Dall'esplosione di SpaceX abbiamo tanto da imparare
Poco dopo aver raggiunti i 27 km di altezza, alla velocità di circa duemila km l'ora, il razzo Starship di SpaceX è stato fatto esplodere per ragioni di sicurezza. Ma come da sempre avviene nella lotta tra l'uomo e la gravità, quanto accaduto ha fornito importanti lezioni all'azienda SpaceX che si propone come operatore spaziale privato. Nonostante l'esito disastroso della missione, uno che di lanci ne capisce parecchio come Bill Nelson, amministratore della Nasa, si è congratulato con i tecnici di Elon Musk scrivendo sul suo account Twitter: “Ogni grande risultato nel corso della storia ha richiesto un certo livello di rischio calcolato, perché con un grande rischio arriva una grande ricompensa”. Certo, per chi non vede l'ora che l'uomo torni sulla Luna e poi vada su Marte, questa è stata una delusione, ma almeno nessuno si è fatto male. Non come avvenne il Il 27 gennaio 1967 durante il test preparatorio in vista della missione Nasa As-204, che sarebbe stata rinominata poi Apollo 1, quando un incendio scoppiato nella cabina di comando della capsula uccise i tre astronauti a bordo, Gus Grissom, Robert Chaffee ed Ed White. Si è imparato molto da allora, e si è imparato forse ancora di più da quanto accadde alle navette Challeger e Columbia.
Tra le mille cose che possono impressionare un visitatore del Kennedy Space Center, una mi ha sempre costretto a fermarmi per una preghiera: il monumento agli equipaggi di quei due sfortunati lanci dello Shuttle, e la scritta “Qui insegniamo ai docenti come spiegare lo spazio ai giovani, per ispirarli”. E su questa mentalità dimostrata innanzi ai fallimenti, noi italiani abbiamo ancora tanto da imparare. La buona notizia però è che continuiamo a imparare ogni giorno, anche quando non succede nulla che noi giornalisti possiamo diffondere. Ma questa volta mezzo mondo era attento, anche perché quel gigantesco razzo sarà quello che consentirà la missione Artemis III, quella con equipaggio umano per destinazione il nostro satellite, seppure prima del lancio, che mirava a validare il sistema missilistico, proprio Elon Musk aveva contenuto l'entusiasmo ricordando che sarebbero potuti essere necessari diversi tentativi prima che Starship esca integra e riutilizzabile da questi collaudi.
Sta di fatto che un mostro alto 127 metri con oltre trenta motori per quattro minuti ha volato inviando a terra una mole enorme di dati che saranno oggetto di analisi da parte di schiere di ingegneri assetati di risposte. Perché il direttore di lancio ha tentato tutto per tenerlo in volo, ma quando su un oggetto da migliaia di tonnellate ti si spengono otto motori e tutti dalla stessa parte, c'è poco da fare, l'asimmetria della spinta è tale che non c'è modo, computer né alternativa: il controllo del razzo è perso. I prossimi saranno recuperabili e riutilizzabili, ma questo era comunque destinato a precipitare in parte nel mare del Golfo del Messico e in parte nell'Oceano Pacifico.
Così quando a due minuti dal lancio il conto alla rovescia si è interrotto, dapprima si è pensato a un altro rinvio, quindi quando il cronometro ha ripreso la sua corsa verso lo zero, c'è stata un'ovazione che ha preceduto il distacco dalla rampa, quel “liftoff” che separa il tempo che corre all'indietro da quello con il segno più. Erano stati alcuni problemi tecnici con quell'impresa – una vera battaglia contro la fisica – che vede la necessità di pressurizzare il combustibile liquido per poterlo poi far bruciare in modo opportuno. Ma arrivato a circa 37 km sopra il Golfo del Messico, alcuni dei 33 motori a getto che lo spingevano hanno smesso di funzionare, e seppure il sistema automatico di guida abbia cercato di correggere la traiettoria, il controllo dell'assetto è saltato e il razzo ha cominciato a descrivere delle spire nella parte alta dell'atmosfera accelerando e rallentando, fino a quando è stato chiaro che la navicella Starship non si è separata, ed è stato necessario distruggerlo a distanza. Senza fare un plissé, Musk si è comunque congratulato con la squadra sperimentale di SpaceX su Twitter: “Ho imparato molto per il prossimo lancio di prova che sarà tra pochi mesi”.
I razzi pesanti come Starship sono intrinsecamente più complessi e più difficili da sviluppare rispetto ai razzi più piccoli, Iinoltre, puntando a rendere riutilizzabili tutti i pezzi della navicella per ripartire nuovamente poche ore dopo l'atterraggio, SpaceX sta tentando una sfida ingegneristica che va oltre quanto realizzato nei precedenti sessant'anni anni dell'era spaziale. Qualcosa che abbiamo visto finora soltanto come effetto speciale nei B-movie degli anni Cinquanta. Sul perché alcuni motori non si siano accesi sarà necessario indagare, ma sempre seguendo il mantra dell'azienda: “Fallisci velocemente, ma impara più velocemente”. Come SpaceX aveva fatto proprio sperimentando gli atterraggi in verticali dei suoi razzi più piccoli, molti dei quali sono andati distrutti nei diversi tentativi falliti. Ma a differenza della Nasa, i cui fallimenti storici sono sempre finiti sotto un processo da parte della politica, Musk possiede abbastanza denaro e autonomia per poter decidere da solo se continuare, modificare, riprovare. E finora è l'unico che ha validato lanci spaziali tra i privati arrivando a qualificarsi come fornitore della Nasa stessa. E nessuno come gli americani sa pronunciare meglio la frase: “Provaci ancora, Elon.”
Difficile al momento determinare cosa abbia causato i malfunzionamenti, ma dalle prime indagini pare che la potenza del razzo abbia distrutto la base della piazzola di lancio e che i detriti prodotti siano stati scagliati contro le strutture del vettore, danneggiando 8 motori e l'anello di accoppiamento con la Starship impedendone la separazione
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