Filippine, operazione anti Isis a Marawi City
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La guerra contro l'Isis nelle Filippine

Le Filippine sono il primo paese nel Sudest asiatico ad aver dichiarato guerra all'Isis.

Questo perché a Marawi, una cittadina che si trova sull'isola di Mindanao, alcuni gruppi ribelli estremisti affiliati allo Stato Islamico hanno deciso di costruire un Califfato nella regione.

Negli scontri per assicurarsi il controllo della città hanno perso la vita più di cento persone, ma il numero di vittime è destinato ad aumentare. Il capo della polizia è stato decapitato e diverse bandiere nere sventolano ora nella "Città islamica" filippina.

La legge marziale

Il presidente delle Filippine Rodrigo Duterte ha subito imposto la legge marziale sull'isola di Mindanao nella speranza che i maggiori poteri attribuiti alle forze di sicurezza permettano di evitare che gli estremisti prendano il sopravvento. Qualora la situazione dovesse degenerare, il provvedimento potrebbe essere esteso al resto della nazione.

Le dinamiche degli scontri al momento non sono chiare: le ultime notizie parlano di migliaia di persone fuggite o fatte evacuare dalle aree a rischio per garantirne l'incolumità e combattere meglio i ribelli. Elicotteri dell'esercito filippino stanno bombardando gli accampamenti dei ribelli nel tentativo di limitarne il più possibile i movimenti, e un attacco via terra dovrebbe essere in corso, visto l'arrivo di carri armati nella zona di Marawi.  

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30 maggio 2017. Colonne di fumo si levano in cielo dal centro di Marawi, sull'isola di Mindanao, nel sud delle Filippine, dopo un attacco delle truppe governative contro una postazione dei gruppi ribelli estremisti affiliati al gruppo "Stato Islamico".
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30 maggio 2017. Un soldato dell'esercito delle Filippine durante uno scontro a fuoco con i miliziani di gruppi ribelli estremisti affiliati al gruppo "Stato Islamico", a Marawi.
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30 maggio 2017. Soldati filippini impegnati in un combattimento a fuoco contro i miliziani affiliati all'Isis, a Marawi, nel sud delle Filippine.
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30 maggio 2017. Carri armati dell'esercito delle Filippine fanno ingresso a Marawi.
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30 maggio 2017. Abitanti di Marawi, nelle Filippine, scampati all'assedio dei miliziani estremisti affiliati al gruppo "Stato Islamico" e accolti in uno dei centro di evacuazione in cui hanno trovato rifugio circa 85.000 persone fuggite dai combattimenti in corso con le truppe governative.
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29 maggio 2017. Un ufficiale della polizia locale di Marawi, nelle Filippine, mostra un proiettile sparato dai miliziani estremisti affiliati al gruppo "Stato Islamico".
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28 maggio 2017. Segni di battaglia tra le truppe governative e gli estremisti affiliati al gruppo "Stato Islamico" lungo una strada deserta di Marawi, nelle Filippine.
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28 maggio 2017. Un carro armato si muove lungo una strada di Marawi, nelle Filippine, durante un'operazione supportata dalla marina militare per liberare la città dagli estremisti affiliati al gruppo "Stato Islamico".
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28 maggio 2017. Un gruppo di militari della marina a riposo lungo una strada di Marawi, nelle Filippine, durante l'offensiva per liberare la città dagli estremisti affiliati al gruppo "Stato Islamico".
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26 maggio 2017. Soldati dell'esercito delle Filippine durante l'offensiva per liberare la città di Marawi dagli estremisti affiliati al gruppo "Stato Islamico".
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25 maggio 2017. Soldati dell'esercito delle Filippine durante l'offensiva per liberare la città di Marawi dagli estremisti affiliati al gruppo "Stato Islamico".
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28 maggio 2017. Cadaveri non identificati di persone probabilmente uccise da miliziani affiliati al gruppo "Stato Islamico" gettati in un fossato a Marawi, nelle Filippine.
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26 maggio 2017. Abitanti di Marawi e soldati dell'esercito delle Filippine partecipano alla preghiera del venerdì in una moschea liberata dalla presenza dei miliziani affiliati all'Isis, nel primo giorno di Ramadan.
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26 maggio 2017. Abitanti di Marawi, nelle Filippine, in fuga dall'assedio dei miliziani estremisti affiliati al gruppo "Stato Islamico". Costretti a ore di viaggio su veicoli sovraffollati, troveranno rifugio dai combattimenti in corso con le truppe governative in uno dei centri di evacuazione allestiti in città.
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26 maggio 2017. Un soldato tiene tra le mani una bandiera dell'Isis durante l'offensiva per liberare la città di Marawi, nelle Filippine, dagli estremisti affiliati al gruppo "Stato Islamico".
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28 maggio 2017. Alcuni abitanti di Marawi, nelle Filippine, osservano sgomenti i cadaveri non identificati di persone probabilmente uccise da miliziani affiliati al gruppo "Stato Islamico" e gettati in un fossato.
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28 maggio 2017. Soccorsi civili fermi a un checkpoint della polizia a Marawi city, nelle Filippine.
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25 maggio 2017. Soldati dell'esercito delle Filippine durante l'offensiva per liberare la città di Marawi dagli estremisti affiliati al gruppo "Stato Islamico".
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25 maggio 2017. Dei soldati corrono per sottrarsi al fuoco dei cecchini durante l'operazione militare per liberare Marawi, nelle Filippine, dai miliziani affiliati all'Isis.
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25 maggio 2017. Un gruppo di soldati si ripara dal fuoco dei cecchini durante l'operazione per liberare Marawi, nelle Filippine, dai miliziani armati affiliati all'Isis.
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25 maggio 2017. Un soldato si ripara dal fuoco dei cecchini durante l'operazione per liberare Marawi, nelle Filippine, dai miliziani armati affiliati all'Isis.
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25 maggio 2017. Dei soldati si riparano dal fuoco dei cecchini durante l'operazione per liberare Marawi, nelle Filippine, dai miliziani armati legati all'Isis.
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25 maggio 2017. Dei soldati sparano verso le postazioni dei miliziani affiliati all'Isis a Marawi, nelle Filippine.

