di alto profilo dell'Isis in Iraq

L'esercito statunitense e le forze di sicurezza irachene hanno reso noto di aver ucciso quattro leader dello Stato islamico durante un raid del 29 agosto nell'Iraq occidentale che ha causato il ferimento di sette soldati americani. Uno dei leader dell'Isis era un terrorista ricercato con una taglia di 5 milioni di dollari sulla sua testa. Il Comando Centrale degli Stati Uniti (CENTCOM) ha identificato i terroristi uccisi come Ahmad Hamid Husayn Abd-al-Jalil al-Ithawi, Abu Hammam, Abu-'Ali al-Tunisi e Shakir Abud Ahmad al-Issawi. In totale, 14 membri dello Stato Islamico sono stati uccisi durante il raid. Ithawi era« responsabile di tutte le operazioni in Iraq», Hammam « era responsabile della supervisione di tutte le operazioni nell’Iraq occidentale», al-Tunisi invece era «responsabile della supervisione dello sviluppo tecnico» mentre e al-Issawi era «responsabile della supervisione delle operazioni militari nell’Iraq occidentale». Al-Tunisi, che il CENTCOM ha identificato come supervisore dello sviluppo tecnico per lo Stato islamico, era ricercato dal governo degli Stati Uniti. In tal senso il Rewards for Justice Program del Dipartimento di Stato ha offerto una ricompensa di 5 milioni di dollari per ottenere informazioni che portassero alla sua cattura. Sempre secondo Rewards for Justice, era «un leader chiave dello Stato islamico dell’Iraq e ash-Sham (Isis) e il leader della produzione per l’ISIS in Iraq, comprese le armi chimiche». Inoltre «Ha condotto corsi di formazione per i membri dell'ISIS, tra cui istruzioni su come realizzare esplosivi, giubbotti esplosivi e dispositivi esplosivi improvvisati (IED), scrive Rewards for Justice. «Al-Tunisi ha anche fornito una formazione avanzata sullo sviluppo di armi e sulla fabbricazione di armi chimiche». Nonostante le perdite territoriali in Iraq e Siria, lo Stato Islamico è riuscito a mantenere una presenza in alcune aree desertiche. Il gruppo di monitoraggio delle sanzioni delle Nazioni Unite stima che l'I’Isis abbia tra i 1.500 e i 3.000 combattenti attivi in questi due paesi, sebbene affronti continue perdite, diserzioni e difficoltà nel reclutamento.Tuttavia, è probabile che la loro forza effettiva sia maggiore.


Una minaccia costante non solo in Siria e in Iraq

Sebbene il gruppo jihadista abbia perso gran parte del controllo territoriale, continua a operare attraverso cellule decentrate, principalmente in Iraq e Siria, utilizzando tattiche di guerriglia e insurrezione. C’è poi il tema della leadership. L'attuale leader dell'Isis è il misterioso Abu Hafs al-Hashimi al-Qurashi, nominato califfo nell'agosto 2023 del quale non esistono immagini cosi’ come le notizie su di lui sono scarse e contraddittorie. Ha preso il posto di Abu al-Hussein al-Husseini al-Qurashi, ucciso all'inizio dello stesso anno. Questo cambio di leadership segue una serie di avvicendamenti dovuti alla morte dei precedenti leader in battaglia o durante operazioni militari mirate. Il generale Michael Erik Kurilla, comandante del CENTCOM, ha sottolineato l'impegno degli Stati Uniti nella sconfitta duratura dell'ISIS, il quale rappresenta ancora una minaccia per gli Stati Uniti, i loro alleati e la stabilità della regione. Un eventuale ritiro delle truppe americane dall'Iraq e dalla Siria entro il 2026 potrebbe però offrire nuove opportunità al gruppo terroristico per riorganizzarsi nell’area mentre in Africa e in Afghanistan solo per citarne alcuni, colpisce ogni giorno. Lo scorso 12 settembre almeno 14 persone sono state uccise e altre sei ferite in un attacco compiuto da uomini armati non identificati come riferito venerdì da un portavoce dei Talebani, senza aggiungere ulteriori dettagli. «Esprimiamo profondo cordoglio per le vittime innocenti di questo tragico evento, e stiamo adottando misure serie per identificare e portare davanti alla giustizia i colpevoli di questo atto vile», ha dichiarato Zabihullah Mujahid, portavoce del gruppo. Secondo quanto riportato dall'emittente afghana Tolonews, l'attacco è avvenuto al confine tra le province centrali di Daikundi e Ghur. La zona è abitata prevalentemente da musulmani sciiti ed è tradizionalmente considerata una delle aree più sicure. Le vittime si erano riunite per accogliere i pellegrini di ritorno da Karbala, in Iraq, dove si erano recati circa tre settimane prima per celebrare Arbain, una delle principali festività religiose.

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