Entra nella moda con Panorama

Il momento non è dei più felici, per il sistema moda italiano. A preoccupare non sono tanto i fatturati, che tengono botta, né l’export, che nonostante le difficoltà di alcuni mercati chiave come quello russo continua a crescere. Semmai è la "brand identity", che fra marchi caduti in mani straniere, delocalizzazioni poco efficaci ed errori di comunicazione rischia talvolta di trasformarsi da asset positivo in boomerang anche per quelle aziende (e sono la stragrande maggioranza) che hanno da comunicare valori importanti, primo fra tutti quello del made in Italy. Perché ormai da tempo, anche nella patria del bello, fare moda non significa più produrre una collezione, farla sfilare, promuoverla e venderla. "Design, creatività, sfilate e campagne rimangono centrali, certo" nota Michele Lupi, responsabile dei fashion magazine Icon e Flair, nonché testimonial del corso di Panorama Academy dedicato al settore del fashion: articolato su una doppia offerta di master o di alta formazione, il corso mira alla formazione di esperti nel settore della moda, fornendo le competenze utili per i processi di creazione e di realizzazione dei prodotti e quelli di commercializzazione e di promozione del brand sul mercato nazionale e internazionale.

"Quello che oggi i grandi marchi puntano a fare" dice Lupi "è distinguersi, costruendo una comunità non solo di acquirenti ma di persone che si riconoscano nella storia, nell’etica, nei valori e nello stile". Gli americani lo chiamano "brand storytelling" (ovverosia racconto del marchio) e non è una novità circoscritta solo a questo settore. Ma è soprattutto nel caso dei prodotti di moda, dove prevalgono gli elementi evocativi e simbolici, che la marca acquista un ruolo strategico al fine di differenziare l’offerta e aumentare il vantaggio competitivo. Bisogna considerare che la moda è caratterizzata da un periodo di vita molto breve che corrisponde alla stagione, e che ormai ogni tipo di prodotto risulta omogeneo agli occhi del consumatore, il quale, di contro, tende a sviluppare un’identità sempre più autonoma e a richiedere determinate garanzie alle imprese. Che a loro volta non potendo costruire relazioni durature con i consumatori basandosi sul prodotto, che in questo caso è mutevole come la moda, prendono come punto di riferimento proprio la marca. L’identità di marca offre così una garanzia di valore che supera la temporaneità stagionale del prodotto moda e anche, almeno in parte, l’elemento prezzo.

Uno scenario in rapida evoluzione, e che dunqueper essere affrontato con tutti i crismi ha bisogno di figure professionali nuove, preparate e con competenze nuove. "Per questo" aggiunge Lupi "nelle nostre lezioni proverò a fornire un approccio a 360 gradi alla materia, affiancando di volta in volta alla mia esperienza di giornalista quella di protagonisti e insider: stilisti, designer, pubblicitari, responsabili della comunicazione, fotografi e creativi". Senza dimenticare le ibridazioni con i social media, l’e-commerce, le campagne virali e gli eventi: tutte strade già sperimentate con successo da Mondadori e dai suoi newsmagazine, e che costituiscono un plus delle lezioni, agganciandosi concretamente alla quotidianità di un business complicato. E più allargato di quanto sembri, perché oltre agli ambiti più tradizionali rappresentati da abbigliamento e calzature, le stesse dinamiche possono contagiare altre eccellenze del made in Italy, dall’arredo al cibo, non a caso anch’esse raccontate lungamente dal nostro settimanale durante il tour "Panorama d’Italia", pronto a ripartire nel 2015.

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