Dal Mondo
March 16 2025
Friedrich Merz, il prossimo cancelliere tedesco, è un buon barometro delle relazioni tra le due sponde dell’Atlantico. Ancora pochi mesi fa, infatti, scommetteva risolutamente sul duplice ruolo americano di globo-consumatore nonché fornitore di sicurezza di ultima istanza. Sul versante economico, Merz ha più volte lanciato appelli per un rafforzamento dei rapporti tra le due sponde dell’Atlantico. L’economia tedesca oggi è infatti costretta a ripensare drasticamente il proprio modello. Ciò per il venire meno del gas russo a prezzi calmierati, perché si è fatto insostenibile lo status della Cina come gigantesco mercato di esportazione, e perché è rimasta ancorata a meccanica e chimica e più in generale industria pesante, ma ha perso il treno del digitale. Per risolvere questi scompensi, l’economia tedesca ha bisogno che il mercato statunitense si apra di più, ma le politiche di Trump si rivelano una doccia gelata su queste aspettative.
Sul versante della difesa, è ora in atto un ripensamento sulle modalità di riarmo della Germania, che fino a ieri assegnavano molto spazio e risorse agli F-35 americani a scapito dell’industria militare europea. Comprare velivoli da caccia era per molti aspetti uno stratagemma per «scambiare» concessioni di vario tipo con gli Usa. Ora tuttavia Trump mette in discussione l’impegno americano di fornitore di sicurezza sulla massa continentale eurasiatica, e Berlino ricalibra le sue politiche di riarmo e influenza quelle di tutta Europa. A cambiare non sono solo i saldi di finanza pubblica e le regole sull’indebitamento - cioè quanto si spende e come si finanzia la spesa - su cui si registra addirittura una presa di posizione della Bundesbank, ma la «lista della spesa» - cioè dove si spende.
Merz, prima ancora della vittoria elettorale, ha ammesso che il rapporto transatlantico è compromesso, e che l’Europa deve rendersi indipendente il prima possibile da Washington. Gideon Rachman, prima firma di politica estera del quotidiano britannico Financial Times, non esita ormai a definire gli Usa come un «avversario» di Ue e Regno Unito. L’ipotesi che Starlink potesse staccare i suoi servizi all’Ucraina per ridurla a più miti consigli è stata un brusco segnale d’allarme per tutti i partner degli americani, le cui infrastrutture digitali e di sicurezza dipendono in larga misura da colossi tech o della difesa a stelle e strisce. Da questa constatazione deriva un triplice corollario.
Primo: il riarmo tedesco e Ue soddisfa esigenze diverse, dalla creazione a tappe forzate di capacità bellica alla stimolazione di un super-ciclo dell’industria militare per compensare il declino di altri comparti (leggi: automotive e siderurgico).Secondo: soluzioni alternative a quelle americane verranno esaminate con crescente attenzione, e privilegiate ogni qual volta possibile. Per l’Italia, che è parte del programma Gcap per la realizzazione di un super-caccia di sesta generazione assieme a Giappone e Regno Unito, non è necessariamente una cattiva notizia. Per inciso: non c’è da invidiare Londra, che deve contemperare il tradizionale rapporto simbiotico con gli Stati Uniti e la comunità di difesa e intelligence dei Five Eyes, e la necessità di stringere i rapporti con Bruxelles e Berlino. Da non sottovalutare poi sarà il ruolo della Turchia. Per un verso Ankara segnala crescente nervosismo per l’equazione strategica trumpiana, in cui il Paese non è contemplato ed è anzi vissuto con insofferenza, e per altro verso si propone per rafforzare le credenziali di difesa europee, ancora deboli.
Terzo e ultimo corollario: farà scuola l’esperienza israeliana di personalizzazione degli F-35. Nel 2009, Tel Aviv avanzò una richiesta di personalizzazione di questi caccia multiruolo, che inizialmente fu respinta dagli Stati Uniti. Israele voleva integrare sistemi di guerra elettronica flessibili, prodotti localmente, per affrontare le specifiche minacce regionali senza dipendere da fornitori stranieri. Inoltre, desiderava utilizzare munizioni prodotte nei propri confini. Nonostante le iniziali difficoltà, Israele è riuscito ad affermare la sua linea. La produzione degli F-35 «Adir» include oggi componenti realizzati da industrie israeliane, come il casco sviluppato da una joint venture tra Elbit Systems e Rockwell Collins, e le ali prodotte da Israel Aerospace Industries. Sul piano della semantica politica, questa personalizzazione sarà presentata come un’opportunità per rafforzare la cooperazione tecnologica e coltivare l’industria europea. La realtà è molto più cruda: nessuno al di qua dell’Atlantico è più sereno all’idea che il «telecomando» sia in mano americana. Vale per la difesa così come per moltissimi altri settori, a partire dal digitale.