Televisione
November 14 2022
Roma 1978. L’anno tra i più drammatici e ingombranti per la storia del nostro Paese, tra violenze di piazza, gambizzazioni, scontri a fuoco, attentati. Il 1978 è soprattutto l’anno del rapimento e dell’omicidio del presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, da parte delle Brigate Rosse, l’organizzazione terroristica di estrema sinistra: sta per insediarsi, per la prima volta in un paese occidentale, un governo sostenuto dal Partito Comunista (guidato da Enrico Berlinguer), in una storica alleanza con la Democrazia Cristiana, e Moro è il principale fautore di questo accordo. Proprio nel giorno dell’insediamento del Governo, il 16 marzo 1978, sulla strada che lo porta in Parlamento, Moro e gli uomini della sua scorta cadono in un agguato in via Fani a Roma. Ed è un inedito racconto dei tragici giorni del suo rapimento Esterno Notte, la serie evento di Rai1 diretta da Marco Bellocchio, che sperimenta per la prima volta la serialità e lo fa indagando la molteplicità dei punti di vista dei personaggi che di quella tragedia furono protagonisti e vittime. Il risultato è un prodotto straordinario, di grande impatto emotivo (e non solo), complice anche un super cast: oltre a Fabrizio Gifuni (nei panni di Moro), ci sono anche Margherita Buy (in quelli della moglie Eleonora Chiavarelli), Toni Servillo (Papa Paolo VI), Fausto Russo Alesi (Francesco Cossiga), Gabriel Montesi (Valerio Morucci), Daniela Marra (Adriana Faranda). Ecco tutto quello che c'è da sapere sulla serie in tre puntate in onda lunedì 14, martedì 17 e giovedì 17 novembre.
È la mattina del 16 marzo 1978 quando il presidente della Dc viene rapito e l’intera scorta sterminata: è un attacco diretto al cuore dello Stato e la sua prigionia durerà cinquantacinque giorni, scanditi dalle lettere di Moro e dai comunicati dei brigatisti. Cinquantacinque giorni di speranza, paura, trattative, fallimenti, buone e cattive azioni, al termine dei quali il suo cadavere verrà abbandonato in un’automobile in via Caetani, esattamente a metà strada tra la sede della Democrazia Cristiana e quella del Partito Comunista Italiano. «Esterno Notte perché stavolta i protagonisti sono gli uomini e le donne che agirono fuori della prigione, coinvolti a vario titolo nel sequestro: la famiglia, i politici, i preti, il Papa, i professori, i maghi, le forze dell’ordine, i servizi segreti, i brigatisti in libertà e in galera, persino i mafiosi, gli infiltrati. Protagonisti celebri, sempre in tv e sui giornali, ma anche sconosciuti», spiega il regista Marco Bellocchio, che ha voluto raccontare l'esterno di quei cinquantacinque giorni italiani stando fuori dalla prigione tranne che alla fine, all’epilogo tragico.
Così a parlare, a raccontarsi, a tacere sono quelle persone che «durante il sequestro, per cercare di salvarlo, per far finta di salvarlo, boicottando apertamente o segretamente ogni trattativa, fino al tragico grottesco delle sedute spiritiche e dei viaggi all’estero per consultare sensitivi che potessero dare delle informazioni utili sulla prigione». Il risultato è una serie in tre puntate che Le Monde ha definito «un'opera di una profondità e di un'ampiezza mozzafiato». A scriverla, oltre a Bellocchio, sono stati gli sceneggiatori Stefano Bises, Ludovica Rampoldi eDavide Serino.
«O si decide che siamo personaggi storici, e allora si rispetta la storia, o si decide che siamo personaggi privati e allora ci si lascia in pace». È uno sfogo duro e netto quello di Maria Fida Moro, la primogenita di Moro, convinta che la narrazione televisiva non possa rispecchiare la verità storica. L'ex senatrice già si era espressa a nome della famiglia contro il progetto durante le riprese e poi l'uscita nelle sale e alla vigilia della messa in onda su Rai1 rincara la dose: «Non pretendo che gli altri - che non hanno provato - capiscano, ma a dispetto dell'esperienza seguito a sperarci». Poi la stoccata finale, sempre affidata all'agenzia Agi: «È già vergognoso infischiarsene del dolore altrui ed è doppiamente vile usarlo per fare affari. Nel 1963 papà conclude così un discorso credo a Firenze: 'Lasciamo dunque che i morti seppelliscano i morti, noi siamo diversi, noi vogliamo essere diversi dagli stanchi e rari sostenitori di un mondo ormai superato'».
Aldo Moro, Presidente della DC, il primo partito d’Italia, è stato liberato dalla Brigate Rosse, l’organizzazione terroristica di estrema sinistra che l’aveva rapito, ed ora scruta con occhi inclementi i suoi compagni di partito, riuniti al capezzale del suo letto di
ospedale: Giulio Andreotti, Francesco Cossiga e il segretario di partito Benigno Zaccagnini. In realtà Aldo Moro non è stato ancora rapito e sta invece lavorando per far nascere il primo governo di unità della storia repubblicana con l’appoggio esterno del PCI. Da un lato contiene i malumori espressi dai rappresentanti delle correnti del suo partito, dall’altro si adopera per ottenere la garanzia del voto di fiducia da parte del segretario del PCI Enrico Berlinguer. Il “compromesso storico” di cui Moro è primo promotore, però, suscita malumori ovunque: nei corridoi di Montecitorio, in piazza tra gli studenti universitari e in Vaticano, dove Papa Paolo VI esprime al Presidente della DC tutte le sue perplessità. Intanto Adriana Faranda, Bruno Seghetti e Raffaele Fiori, alcuni membri della “colonna romana” delle BR, rapiscono Moro il 16 marzo, giorno stesso della fiducia al IV governo Andreotti, dopo aver ucciso in via Fani i cinque uomini della sua scorta. Francesco Cossiga, neo ministro dell’Interno, presiede il Consiglio di guerra convocato in seguito al rapimento anche se i sensi di colpa per quanto accaduto sembrano sopraffarlo. Domenico Spinella, capo della Digos, vorrebbe coinvolgere i responsabili della sicurezza del PCI nelle indagini, dal momento che hanno uomini proprio in quegli ambienti che più fiancheggiano l’operato delle BR, ma i colonnelli del Consiglio si oppongono al loro coinvolgimento. Nel frattempo la brigatista Adriana Faranda viene riconosciuta da più testimoni come colei che avrebbe acquistato le finte divise da aviatore servite al commando di brigatisti per appostarsi senza dare nell’occhio. Nei controlli a tappeto che seguono gli agenti di Polizia arrivano fino al covo di via Gradoli dove si nascondono i brigatisti Mario Moretti e Barbara Balzerani, ma quando nessuno gli apre, invece che sfondare la porta desistono. Intanto la richiesta di Aldo Moro di avviare una trattativa segreta con le BR fatta pervenire privatamente a Cossiga viene vanificata dalla pubblicazione della lettera. Un consulente americano specializzato in rapimenti di ostaggi suggerisce al ministro dell’Interno di discreditare Moro così da rendere sue eventuali confessioni inattendibili e al contempo di fingere di aprire una trattativa con le BR per poi forzarli a una resa incondizionata. Quando il 15 aprile 1978 le Brigate Rosse condannano a morte Moro, lo esorta a sondare le reazioni dell’opinione pubblica nell’eventualità della sua morte: Cossiga fa pubblicare un falso comunicato delle BR in cui annunciano l’uccisione di Moro e l’occultamento del suo cadavere nel lago della Duchessa, in Abruzzo.