Enrico Zoppas, il re delle acque

Con San Benedetto (e altri brand) è leader nelle bevande analcoliche: ecco la storia di un successo industriale

È dalla metà degli anni Settanta, cioè da quando appena studente ho cominciato a fare questo mestiere, che le storie di successo degli imprenditori mi affascinano. Quelli erano anni di crisi aziendali e scontri sindacali e io, giovane collaboratore di un quotidiano di provincia, ero spesso costretto a raccontare le vicende di fabbriche chiuse, seguendo mesto i cortei di Cgil, Cisl e Uil. Dunque, quando mi capitava per le mani il caso di un’azienda che invece di tirar giù la serranda la alzava e assumeva lavoratori anziché licenziarli, mi appassionavo. Proprio per questo, a metà degli anni Ottanta, per conto di un mensile economico del gruppo Rusconi che si chiamava Gente Money, mi specializzai nel raccontare storie di imprenditori che ce l’avevano fatta, applicando intuizioni brillanti e riuscendo a macinare un successo dietro l’altro.

Mi scuso per la premessa: non ho alcuna intenzione di riepilogare la mia carriera giornalistica, ma semplicemente di introdurre la vicenda umana e professionale di Enrico Zoppas, Presidente della San Benedetto. Non so quanto si sappia di lui e della sua impresa, ma la società di Scorzè, in provincia di Venezia, è un colosso nel settore delle bevande, numero uno nel beverage analcolico. E lui ne è il presidente nonché amministratore delegato, vale a dire il dominus di un gigante con duemila dipendenti e un miliardo di fatturato. Tutto comincia più di cinquant’anni fa, quando l’ultimo degli eredi Zoppas, famiglia di produttori di lavatrici ed elettrodomestici, viene mandato dal padre Gino a occuparsi di una provincia dell’”impero”, ovvero della fonte San Benedetto, piccola e poco redditizia azienda di imbottigliamento di acque minerali. “Perdeva soldi” racconta ora “e bisognava limitare i danni, dandosi una strategia”. Era il periodo in cui il settore doveva fare i conti con problemi organizzativi e di distribuzione, con il famoso vuoto a rendere, ovvero bottiglie di vetro da restituire ai negozi lasciando a garanzia una cauzione. Con un problema logistico non da poco, se si considera il peso delle cassette d’acqua e se si valuta il costo della movimentazione e della sterilizzazione del vetro prima di consentirne il riuso. E qui c’è la prima intuizione del giovane Zoppas, il quale appena poco più che ventenne cominciò a pensare come risolvere il problema di quei camion che facevano la spola tra la sede e le botteghe di alimentari, cercando di espandere l’area di distribuzione, che proprio i problemi logistici limitavano al massimo. L’idea fu quella di passare alla plastica o meglio al Pet, prodotto versatile, resistente, sicuro anche per gli alimenti, e soprattutto leggero, dato che pesava un decimo del vetro, e in più senza necessità di essere restituito, evitando la cauzione. Sembrava l’uovo di Colombo, ma quell’uovo aveva due problemi. Il primo: la produzione delle bottiglie di plastica era più facile a dirsi che a farsi. Il secondo: i contenitori di Pet non avevano un fondo stabile come le bottiglie di vetro e perciò non stavano in piedi.

E qui scattò la determinazione di chi fa impresa: Zoppas, pur di risolvere la questione che minacciava di strangolare la sua azienda le ha provate tutte e alla fine ha scovato un brevetto per “soffiare” una provetta di materiale plastico e darle la base a forma di petalo. “Ci è venuta in soccorso la nostra esperienza da metalmeccanici: anche se imbottigliare acqua sembra la cosa più facile del mondo, l’innovazione – imparata producendo lavatrici e frigoriferi - è stata fondamentale per la nostra crescita”.

In effetti, la storia della San Benedetto è disseminata di idee geniali che hanno consentito a una piccola fonte di divenire leader in Italia e di crescere e all’estero in 105 Paesi. Dal confronto con multinazionali come Schweppes, Coca Cola e Ferrero, per le quali produce bevande, all’apertura di impianti di imbottigliamento in tutta Italia per ridurre il costo del trasporto (“che è più pesante di quello del prodotto”). Dagli investimenti per abbattere la Co2 creando un’economia circolare, con meno camion ed emissioni della stessa anidride carbonica. Dai succhi di frutta senza zucchero alle bibite con le vitamine: un modo di bere e di badare alla salute e al proprio benessere. Non c’è nulla di più naturale, semplice e trasparente dell’acqua. E parlando di valore, il “prodotto” è venduto a prezzi su cui incidono in maniera determinante i costi di trasporto, di imballaggio e di packaging. Dunque, far sgorgare utili per assicurare il futuro a un’impresa che dà lavoro a migliaia di famiglie non è per niente facile. Così come non è semplice innovare un prodotto che è naturale, che non ha bisogno di lavorazioni o manipolazioni. Per far crescere un’azienda così ci vuole quindi talento. L’acqua non si inventa e nemmeno una fonte: stanno lì da centinaia di anni. Ma anche l’acqua, per far crescere un’impresa, ha bisogno di innovazione e di fantasia. Quella di un imprenditore di carattere.

