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December 28 2023
C’è ancora cinema italiano. L’incredibile exploit di C’è ancora domani ci fa chiudere il 2023 con un sorriso: sono più di 4 milioni e mezzo le persone accorse in sala per il buon esordio alla regia di Paola Cortellesi, più delle fiumane rosa sopraggiunte per Barbie. Il cinema nostrano ammaccato post Covid sa quindi anche fare incassi e, seppur più come eccezione che come normale corso, sa farlo anche con la qualità.
Per di più piazza anche titoli in odor di premi importanti: Io capitano è nella cinquina del Golden Globe 2024 al miglior film in lingua straniera e nella shortlist a 15 titoli per il corrispondente Oscar.
Ma al di là degli incassi e dei riconoscimenti internazionali, usando solo il nostro gusto personale come setaccio e guida, qui stiliamo la lista dei 10 film italiani più belli del 2023, tra quelli usciti in sala o piattaforma nell'anno. Tra i migliori film italiani, certo, non può mancare C’è ancora domani.
Atmosfere peciose e inquietanti, l’ansia dell’impotenza che monta, per un racconto epico struggente (che poteva essere un po’ asciugato nella seconda parte): la storia vera di Edgardo Mortara, bimbetto sottratto alla sua famiglia di fede ebraica nella Bologna di fine Ottocento dalla Chiesa cattolica pomposa e disumana. Bellocchio tesse come sa, narratore di tensioni emotive e di prepotenze storiche. Che angoscia che lascia addosso Paolo Pierobon, superbo come mefistofelico e imponente Pio IX!
In bilico tra il sottosuolo dei morti e le miserie colorate dei vivi, tra meraviglie archeologiche trafugate e un tocco di magia, un film originale e diverso che coccola occhi e cuore. Ovunque è abitato da quella leggerezza pensosa e dalla veracità dell’Italia che è appena stata, a cui Rohrwacher ci ha piacevolmente abituati. Con Josh O'Connor, strampalato e affascinante, così a suo agio come tombarolo che flirta con la morte.
È indubbiamente il film dell’anno, la sorpresa che ha bucato il botteghino e ha trovato anche il favore della critica. Pur senza ambizioni autoriali, Cortellesi osa il bianco e nero e una tematica importante, la condizione femminile nell’Italia del fresco Dopoguerra. Dosa commedia e tragicità, fa sorridere e fa riflettere. E cesella un finale inatteso che ancora ci muove le mani in un applauso. Non può non esserci tra i film italiani più belli del 2023.
Non è certo il miglior Garrone, ma Io capitano sa darci un taglio diverso sul dramma dei migranti: il punto di vista è quello di chi parte, che lo spettatore accompagna durante tutto il viaggio, dal Senegal al deserto del Sahara, dalle prigioni libiche ai barconi malmessi puntati verso l’Italia. Un viaggio che è anche estetico, tra visioni sognanti e colori traboccanti e saturi.
Leone d'argento alla regia alla Mostra del cinema di Venezia e Premio Marcello Mastroianni al giovane attore protagonista Seydou Sarr.
Interessante esordio alla regia, Disco boy è un film imprevedibile e audace che sembra ordito dall'imponderabilità superiore del fato. Con Franz Rogowski nei panni di un bielorusso che, dopo un doloroso viaggio attraverso l'Europa, si unisce alla Legione straniera francese aggrappandosi alla confusa speranza di un'identità europea…
Orso d'argento per il miglior Contributo artistico al Festival di Berlino.
Un film da amare o da odiare, specularmente a quanto si ami o si «odi» Nanni Moretti. Del tutta morettiana, Il sol dell’avvenire è una commedia simpatica e bisbetica, che sa di testamento politico e ancor più cinematografico.
Le telefonate del buon Nanni a Renzo Piano, Corrado Augias, Chiara Valerio e Martin Scorsese? Scappa subito un sorriso al solo ricordarle. Così divertente e pungente contro certe derive del cinema contemporaneo.
Anche l’Italia sa fare film di genere. Poliziesco solido e concitato, tra i film italiani più belli del 2023, si sviluppa in sintonia con il respiro affannoso e inquieto sulla lunga inquadratura iniziale di una Milano dall’alto buia e spettrale. Pierfrancesco Favino protagonista, è il poliziotto buono ma non troppo con la pensione a un passo, anzi, a una notte, sinistra e letale.
Un amore gay che sboccia lentamente, in una Sicilia anni Ottanta di polvere di cava e sole, magliette sgualcite e motorini su strade deserte, piatti di pasta condivisi sotto pergolati terrosi, mentre Paolo Rossi batte il tempo nei Mondiali dell’82. Al suo esordio alla regia Fiorello rievoca con toni naturalistici atmosfere vivide e autentiche, inchiodando intanto i pregiudizi omofobi, tossici e letali. Un omaggio – alquanto romanzato – a Giorgio Agatino Giammona e Antonio Galatola, i due ragazzi uccisi per l’unica «colpa» di amarsi, in quello che è passato alle cronache come il delitto di Giarre. Belli gli sguardi trasognati dei due giovani protagonisti Gabriele Pizzurro e Samuele Segreto.
Adagio chiude la trilogia del crimine di Sollima ambientata a Roma. In una Capitale notturna di strade, lampioni e blackout, bussa un poliziesco di fuoco, buio e luci, di tensioni visive ed emotive. Con Favino calvo e ricurvo quasi irriconoscibile, con divise di buoni e di cattivi che si confondono, con Toni Servillo, Valerio Mastandrea e Adriano Giannini. E gli occhi di speranza del «cucciolo», Gianmarco Franchini. Per fortuna le colpe dei padri non sempre ricadono sui figli.
Emma Dante è sempre Emma Dante. Viscerale e intensa, ma con svariati zampilli barocchi. Mescola brutalità e dolcezza, corpi usati, abusati, concessi in una messinscena di miserie umane e paesaggi alla deriva eppure misteriosamente maestosi. Qui, in mezzo al degrado di una costa siciliana, cresce un ragazzo menomato (Simone Zambelli), la miccia della «misericordia».