Televisione
November 10 2020
«Una serie perfetta per il binge watching», ovvero da guardare un episodio dopo l'altro come con una scorpacciata di biscotti. Che sia un complimento o un offesa è ancora poco chiaro, quello che è certo è che la nuova serie televisiva targata Netflix - Emily in Paris - sta facendo parlare tutto il mondo.
Tutti lo stanno guardando o commentato, perché si sa una cosa non prescinde dall'altra. Online sulla piattaforma di streaming dall'inizio di ottobre, Emily in Paris racconta le avventure di una giovane che per lavoro si trasferisce a Parigi. La nostra Emily non conosce il francese e si trova catapultata nella città dell'amore per portare il «punto di vista americano» in un'agenzia di comunicazione per beni di lusso. La serie è prodotta da Darren Star, l'uomo che ha portato Sex and the City sul piccolo schermo. Con lui anche la celebre stylist della serie, Patricia Field, responsabile dell'ossessione di Carrie Bradshaw per Manolo Blahnik.
La storia della giovane americana che arriva a Parigi e trova l'amore, oltre che il successo lavorativo, non è certo nuova, ma sembra ancora capace di conquistare il pubblico americano che, pur riconoscendone i difetti, ha apprezzato la serie per la sua semplicità e leggerezza (fondamentale in questo periodo storico). A non aver assolutamente visto di buon occhio il telefilm è stato però il pubblico francese che ha dedicato decine di articoli a Emily in Paris e tutti i suoi cliché.
Secondo la stazione radio francese Rtl, «tra beret, abitini da cocktail e strade all'apparenza impeccabile, i parigini hanno fatto fatica a riconoscere la loro vita di tutti i giorni». Più severo Madam Figaro, in cui una giornalista dice di essersi sentita «ridicolizzata» dai tanti cliché. I colleghi di Emily inizialmente sono distaccati, maleducati e svogliati. Nessuno arriva in ufficio prima delle 10 e la pausa pranzo e annaffiata da vino rosso. La giornalista domanda allora piccata: «Nessuno ha informato gli sceneggiatori che non si fuma più negli uffici in Francia e che un amministratore delegato non bacia mai una persona estranea che viene a lavorare da lui?» Per il giornale Sans Critique, guardare Emily in Paris equivale a guardare un programma di fantascienza.
Il commento più gentile arriva da Philippe Thureau-Dangin, direttore di Exils, una piccola casa editrice francese, durante la sua intervista al New York Times. «La serie è così ridicola che magari i suoi creatori hanno voluto ispirarsi a Molière. Anche Molière era solito esagerare e creare situazioni impossibili per fare ridere».
Fonte di critiche è stato anche la rappresentazione di Emily come “influencer" di successo. Il magazine americano Vulture si è persino chiesto se nella vita reale il profilo Instagram della giovane avrebbe davvero avuto successo. La risposta di tre ragazze che nella vita fanno davvero le influencer in Francia è stata negativa. La profilo social di Emily è pieno di cliché come il resto della serie. Si potrebbe definirlo «ringarde», ovvero kitch, utilizzando lo stesso aggettivo scelto dallo stilista che incontra Emily nel suo atelier.
Per tutti i suoi difetti, Emily in Paris sembra però aver risvegliato la voglia di shopping delle donne di tutto il mondo. Secondo uno studio di Lyst, sulla piattaforma si è verificato un incremento del 45% per i prodotti di moda indossati dalla protagonista. Sono le over 35 ad amare maggiormente il coloratissimo stile della protagonista (82%). Tra i capi che hanno generato maggiore interesse troviamo la borsa «Jelly Snapshot» firmata Marc Jacobs (+92%), il cappello alla pescatore di Kangol (+342%) e ovviamente il classico basco rosso, le cui ricerche sono cresciute del 100%.
