Economia
August 08 2017
Sono falliti due volte, negli ultimi dieci anni hanno cambiato padrone tre volte e hanno prodotto 12 navi contro le 50 della Fincantieri: con un simile palmares i cantieri Stx di Saint Nazaire sono un boccone indigesto per chiunque. Ma hanno buone infrastrutture, a gestirle bene. E Giuseppe Bono - amministratore delegato di Fincantieri da 15 anni (più di Sergio Marchionne in Fiat) e artefice del rilancio del gruppo - è considerato nel settore uno che li saprebbe gestire.
Emmanuel Macron non è dello stesso avviso. Bono incassa e non parla, lascia che a parlare - e trattare - siano i politici, resiste in trincea durante la partita a scacchi fra governi, e si prepara anche all'ennesima sfida: andare avanti da solo, presidiando la leadership con il suo gruppo, facendo a meno del bocconcino francese: "Non ne faccio una malattia", ripete ai suoi uomini.
Una malattia sembra che se la sia fatta invece Gianluigi Aponte, capo del gruppo Msc, sede legale a Ginevra e tasse in Svizzera, bandiera liberiana su molte navi, grande cliente di Stx e indispettito con Fincantieri. Bisogna "fare di tutto affinché Fincantieri non saccheggi Saint-Nazaire, né possa trasferire tecnologia all'estero o privilegiare i propri stabilimenti danneggiandone altri in Francia", ha detto a Macron, quando il neoeletto presidente francese si è recato a Saint-Nazaire a presenziare, con la madrina Sophia Loren, all'inaugurazione dell'ultima nata della flotta Msc, la Meraviglia.
Parole che pesano, perché il braccio destro di Macron - il segretario generale dell'Eliseo Alexis Kohler - era fino a tre mesi fa direttore finanziario di Msc e ha spinto il capo a dire no. Ma se Fincantieri, alla mala parata, sembra pronta a ballare da sola, la Stx - senza una guida gestionale forte - rischia di ballare su acque tempestose. Per questo gli osservatori più esperti non considerano granitico il "no" di Parigi.
Quando il 1° agosto il ministro Bruno la Maire ha incontrato a Roma i colleghi italiani aveva in tasca il mandato di Macron di non recedere dal punto fermo del 50 per cento, sia pur compensato dall'autonomia gestionale. E dunque il muro contro muro con il governo italiano è formalmente rimasto in piedi: se ne riparla il 27 settembre con l'incontro ufficiale tra Paolo Gentiloni e il presidente francese.
Ma Parigi ha fatto balenare agli italiani delle compensazioni sul fronte della cantieristica militare: si vedrà. "E comunque Fincantieri è un'eccellenza mondiale, mi sembrerebbe assurdo che non si trovasse un'intesa e che la Francia resistesse su una posizione anti-europeista", osserva saggiamente Manuel Grimaldi, vicepresidente dell'Associazione degli armatori mondiali. "I coreani avevano la maggioranza, è impensabile che non venga concessa a un gruppo europeo".
Anche perché la case-history di Fincantieri ha fatto scuola. Da quando nel 2003 le vecchie provvidenze europee per la cantieristica sono cessate, determinando crisi a catena, Fincantieri - proprio con l'arrivo di Giuseppe Bono - ha cambiato rotta: da azienda monocliente (la Marina militare italiana e il gruppo Carnival) ha diversificato, rilanciato la qualità e stretto i bulloni del time-to-market. Oggi macina risultati industriali poderosi. Con quasi 20 mila dipendenti, di cui oltre 8 mila in Italia, 20 stabilimenti in quattro continenti, è il principale costruttore navale occidentale.
Produce per tutti i grandi crocieristi, per la nostra Marina e per la Us Navy. Esporta l'84 per cento dei ricavi. Copre tutti i mercati, garantisce la qualità e il time-to-market. Al 30 giugno 2017, aveva un carico di lavoro complessivo di 25,5 miliardi di euro, pari a circa sei anni di produzione (rispetto ai 2,3 miliardi di ricavi del primo semestre 2017 in crescita dell'1,3 per cento). E il margine operativo lordo è cresciuto da 113 a 146 milioni di euro, con un utile netto di 13, doppio sul termine di confronto.