Economia
November 17 2023
Per il trasporto aereo italiano la coperta è corta, la tempesta quasi perfetta, la cura peggiore della malattia. Perdonate le frasi fatte ma credo che mai come oggi ci troviamo a fare i conti con una serie di errori cominciata molti anni fa, quando ogni sforzo governativo in fatto di aviazione civile era volto a cercare di salvare Alitalia mentre a essere malato era tutto il settore. E anno dopo anno, mentre il numero dei vettori italiani diminuiva perché le compagnie italiane gettavano la spugna e quelle estere colonizzavano il Paese, trincerandosi dietro la scusa delle norme europee nessun governo ha mai pensato che servisse una riforma, o quantomeno un piano per il rilancio dell'aviazione commerciale.
Se oggi si parla di costo dei biglietti, la lamentela più comune in questo periodo è che i prezzi si stanno alzando giorno dopo giorno mentre si avvicinano le feste. Eppure accade da almeno vent'anni e chi è almeno quarantenne sa che in tempi di Erasmus all'estero o di trasferta, a settembre era già ora di trascorrere una serata sui siti di prenotazione.
Negli ultimi anni, con grandi cambiamenti in atto, si è preteso che la tendenza dei prezzi al ribasso che aveva contraddistinto l’ultimo decennio del mercato pre-pandemia rimanesse tale; al tempo stesso però, per far riprendere il trasporto aereo dalla più grande crisi subita dal Dopoguerra, al grido del “green” si è voluto imporre un percorso rapido per svecchiare le flotte dei vettori anche quando queste non erano poi così obsolete. Il piano del 2020 era perfetto: Airbus poteva riprendere a costruire con più ordini, il gruppo AirFrance-Klm avrebbe rottamato vecchi aeromobili e ricevuto in cambio aeroplani con motori nuovi che bruciano meno carburante a parità di posti a sedere venduti.
Proprio questa è, infatti, la caratteristica degli A320Neo di Airbus e del B-737 Max di Boeing, cavalli di battaglia dei vettori europei, letteralmente realizzati e messi sul mercato a tempo di record per cogliere il momento. Mentre gli aerei vecchi sarebbero stati resi ai noleggiatori e rimbalzati altrove nel mondo a rimpiazzare si, stavolta, velivoli obsoleti.
Intanto sul fronte dell’indotto si è fatto ricorso a ogni tipo di flessibilità lavorativa ed esternalizzazione per contenere il costo del personale aeroportuale, fino a comprendere, dopo la pandemia, che i lavoratori di terra stavano scappando da turni di notte e stipendi inadeguati, mentre gli equipaggi erano ormai mancanti dei comandanti più esperti, che nel frattempo erano stati pensionati. Trovare una scusa realistica per l'aumento dei costi applicato è complicato: il costo del combustibile, che poi è il cherosene, è aumentato del 4-6% negli ultimi mesi, ma sempre più compagnie utilizzano, in percentuali crescenti sul totale, il carburante sostenibile Saf, che però costa molto di più. E questo costo va recuperato sui biglietti. A ciò si somma il fatto che negli ultimi mesi la domanda di posti è aumentata più rapidamente di quanto i vettori abbiano potuto attivare nuovi collegamenti, creando quindi condizioni di minore possibilità di scelta su rotte che prima offrivano alternative con fasce di prezzo molto più ampie. Un fenomeno, quest’ultimo, che si sta riducendo, ma che ancora contraddistingue determinati collegamenti.
E poi ci sono i maledetti algoritmi dei siti di prenotazione che, seppure agiscano secondo le normative europee, fanno l’interesse di chi vende e non di chi compra. Così, dopo che il Governo Meloni aveva introdotto un tetto per le tariffe, e subito dopo lo ha tolto, con le ferie natalizie in arrivo, siamo ancora in crisi: salgono i prezzi e noi italiani restiamo tra coloro che, con stipendi mediamente inferiori rispetto al resto dell’Unione, soffriamo di più. Ma qual è la soluzione, a parte tornare ad applicare, in barba alle regole dell’Unione, misure di memoria sovietica, con prezzi imposti? Certamente si potrebbe ripartire dal rifare le regole della cosiddetta continuità territoriale, favorire la nascita di nuovi vettori regionali che offrano viaggi nazionali come alternativa rapida al treno se combinato al traghetto. Ma se la Francia insiste nel voler eliminare i voli al di sotto delle due ore quando lo stesso collegamento è attivo in treno, i cugini se ne guardano bene dall'eliminare la loro continuità territoriale, ben più estesa e varia della nostra. Infine c'è una domanda che dobbiamo farci: se 600 chilometri in treno costano circa cento euro, per farne mille in aeroplano allo stesso costo, chi paga il resto? Risposta scontata: noi, ovviamente, continuando a finanziare il traffico delle lowcost straniere attraverso le regioni, magari alzando ancora l'asticella. In fondo, il costo del volo si abbassa di molto per chi acquista un posto, mentre l'addizionale regionale si alza di qualche decina di centesimi per tutti, anche quella che paga chi non vola. E il problema, magicamente pare scomparire. Fino a giugno 2024.