Calciomercato
April 01 2021
La lunga ed estenuante trattativa tra il Milan e il potente agente Mino Raiola sul rinnovo di Gianluigi Donnarumma, in scadenza il prossimo 30 giugno, nasconde anche una battaglia di principio sulla visione del calcio del futuro. Un sistema in cui gli stipendi (anche quelli delle stelle) dovranno essere ridimensionati e gli agenti che li rappresentano non potranno più avere il potere di vita o di morte sulle scelte delle società così come accade oggi. La crisi della pandemia ha solo accelerato il processo di rinnovamento. Già da tempo la Fifa aveva messo nel mirino la categoria dei procuratori o intermediari ritenendola una sorta di vuoto a perdere per tutto il sistema, capaci di dragare risorse per miliardi di euro portandoli al di fuori del circuito per arricchirsi togliendo risorse ai driver principali dell'economia del pallone.
Non è un caso che la battaglia di trincea attorno al contratto di Donnarumma si stia combattendo tra il simbolo del potere degli agenti, al secolo Mino Raiola, e una proprietà che è entrata nel mondo del calcio con una visione totalmente differente da quella tradizionale come il fondo Elliott, subentrato al misterioso Yonghong Li nell'estate del 2018. Una proprietà che in tre anni ha speso 50,6 milioni di euro alla voce commissioni e che fatica ad accettare la logica per cui ci possa essere un intermediario tanto potente e invasivo come è il procuratore nel rapporto tra club e calciatore. E fatica a capire perché il rapporto di forza tra club e assistiti non possa essere ribaltato, uscendo dalla logica delle scuderie da cui escono le 'proposte' ai dirigenti come se si trattasse di un porta-a-porta e ogni società non avesse modo di sviluppare e valorizzare il proprio lavoro di scouting. Settore su cui il Milan di Elliott ha investito tanto.
La parola d'ordine è massima attenzione su tutto per non sballare conti che ancora non sono in equilibrio e che mai potranno esserlo fino a quando la crisi non sarà alle spalle. Il Milan oggi ha Donnarumma in scadenza, ma non solo: ci sono anche i contratti di Ibrahimovic (sempre con Raiola) e Calhanoglu. E tra un anno quelli di Romagnoli (indovinate con chi?) e Kessie, altri due pezzi fondamentali della costruzione di Stefano Pioli. Eppure, a differenza di quanto si è abituati a vedere nel mondo del calcio, l'input è di gestire e trattare senza farsi prendere dalla fretta e alla gola. Anche a costo di arrivare a scadenza, come successo un anno fa con Bonaventura, altro assistito di Raiola, costretto a ripiegare sulla Fiorentina (1,5 netti) dopo aver immaginato un rinnovo a cifre superiori con i rossoneri.
Il messaggio è chiaro: denaro da buttare via non ce n'è. Elliott immagina un calcio in cui gli agenti siano un tassello utile ma non indispensabile per gestire i rapporti. E, di sicuro, costino meno e abbiano meno potere su carriere e scelte societarie che spostano assett da decine di milioni di euro, una montagna di denaro capace di fare la differenza al momento della chiusura di un bilancio. Donnarumma oggi può rappresentare la battaglia simbolica in un contesto in cui il Covid ha già ridotto di un quarto (-26% da 187 a 138) le spese dei club di Serie A per gli agenti sportivi senza però riuscire ad incidere sui costi del personale. Che con i ricavi da stadio azzerati e quelli commerciali in tensione, rischiano di far bloccare tutto il sistema.