L'origine degli scontri

Questa escalation di violenze è la conseguenza del tentativo da parte delle forze dell'ordine filippine di catturare Isnilon Hapilon, il leader di un gruppo di militanti che si identifica con il nome di Abu Sayyaf da poco autoproclamatosi emiro del Califfato di Lanao, nelle Filippine.

Hapilon, che figura tra i ricercati più importanti per l'FBI, avrebbe giurato fedeltà allo Stato Islamico nel 2014, proponendosi come l'uomo in grado di catalizzare il consenso dei foreign fighters di ritorno per creare un nuovo movimento in grado di far avanzare l'Isis nel Sudest asiatico.

Il fallimento dell'operazione dei servizi filippini ha portato a scontri a fuoco nella città di Marawi, da decenni roccaforte delle forte estremiste presenti nel paese, che i ribelli hanno sfruttato anche per liberare circa un centinaio di fondamentalisti rinchiusi nelle carceri locali e rilanciare così l'alleanza con un altro gruppo di fanatici vicini all'Isis, i "Maute", seguaci di Abdullah Maute - in arte Abu Hasan, e di suo fratello Omar, fortissimi nella provincia di Lanao del Sur, la stessa in cui si trova Marawi.

I ribelli di Mindanao

Quella di Mindanao è una realtà particolarmente problematica, e il Presidente Duterte lo sa bene visto che è stato per anni il sindaco di Davao, altra città della stessa isola. Le comunità islamiche dell'isola minore delle Filippine lottano da anni per ottenere maggiore autonomia, e anche nell'era Duterte non è stato raggiunto nessun compromesso.

Il rischio che le Filippine corrono oggi non è solo quello che i vari gruppi ribelli si coalizzino tra di loro per ottenere con la forza ciò che hanno sempre desiderato, ma anche che i loro leader si convincano che l'unica possibile soluzione per Mindanao sia la Legge Islamica, da implementare seguendo l'esempio dell'Isis in Medio Oriente.

La Jihad asiatica

Del resto, sono anni ormai che i seguaci del califfato cercano di costruire nuovi avamposti in Oriente.

Ci stanno provando in Asia del Sud, dove il legame tra i gruppi jihadisti Jamàatul Mujahideen Bangladesh (JMB), Lashkar-e-Toiba (LET) e Harkat-ul Jihad-al Islami (HUJI) in Pakistan, Talebani e al Qaeda in Afghanistan e la Rohingya Solidarity Organisation (RSO) in Myanmar stano diventando sempre più stretti, e ci sta provando nelle Filippine, coinvolgendo foreign fighters di Singapore, Malesia e Indonesia a sposare la loro nuova causa: rilanciare la Jihad dalle Filippine fino a Baghdad.

Quella di Marawi è una battaglia molto importante. L'eventuale perdita del controllo della città avrebbe infatti conseguenze spaventose. Da un lato darebbe maggiore slancio alle forze estremiste del paese, dall'altro spingerebbe i gruppi islamici di altre nazioni a sfidare apertamente i rispettivi governi, creando nuovi focolai di tensioni.

Duterte lo sa bene, tant'è che oltre a dichiarare la legge marziale ha invitato altri gruppi ribelli attivi sull'isola di Mindanao a scheirarsi contro il nuovo Califfato, promettendo in cambio una serie di vantaggi, sia dal punto di vista dell'autonomia sia da quello dell'accesso alle risorse. Purtroppo non è ancora arrivata nessuna risposta ufficiale da questi gruppi, mentre gli scontri tra le due parti si fanno sempre più duri e sanguinosi.

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