L’equivoco digitale dei genitori
Nel corso delle mie attività di cyber-volontariato nelle scuole mi sono reso conto che un commento si ripete costantemente: “con la tecnologia i miei figli sono più bravi di me”. Personalmente trovo incredibile come milioni di genitori possano mentire a se stessi con tanta straordinaria pervicacia e soprattutto anche di fronte all’evidenza dei fatti. In queste poche righe conto di dimostrare quanto sia falsa l’idea di cui sopra. Partiamo dal dato anagrafico. L’Istat ci dice che l’età media a cui sia ha un figlio oscilla tra i 32 e i 36 anni. Facciamo due conti. I genitori di un adolescente di età compresa tra i 12 e i 16 anni, oggi, potrà avere un minimo di 44 e un massimo di 52 anni. Immaginando che il nostro adolescente sia nato tra il 2008 e il 2012, significa che i relativi madri e padri maneggiavano internet e dispositivo tecnologici da quasi un decennio o più. Quando poi gli hanno messo in mano al pargolo il primo smart phone, con ogni probabilità ne avevano passati altri dieci a dilettarsi con quello stesso dispositivo. Tirate le somme significa che esistono milioni di adulti capaci di intendere e di volere convinti che una persona con ventennale esperienza in un dato settore sia meno capace di che in quell’ambito si muove da due o tre anni al massimo. Come dire che tutti i neopatentati guidano meglio di chi in auto ci va da decenni. Passiamo al secondo punto. Circa il 60 per cento dei genitori di cui sopra ha almeno un titolo di studio di scuola superiore. Tuttavia, sono convinti che, evidentemente, una certa cultura e conoscenza sia totalmente inutile nel maneggiare la tecnologia, poiché il figlio, studente alle medie inferiori o ai primi anni delle superiori, ne sa di più. A questo punto i più riottosi affermeranno che gli adolescenti lo usano di più e quindi sono più esperti. Ancora una volta mi tocca smentirli. Un adulto trascorre mediamente tre/quattro ore al giorno con lo smart phone, contro le tre/sei ore di un under 18. Poca differenza, ma soprattutto, per i numeri di cui sopra, lo sta utilizzando da molti più anni. Se neppure questo basta a porre fine alla resistenza, allora chiudiamo in bellezza. A chi è ancora reticente faccio una domanda: da chi pensate che abbiano imparato? Chi credete sia stato il primo esempio? Ovviamente voi. I genitori sono il primo modello e poiché noi esseri umani impariamo molto imitando è probabile che l’imprinting tecnologico sia proprio il vostro. Quando li osservate mentre utilizzando lo smart phone vi state guardando allo specchio. Certo sono più veloci nel digitare, più rapidi nell’eseguire una serie di operazioni, ma se provaste a vedere la scena al rallentatore vi stupireste notando “quell’aria di famiglia” con cui fanno le cose digitali e non.
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