Televisione
October 07 2024
A un anno dal massacro che ha sconvolto il Medio Oriente, il conflitto tra Israele e Palestina continua senza tregua. Era il 7 ottobre 2023, una data che ha segnato una frattura profonda, non solo per il Medio Oriente, ma per il mondo intero. Da quel momento, la situazione è precipitata in una spirale di violenza che, ad oggi, sembra non avere fine.
Negli anni, il complicarsi della geopolitica in Medio Oriente, accompagnato da una lunga serie di negoziati, trattati, tregue e accordi falliti, ha visto la settima arte raccontare in modo articolato la tragedia che coinvolge questi due popoli. Comprendere appieno ciò che sta accadendo non è facile, e prevedere gli scenari futuri lo è ancor meno. Tuttavia, alcuni film e serie TV hanno cercato di far luce sulla situazione, offrendo momenti di riflessione sull'assurdità di questa guerra (e di tutte le guerre). Ecco quindi cinque film, molto diversi per stile, scopo, estetica e ambientazione, che permettono, se non di trovare risposte, almeno di ottenere una visione più chiara di quanto accade in questa terra martoriata. Attraverso questi film è possibile esplorare vari punti di vista, storie grandi e piccole, che ci offrono uno spaccato della complessità di ciò che sta succedendo tra Israele e Palestina, in quella striscia di terra così simbolica, considerata sacra da molti.
Tra i film più controversi di questa selezione sul conflitto israelo-palestinese, Paradise Now del regista palestinese Hany Abu-Assad si distingue per la sua forza narrativa e il tema delicato che affronta. La storia segue due amici palestinesi, Said (Kais Nashif) e Khaled (Ali Suliman), reclutati per compiere un attentato suicida a Tel Aviv. Il film esplora i giorni che precedono quello che dovrebbe essere il loro sacrificio estremo, ma ben presto Khaled inizia a essere tormentato dal dubbio. Said, al contrario, sembra deciso a proseguire, anche se la sua risoluzione è più complessa di quanto appaia. Paradise Now, acclamato dalla critica internazionale e candidato all’Oscar come Miglior Film Straniero, offre uno spaccato del credo degli attentatori suicidi e uno sguardo nella mentalità di chi si prepara a compiere atti estremi, esplorando il contesto di disperazione e oppressione vissuto dal popolo palestinese. Il film è anche un potente invito alla vita, ricordando come coloro che spesso etichettiamo come "mostri" siano il prodotto degli orrori della Storia e dell'oppressione.
Valzer con Bashir è un capolavoro dell'animazione realizzato dal regista israeliano Ari Folman. Questa opera semi-autobiografica, visivamente straordinaria, rappresenta un intenso e doloroso viaggio nella memoria, nonché uno dei film antimilitaristi più significativi mai realizzati, incentrato sull'eccidio di Sabra e Shatila. Si seguono le vicende di Ari, ex soldato dell'esercito israeliano, mentre tenta di rievocare gli eventi tragici che si sono verificati durante quei giorni in Libano, affrontando un’indagine che attraversa passato e presente. Con un forte impegno civile e universale, Valzer con Bashir si distingue per il suo profondo realismo. Candidato agli Oscar nel 2009 come Miglior Film Straniero e vincitore del Golden Globe nella stessa categoria, è considerato uno dei film più importanti e coraggiosi sul tema del conflitto mediorientale.
Tra i film più metaforici e peculiari di questa selezione, Il Giardino dei Limoni, diretto dall’israeliano Eran Riklis, esplora il conflitto legale tra Salma (Hiam Abbass), una vedova palestinese, e nientemeno che il Ministro della Difesa israeliano (Doron Tavory) riguardo al possesso di un limoneto situato al confine con la Cisgiordania. Per Salma, quel limoneto rappresenta una fonte di sostentamento, mentre per il Ministro è un ostacolo da rimuovere per costruire la sua nuova villa, in quanto considerato un potenziale pericolo per la sicurezza. Il Giardino dei Limoni si distingue per il suo approccio quasi neorealista, capace di trasformare una narrazione quotidiana, semplice e intima, in un simbolo di una problematica molto più vasta. Al centro della storia non vi è tanto la questione del possesso, quanto piuttosto il tema della memoria, dell’eredità e del legame profondo con la propria patria e le origini. Diretta con maestria e interpretata in modo intenso da Hiam Abbass, che riesce a delineare un personaggio femminile ricco di dignità e coraggio, questa pellicola, pur nella sua apparente semplicità, offre un messaggio di enorme spessore e maturità.
Diretto da Samuel Maoz e premiato con il Leone d'Oro alla 66ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, Lebanon si afferma come uno dei war movie più significativi del XXI secolo. Interamente ambientato all'interno di un carro armato durante la Prima Guerra del Libano del 1982, il film si presenta come un'odissea inquietante, in cui l'incertezza, la visione parziale e la responsabilità personale dominano la narrazione. Tra le migliori rappresentazioni del caos e dell'orrore di un conflitto, Lebanon ci ricorda che ogni guerra, inclusa quella che ha segnato il conflitto Israelo-Palestinese, è composta da uomini che diventano carne da cannone, costretti a confrontarsi con le parti più oscure della loro anima. Con un ritmo ipnotico e un'evoluzione avvincente, il film di Maoz non solo sintetizza la tragedia di quella guerra, ma rende omaggio anche all'eterna sofferenza dei soldati, uomini e donne costretti a pagare per le decisioni altrui.
Il documentario realizzato dal regista Shimon Dotan affronta una domanda cruciale: che cosa significa essere un colono? Partendo dal 1967 come punto di riferimento per l’espansione degli insediamenti in Cisgiordania, ovvero nei Territori Occupati, il film combina filmati d’archivio con interviste a attivisti e accademici israeliani. Tuttavia, il fulcro dell’opera è costituito dalle testimonianze dirette dei coloni nella Cisgiordania occupata. Attraverso queste interviste, Dotan esplora le origini, le aspettative e la visione della vita di queste persone, così come il loro rapporto con la terra. Il film offre uno sguardo su una componente della società israeliana che è oggi più che mai coinvolta nel conflitto israelo-palestinese.
Realizzato dal fotografo Andrew McConnell e dal documentarista Garry Keane, questo documentario offre uno sguardo intimo sulla vita dei civili a Gaza. La quotidianità della Striscia, trasformata in una prigione a cielo aperto dal 2007, è raccontata attraverso le storie di uomini e donne, piuttosto che attraverso il contesto politico. L’opera mette in luce la diffusa povertà, presentando personaggi come Ahmed, un ragazzo che vive in un campo profughi, e un sarto che cerca di gestire la sua attività con sole quattro ore di elettricità al giorno per alimentare le macchine. Inoltre, segue un medico stanco che cura i giovani feriti durante scontri e manifestazioni. È un film cupo che denuncia le sofferenze di un popolo assediato, sia da un punto di vista militare, con l'occupazione israeliana, sia da un punto di vista politico, con l'influenza di Hamas.
Fauda significa caos e disordine. Presentata come un dramma poliziesco, la serie segue le operazioni di un'unità d'élite dello Shin Bet, specializzata in attività antiterrorismo in Israele, Cisgiordania e Striscia di Gaza. Attraverso una narrazione realistica, Fauda esplora il conflitto israelo-palestinese, mettendo in luce le sfumature e le complessità umane e morali dei personaggi coinvolti nelle operazioni militari. Sebbene nuovi episodi siano ancora in fase di produzione, le riprese dell’ultima stagione sono state interrotte a causa dell'escalation del conflitto seguita al 7 ottobre 2023.