Enzo Jannacci: dieci anni senza il genio beffardo della canzone italiana

Non è facile raccontare un artista “irregolare”, geniale e fuori dagli schemi come Enzo Jannacci, morto dieci anni fa, il 29 marzo 2013. L’unico in grado di poterlo fare è suo figlio Paolo Jannacci, che ha scritto, insieme all’amico e giornalista Enzo Gentile, una biografia agile, intensa e ricca di curiosità che ne ripercorre la vita e il genio artistico,

Ecco tutto qui, edita da Hoepli. Il libro, che prende il nome da una celebre canzone contenuta in Foto Ricordo, album del 1979, è la storia appassionata di una vita unica e irripetibile, dove l’artista e l’uomo Enzo Jannacci sono fotografati e raccontati da chi lo ha visto e conosciuto da vicino, sul lavoro, tra gli hobby, accompagnandone la carriera e le avventure di tutti i giorni. Diviso per decenni, dai primi coraggiosi esperimenti degli anni Cinquanta, fino al passo d’addio del 2013, il testo ritrae Jannacci come testimone del suo tempo, un mosaico gioioso e tragico insieme, capace di dividersi tra musica e medicina, tra concerti, dischi e produzioni, tra teatro e televisione, pubblicità, regie e arti marziali, cinema e cabaret, senza mai mancare il bersaglio: una traiettoria di umorismo, nonsense e amare riflessioni sui più sfortunati, sui derelitti, sui dimenticati dalla società. Un mistero buffo, come lo avrebbe definito l’amico e maestro di sempre, Dario Fo. Oltre a un prezioso apparato di fotografie mai pubblicate prima, il libro offre un panorama ricchissimo su lavori e opere passate in rassegna puntigliosamente, con l’ausilio di alcune delle tante persone che gli hanno voluto bene e ancora oggi lo considerano un ineludibile punto di riferimento per il mondo dello spettacolo, e non solo: tra questi Renzo Arbore, Massimo Boldi, Sergio Castellitto, Romano Frassa, Dalia Gaberscik, Ricky Gianco, Gino e Michele, Gino Paoli, Gianni Rivera, Paolo Rossi, Vasco Rossi.

Per concessione degli autori, pubblichiamo un estratto del libro con i ricordi di chi ha conosciuto da vicino il geniale cantautore milanese.

L’insegnamento di Enzo Jannacci pare come una sorta di “unforgettable fire”, una fiamma creativa che non ha mai cessato di ardere: e che, al di là di citazioni e omaggi sporadici, ha dato vita, fino ai giorni nostri, a numerosi episodi, a nuove riprese e produzioni. Tra le ultime in ordine di arrivo sul calendario, lo spettacolo teatrale che Elio, senza Le Storie Tese, ma con un bel drappello di musicisti capitanati da Alberto Tafuri al piano, ha portato in giro, per la regia di Giorgio Gallione. Elio sintetizza così la sua visione jannacciana: “Enzo Jannacci rappresenta per me il prototipo di tutto ciò che deve essere un’artista: originale, profetico, istintivo, generoso. Ancora oggi è avanguardia.” Anche Paolo Belli ha voluto omaggiare il Nostro, registrando uno dei brani meno “coverizzati” e dunque più stuzzicanti di Enzo, Parlare con i limoni. Pubblicato nel 1987 (quando Belli poco più che ventenne aveva appena fondato la sua prima band di successo, i Ladri di Biciclette), Parlare con i limoni entra nella scaletta dell’ultimo album dell’artista emiliano, La musica che ci gira intorno, affettuoso tributo a Jannacci, intensa la sua versione con chitarra e armonica a bocca, che Paolo (Belli) ha così voluto raccontare: “È stato un modo per rivolgermi a un genio che mi ha influenzato in le ultime parole famose ogni maniera possibile. Per me Jannacci è, insieme a James Brown, John Belushi e Totò, un maestro che mi accompagna sempre e da cui apprendere...” E inoltre, non si può dimenticare, la sempre graditissima attenzione e amore che Ale e Franz, nelle loro citazioni e interpretazioni, rivolgono a Enzo durante i loro spettacoli. Seguono, non meno intensi e importanti, una miriade di tributi di piccoli e grandi artisti che si misurano con la poetica e la musica di quello che considerano ancora un grande amico. Eccone una piccola selezione:

“Chi è il più grande artista della canzone in Italia? Jannacci, un artista fuori ordinanza, fuori legge, frutto soltanto di ispirazione. Io credo che l’ispirazione sia la grande prerogativa di una canzone, non certo il lavoro a tavolino. Ecco perché Jannacci va considerato un patrimonio dell’umanità.” (Renzo Arbore)

“Tra i suoi ingredienti fondamentali c’è lo scarto, il contrattempo, il gioco paradossale di distruzione completa che mette in quello del mimo, della voce. (Dario Fo)

“Jannacci mi ha dato tanto. Avvicinarlo è un’occasione per fare una riflessione su mondi e su esseri umani straordinari che la poesia di Enzo è riuscita a disegnare come nessun altro, e a cui io sono legato per la mia storia e per la mia formazione. Lui è stato il più grande poeta della canzone in Italia, che oltretutto ha saputo dare un presente e un futuro a una lingua vernacolare che oggi è al crepuscolo. Noi in Italia abbiamo contrapposto dialetto e lingua come se il primo appartenesse alla sfera dell’ignoranza e la seconda a quella del sapere. Un’autentica catastrofe, per cui oggi ci ritroviamo con una lingua aziendale piena di ridicoli, penosi, inutili anglicismi. Il milanese di Jannacci è una lingua gaglioffa e malinconica, sfacciata e autoironica, e se l’avessimo conservata saremmo uomini migliori che parlano una lingua migliore.” (Moni Ovadia)

“Io Enzo l’ho conosciuto attraverso Paolo, dalla prima collaborazione a fine anni Novanta. Poi è successo che mi abbia proposto di fare insieme una canzone, Desolato, di cui io ho scritto una parte dopo aver sentito quella che avevano realizzato loro. È uscita dopo che Enzo se ne era andato, e Paolo aveva deciso di raccogliere un po’ di materiale inedito. Se sono stato titubante è perché so quanto Enzo sia in alto e quanto nella mia famiglia sia stato ascoltato fin da quando ero bambino. Era come giocare con qualcosa più grande di me, nel timore che si pensasse a una mia voglia di lucrare sulla memoria. Niente di tutto questo, Desolato è stato un bell’incontro artistico.” (J-Ax)

“L’arte di Jannacci è multimediale, gioca su tre registri, della parola, della musica e della mimica.” (Umberto Eco)

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