Economia
February 18 2015
Sei mesi per negoziare un nuovo accordo. Ma anche sei mesi che potrebbero sancire l’esigenza per un nuovo esborso finanziario per il salvataggio del Paese.
La Grecia domani mattina chiederà un’estensione di sei mesi del programma di sostegno approvato nel 2012, basandosi sulla proposta avanzata dalla Commissione europea durante l’ultimo Eurogruppo.
Ma non è chiaro cosa potrà fare il governo di Alexis Tsipras da qui a fine agosto per capovolgere la situazione economica del Paese.
Il rischio, come fanno notare diversi analisti finanziari, è che fra sei mesi ci si ritrovi in una condizione peggiore di quella odierna.
L’accordo sui sei mesi
Nonostante all’ultimo Eurogruppo siano volati gli stracci fra il capo dei ministri finanziari della zona euro e il ministro ellenico delle Finanze Yanis Varoufakis, questo non significa che non ci sarà un accordo per l’estensione del programma di salvataggio.
"La Grecia è consapevole che senza non potrebbe resistere molto, dato l’incremento della pressione dei mercati finanziari. Bisogna trovare solo un accordo sulle parole da usare nel documento finale”, dice un funzionario della Commissione europea.
Ed è così. Le scadenze non sono poche.
- Il 28 febbraio termina l’ultima estensione, 60 giorni, del piano esistente, negoziata dal precedente primo ministro Antonis Samaras.
- Il 15 marzo c’è il primo rimborso, da 1,6 miliardi di euro, di parte dei prestiti erogati dal Fondo monetario internazionale (Fmi).
- Il 15 giugno ci sarà il secondo, sempre da 1,6 miliardi di euro.
- Fra il 20 luglio e il 20 agosto, la Grecia dovrà rimborsare 6,7 miliardi di euro alla Banca centrale europea (Bce).
I sei mesi di estensione, quindi, non solo saranno utili a dialogare su un nuovo supporto, ma saranno funzionali anche alla protezione del Paese dalla furia degli investitori internazionali.
La nostra prima e più grande battaglia sarà contro i grandi evasori e la corruzione
Le incognite
Nonostante questo, non sono poche le domande collaterali.
Cosa può fare Atene per evitare il terzo bailout?
Come possono sei mesi di estensione del programma esistente risolvere parte dei problemi del Paese?
A oggi, nessuno lo sa. O meglio, la ricetta proposta dal’esecutivo di Tsipras è tanto semplice quanto dubbia.
Sia il primo ministro sia Varoufakis hanno sempre detto che i primi impegni per far tornare alla crescita il Paese saranno principalmente due:
- lotta all’evasione fiscale
- e misure volte agli investimenti esteri.
In particolare, Tsipras intende aumentare gli investimenti pubblici per un totale di circa 4 miliardi di euro, tramite la razionalizzazione della raccolta delle tasse. “Saranno il volano per tutte le imprese estere che vorranno venire in Grecia”, ha detto tre giorni dopo la sua affermazione elettorale.
Il punto cruciale però è un altro.
Lo scontro sullo spazio fiscale
Il braccio di ferro più serrato fra Atene e Bruxelles non è tanto sulle misure di stimolo, quanto sullo spazio fiscale del Paese.
Da un lato, i partner dell’area euro chiedono alla Grecia il rispetto degli impegni assunti nel 2012, ovvero un avanzo primario di 4,5 punti percentuali per l’anno in corso.
Questo, tradotto nel linguaggio popolare, significa che lo Stato deve spendere il 4,5% in meno di quanto incassa. Ovvero, altri tagli alla spesa pubblica.
Ma Atene non ci sta, perché chiede di poter affrontare “la crisi umanitaria in corso”, come l’hanno definita Tsipras e Varoufakis, con maggiori risorse e senza ulteriori tagli allo stato sociale. Dall’altro lato, tuttavia, Bruxelles domanda il mero rispetto degli impegni, senza sconti, in modo da rendere più sostenibile il Paese nel lungo periodo. “Le regole sono uguali per tutti”, continuano a ripetere i policymaker europei.
Il Paese sta vivendo una crisi umanitaria, è nostra urgenza fermarla
Il passaggio obbligato
Sia Tsipras sia Varoufakis sono consapevoli che l’estensione del programma esistente è la conditio sine qua non per la sopravvivenza della Grecia sul versante finanziario.
A oggi, ciò che può fare il governo greco, almeno in casa, è cercare di introdurre quel minimo di riforme strutturali richieste dalla troika composta da Fondo monetario internazionale (Fmi), Banca centrale europea (Bce) e Commissione Ue e, nel frattempo, negoziare un nuovo programma.
Fra le riforme che potranno essere introdotte, secondo le indiscrezioni che trapelano dai vertici di Syriza, due sono le più significative: riforma del sistema erariale e introduzione del catasto. Nelle intenzioni di Tsipras, infatti, c’è quello di raccogliere più risorse possibili dai grandi evasori e di combattere a spada tratta la corruzione, creando leggi ad hoc.
Quanti soldi servono alla Grecia
Il vero problema è che alla Grecia non servono pochi soldi. Secondo le stime di Société Générale, al Paese occorrono circa 6,5 miliardi di euro nei prossimi sei mesi, sempre che non ci siano ulteriori fughe di capitali dalle banche elleniche. Ma in un arco temporale di sei mesi, i miliardi che servono diventano dieci.
Questo è quanto potrebbe costare l’estensione del programma esistente, secondo SocGen. E se si guarda al medio periodo, le esigenze di finanziamento salgono vertiginosamente. SocGen stima che potrebbero essere necessari fra i 60 e gli 80 miliardi di euro per mettere in sicurezza il Paese.
Ciò perché ci sono 27 miliardi di euro di debito pubblico detenuto dal Bce da rimpiazzare con bond emessi dallo European stability mechanism (Esm), più circa 20 miliardi da ripagare al Fmi, più 8,5 miliardi di mancati introiti dalle privatizzazioni, più un buco di bilancio nel 2015 da circa 12,6 miliardi e, infine, un gap sull’avanzo primario 2015-2017 di circa 9,2 miliardi. Totale: 77,3 miliardi di euro. E Tsipras ha dichiarato che, nell’arco temporale del suo mandato, sarà possibile ottenere circa 30 miliardi di euro dalla lotta all’evasione.
In ogni caso, troppo poco per far fronte alle necessità finanziarie del Paese.
Potrebbero essere necessari fra i 60 e gli 80 miliardi di euro per mettere in sicurezza il Paese
Lo spauracchio deflazione
Infine, come fa notare J.P. Morgan, la Grecia non potrà nemmeno contare sul ciclo economico nei prossimi sei mesi.
Il Paese è in deflazione - il tasso d’inflazione registrato in gennaio è stato -2,8% su base annuale, con i prezzi al consumo calati per il 23esimo mese consecutivo - e quando un’economia è in questo stato la riduzione del debito pubblico - a oggi dato al 174,9% del Pil, secondo i dati Bloomberg - è praticamente impossibile.
“Le armi a disposizione di Tsipras sono poche. Non ha margini per far crescere il Paese e anche il Quantitative easing della Bce, in un’economia in deflazione, ha effetti quasi nulli”, ha spiegato la banca statunitense. Più si perde tempo nelle negoziazioni di un nuovo programma, più i lavori parlamentari vanno a rilento, più il Paese rallenta, più l’economia si deteriora. La paura è che fra sei mesi, a inizio settembre, la Grecia non sia più sull’orlo del baratro, ma già in caduta libera.