Economia
February 13 2018
Proclami e promesse, tavoli di discussione e pagine di informazione con e sui media tradizionali, cambi di algoritmo e progetti innovativi in fase di lancio o di test. Eppure, le fake news, con il loro corollario di contenuti deleteri e di hater sono sempre lì a disturbare. E anche a far peggio, orientando scelte e opinioni, tanto più quando i riceventi sono le categorie più fragili ed esposte, giovani in primis.
In tutto questo caos, e di fronte all’assenza di rimedi efficaci dei responsabili e ai danni che continuano a essere prodotti, di reali vie d'uscita ancora non ce ne sono, al punto che Unilever, il colosso mondiale dei prodotti di largo consumo che sta costantemente nei primi posti delle classifiche degli investimenti pubblicitari, ha deciso per una risoluzione drastica, con aut aut rivolto ai giganti della comunicazione, da Google a Facebook, da Twitter ad Amazon, ovvero coloro che controllano oltre la metà del mercato mondiale della pubblicità digitale e quasi due terzi di quello americano, minacciandoli di interropere tutti gli investimenti in assenza di una risoluzione definitiva al problema.
“Non investiremo in piattaforme o in ambienti che non proteggono i nostri bambini o che creano divisioni nella società e che promuovono rabbia e odio”, ha dichiarato il direttore marketing di Unilver, Keith Weed, “e daremo priorità a investimenti solo sulle piattaforme responsabili che sono impegnate nel creare un impatto positivo sulla società”, ha poi concluso rincarando la dose.
Se si considera che l’esborso del gruppo franco-olandese per il marketing e la pubblicità sui canali digitali lo scorso anno ha toccato i 9 miliardi di dollari è facile comprendere quale sia l’importanza dell’intimazione di per sé, ma anche quale sarebbe la portata sul mercato complessivo e sui fatturati delle piattaforme direttamente interessate qualora l’esempio di Unilever dovesse essere seguito da altri investitori.