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March 16 2015
Lo scandalo in cui è incappata Hillary Clinton, accusata di avere usato un account email privato per gestire affari pubblici quando era segretario di Stato (reato federale) ha avuto l’effetto inaspettato di ringalluzzire la tifoseria della sinistra antisistema, quella che non ha mai amato il cognome Clinton. Nell’attacco al clan Clinton ha ripreso dunque quota il nome di Elizabeth Warren, la risposta ultraprogressista a Hillary e all’establishment politico-finanziario che rappresenta.
Nata 65 anni fa in Oklahoma da una famiglia di operai con sangue cherokee, Warren si è fatta un nome come esperta di leggi sulla bancarotta e avvocato dei consumatori. Le sue campagne per difendere le vittime delle grandi banche hanno portato alla creazione dell’agenzia per la protezione dei consumatori finanziari. Nel 2012 è stata eletta al Senato in Massachusetts e ha ottenuto un posto strategico nella commissione bancaria (quella che si occupava di applicare la regolamentazione delle banche d’investimento approvata dopo il crac finanziario del 2008).
È sul palco della convention democratica del 2012 che Warren si è affermata come paladina della turbosinistra che vuole metaforicamente tagliare la testa ai banchieri, tassare i ricchi e combattere le diseguaglianze economiche. «La gente crede che il sistema sia fallato e che le remi contro. Il brutto è che ha ragione, il sistema è fallato». E solletica gli istinti populisti: «I banchieri hanno devastato l’economia, cancellato milioni di posti di lavoro e ancora girano attorno al Congresso, senza vergogna, per chiedere favori, comportandosi come se dovessimo ringraziarli». Per la sinistra viscerale questo mastino antibanchieri è un’icona. Ed è la nemesi di Hillary, che i banchieri li invita a cena a caccia di sostegni. Lo spazio per correre alle primarie c’è, ma Warren nega da tempo di essere interessata alla Casa Bianca nel 2016. Eppure, quando le hanno chiesto se Hillary potrebbe diventare un simbolo per i progressisti, ha ribattuto: «Dipende dal programma che presenterà». Non certo un caloroso endorsement.