Babbel, la piattaforma online per l’apprendimento delle lingue, ha chiesto a 38.000 parigini quali film e serie tv rappresentano al meglio «l’art de vivre à la Parisienne». Non è la prima volta che le interpretazioni televisive e cinematografiche enfatizzano gli aspetti più pittoreschi delle culture che raccontano e i maglioni a strisce, berretti e baguette sotto il braccio mostrati da Emily in Paris ne sono la conferma. «Parigi è tra le città più riconoscibili al mondo e la sua cultura è tra le più banalizzate» ha spiegato l’editor in didactics Taylor Hermerding. «In Babbel, incoraggiamo noi stessi e i nostri studenti ad andare oltre i cliché e gli stereotipi, per apprezzare appieno la complessità delle culture e delle lingue straniere, specialmente nel caso di città come Parigi, una tra le più antiche e piene di storia in tutta Europa. Quindi, se state considerando l’idea di visitare Parigi, vi raccomandiamo uno di questi film, selezionati direttamente dai parigini, così da avere una visione d’insieme più completa di quella che solo la serie tv Emily in Paris potrebbe offrire. E, ancor meglio, vi suggeriamo di imparare un po’ di francese per poter interagire direttamente con i locali».
Le più votata produzione inglese è firmata Woody Allen. Si tratta di Midnight in Paris che si aggiudica il 41% dei voti. Il film, uscito nel 2011, racconta la storia dello scrittore Gil (Owen Wilson), alle prese con il suo primo romanzo. Una notte, mentre sta camminando tra le strade di Parigi sale su un taxi che lo trasporterà negli anni Venti. Lì incontrerà Francis Scott Fitzgerald e la moglie Zelda, ma anche la bellissima Adriana, musa di grandi artisti che cambierà il suo modo di vedere il mondo.
Con il 28% delle preferenze, segue nella classifica il cartone Disney Ratatouille. Le avventure del piccolo topo che giunge in città con il sogno di diventare uno chef sembrano aver conquistato il pubblico francese, così come gli Artistogatti indicati dal 4% degli intervistati. Conclude la classifica il film Julie & Julia con il 3% dei voti.
Per quanto riguarda le produzioni francesi, il film collettivo del 2006 Paris, Je T'aime, che racchiude 18 cortometraggi d’autore ambientati nei diversi quartieri della capitale, è risultato essere la rappresentazione in lingua francese più apprezzata. Il secondo posto va a Il favoloso mondo di Amélie con il 21% delle preferenze, mentre la pellicola La Haine (1995), vincitrice del premio per la miglior regia al Festival di Cannes e conosciuta in Italia con la traduzione L’odio, completa il podio con il 12% dei voti. La serie comedy Dix pour cent (Chiami il mio agente, ndr) si posiziona al quarto posto con l’11%, mentre il commovente Les Intouchables (2011), il cui titolo italiano è stato adattato in Quasi amici, chiude al quinto posto con il 5%.
Altri suggerimenti indicati dagli intervistati sono Moulin Rouge (2001), Due Giorni a Parigi (2007), The Eddy (2020), Un Americano a Parigi (1951), Neuilly Yo Mama! (2009), La Pantera Rosa (1963), Ultimo Tango a Parigi (1972), e Non sposate le mie figlie! (2014).
Abiby
Abiby è uno dei «subscription box» più amati in Italia. Cos'è un subscription box? Si tratta di un abbonamento mesi, trimestrale o semestrale che permette di ricevere un cofanetto di bellezza direttamente a casa, con tanti nuovi prodotti da provare. Quella dei subscription box è una moda che arriva dagli Stati Uniti e che si sta diffondendo in tutto il mondo. Il contenuto delle scatole di cosmetici è nuovo ogni mese, pertanto, l' effetto sorpresa è assicurato.
La box di novembre è dedicata alle serie tv. Si chiama «Game of Beauty» e ognuno dei prodotti prende ispirazione da un telefilm. «La nostra box di novembre è dedicata alla serie tv che ci tengono compagnia nelle grigie giornate autunnali e suggerisce i must have della stagione per prepararsi ai prossimi mesi. Dopotutto, “l'inverno sta arrivando"».
Tra i cinque prodotti in esclusiva, uno sarà proprio dedicato alla serie più chiacchierata del momento: Emily in Paris. La box di novembre è acquistabile online, fino al 12 novembre.