«La mia azienda è una famiglia»

Un imprenditore di carattere, un uomo con capacità di cogliere le trasformazioni del mondo reale. Enrico Zoppas appartiene al gruppo ristretto - ma non così tanto - su cui l’Italia può contare per lo sviluppo. Perché il nostro Paese non ha lo “stellone” della vulgata, ma persone come questo signore veneto, con la religione del lavoro al centro del loro operare. La sua azienda, il Gruppo San Benedetto, ha raggiunto un miliardo di fatturato: traguardo di cui andare fieri.

Un miliardo e continua a guardare avanti, per obiettivi sempre più prestigiosi. È così?

Non ci si deve mai fermare. Lavoriamo con grande impegno nell’innovazione, qualità dei prodotti, comunicazione verso il consumatore. La vena innovatrice ci fa percorrere le strade di nuovi segmenti delle bevande analcoliche, tanto da crearne di nuove e intuire dove stia andando il mercato. La nostra missione è chiara: valorizzare il dono più importante che ci ha dato la natura, ossia l’acqua.

Ma per valorizzarlo ci vogliono le persone.

Sicuro. Sono fondamentali. Abbiamo costruito un’organizzazione aziendale supportata da metodi come il giapponese Kaizen. La filosofia adottata riconosce il merito delle persone coinvolgendole dal basso. Vengono premiate le idee di tutti i collaboratori e ne guadagna la capacità creativa.

L’attenzione alla salute del consumatore è al centro del suo operare?

Come Gruppo, negli anni ci siamo portati dietro un background tecnologico di prim’ordine che ci ha aiutato nel raggiungimento dei mercati del futuro, in particolare quelli che vanno verso il salutismo. Inutile nascondere che gli stili di vita stanno cambiando. La cura di sé stessi ha un ruolo centrale, per questo abbiamo introdotto prodotti innovativi: oltre a dissetare e dare soddisfazione al palato, apportano un beneficio all’organismo. Per esempio, Aquavitamin, linea di bevande analcoliche con vitamine in acqua minerale. E siamo entrati nel segmento degli energy drink con due proposte: Fruit&Power e San Benedetto Super Boost, prodotti dalle caratteristiche uniche.

Che ci dice della sostenibilità, parola oggi abusata, quando non utilizzata a sproposito?

Dico che in Italia siamo il gruppo leader nelle politiche sostenibili del nostro settore. Non c’è progetto in azienda che non preveda la valutazione degli impatti ambientali. Siamo green da oltre dieci anni, non da oggi. È da tempo che ci chiediamo quale può essere il beneficio che l’azienda acquisisce nel diventare più green. Ora lo sappiamo: non è solo aumentare i ricavi, ma promuovere una cultura di rispetto delle risorse e riduzione dell’impatto ambientale anche nelle abitudini del consumatore. Siamo stati i primi a quantificare la nostra carbon footprint, abbiamo determinato quante emissioni di CO2 produciamo e iniziato un percorso inarrestabile per la loro riduzione. Nel 2009, prima realtà industriale italiana, abbiamo avviato un accordo volontario con il ministero dell’Ambiente per valutare e ridurre le emissioni. Dal 2023 abbiamo fatto un ulteriore passo verso l’impatto zero. Come? La linea di Acqua Minerale San Benedetto Standard Naturale è stata sostituita dalla San Benedetto Ecogreen, linea “CO2 Impatto Zero”, con il 100% delle emissioni di CO2e compensate.

Lei ha sempre detto, in azienda e in ogni occasione pubblica, che il legame del suo Gruppo con il territorio è molto stretto. Cosa significa?

Rappresenta la risorsa più importante. Conoscere le nostre radici e custodirle è determinante: senza non ci sarebbe stata l’avventura imprenditoriale e non sarei qui a ricordare i successi ottenuti. Dal rapporto con il territorio nasce ciò che amo definire la cultura della fabbrica-famiglia. È un patrimonio che ho voluto portare in San Benedetto, assieme al valore del lavoro. A tutti i livelli, dagli operai ai dirigenti. Tutti partecipano allo sviluppo della nostra azienda, dando vita a una grande famiglia.

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