Economia
May 03 2013
Nel suo discorso programmatico, il nuovo premier Enrico Letta , è stato abbastanza chiaro: secondo il presidente del consiglio, il governo è intenzionato risolvere con decisione la questione degli esodati, cioè quei lavoratori che hanno firmato negli anni scorsi un accordo aziendale per mettersi in mobilità e che oggi, purtroppo, rischiano di rimanere senza un impiego e senza la pensione, per effetto dell'ultima riforma previdenziale voluta dall'ex-ministro del welfare, Elsa Fornero (che ha spostato notevolmente in avanti l'età del pensionamento).
LA RIFORMA DELLE PENSIONI DI ELSA FORNERO
Ancora non è chiaro come il nuovo esecutivo riuscirà a sbrogliare il bandolo della matassa, visto che la questione degli esodati è stata già affrontata in parte dal governo Monti, senza però giungere a una soluzione definitiva. Il programma del governo Letta fa riferimento a “forme circoscritte di gradualizzazione del pensionamento, come l’accesso con 3-4 anni di anticipo e con una penalizzazione proporzionale” .
LA SECONDA TRANCHE DI SALVAGUARDATI
In pratica, l'esecutivo potrebbe adottare un sistema di incentivi e disincentivi simile a quello in vigore per le attuali pensioni anticipate (che, dal 2012, hanno sostituito le vecchie pensioni di anzianità). Quest'anno, si può andare in pensione con il nuovo assegno anticipato (introdotto dal ministro Fornero) dopo aver raggiunto i 42 anni e 5 mesi di contributi (nel caso degli uomini) o con 41 anni e 5 mesi (per le donne), indipendentemente dall'età. Sono previste però delle penalizzazioni per gli under 62. Nello specifico, chi non ha ancora raggiunto questa soglia anagrafica ma decide comunque di andare in pensione, subirà un taglio dell'assegno maturato dell'1% per ogni anno che precede il compimento dei 62 anni e del 2% per ogni anno che precede invece il compimento dei 60 (per chi decide di mettersi a riposo ancora più presto).
Proprio con questo meccanismo che regola le pensioni anticipate, potrebbe essere salvaguardata anche la platea dei lavoratori esodati, permettendo loro di mettersi a riposo con regole più elastiche. L'ipotesi è che venga consentito il pensionamento anche a chi non rispetta i rigidi parametri della riforma Fornero (cioè 41 anni e mezzo o i 42 anni e mezzo di anzianità contributiva), ripristinando i vecchi requisiti in vigore nel 2011 o anticipando comunque di 3-4 anni le soglie di uscita attuali. Nello steso tempo, rimarrebbero però delle piccole penalizzazioni sull'assegno (proporzionali all'età) per chi si ritira prima dei 62 anni.
Nel suo discorso programmatico, Letta ha parlato di misure circoscritte, facendo intendere di voler concentrare le modifiche alla Riforma Fornero soltanto sulla platea degli esodati, il cui numero esatto rimane però ancora un mistero. Le stime più credibili sono quelle circolate mesi fa, che calcolavano la presenza in tutta Italia di almeno 230mila lavoratori, i quali rischiano ancora di rimanere senza un impiego e senza una pensione entro il 2017 (oltre ai 130mila circa già salvaguardati dal governo Monti).
Resta da chiarire, però, quali saranno le risorse finanziarie a copertura degli eventuali provvedimenti varati dal governo Letta. Va ricordato, infatti, ciò che è avvenuto nell'ottobre del 2012, quando ci fu la presentazione di un disegno di legge (Ddl) da parte del deputato del Pd ed ex-ministro del lavoro, Cesare Damiano. Lo scopo del Ddl Damiano era salvaguardare la platea degli esodati rendendo più flessibile la riforma Fornero. Il provvedimento, però, fu bocciato dalla Ragioneria Generale dello Stato, poiché comportava una spesa a carico del bilancio pubblico di 30 miliardi di euro in 10 anni e di 14-15 miliardi da qui al 2018. Questi numeri della Ragioneria, ovviamente, per ora non sono cambiati.