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October 03 2014
Angelino Alfano gli faceva le fotocopie, teneva spesso gli occhi bassi e gli dava del lei, salvo poi abbandonarlo a freddo nel momento più difficile; Gianfranco Fini iniziò a farlo penare praticamente da subito, costringendo Paolo Bonaiuti ogni volta a sudare le sette camicie della sua diplomazia da signore colto e nato bene; e se Fini fu persino sorpreso in un clamoroso fuorionda ammiccante con un giudice antiberlusconiano, ecco, Raffaele Fitto tutto questa via crucis di dolori, di colpi bassi e inaspettati a Silvio Berlusconi li ha sempre risparmiati. A Berlusconi, lui nato da una famiglia ricca di latifondisti, il tu lo dette fin dall’inizio. È vero che viene dalla Dc, ma la Dc di suo padre Salvatore, ex presidente della Regione Puglia non era quella "cattocomunista".
Era la Dc, ala destra anticomunista, di Arnaldo Forlani alleato di ferro di Bettino Craxi. Quando morì, Salvatore Fitto, a soli 47 anni in un incidente stradale, finendo con la macchina che lo riportava a casa sotto un camion a fari spenti, era il 29 agosto del 1988, in Italia avanzava il tanto vituperato Caf (Craxi-Andreotti-Forlani). Se c’è una cosa che accomuna il Cavaliere e "Raffaele" è che entrambi, con tutte le profonde differenze del caso, sono scesi in campo sulle macerie delle monetine che seppellirono la Prima Repubblica.
Uno è il fondatore di Forza Italia, il leader indiscusso che per vent’anni ha sbarrato il passo a una sinistra mai riuscita a diventare socialdemocratica. E che ancora oggi condiziona la politica italiana. L’altro iniziò a fare politica nella Dc e in quel che ne restava di essa agli inizi degli anni Novanta, praticamente a 19 anni subito dopo la morte del padre, dopo una vita da scavezzacollo, tra discoteche e bocciature a scuola, ma sempre vicino al padre durante le campagne elettorali. Disse Fitto a Panorama: "Ho fatto più secchi di colla io per affiggere i manifesti di notte che neppure gli attacchini di piazza del Gesù".
Era chiaro che il giovanotto di principi liberali e anticomunisti resistesse negli anni a venire alla corte pressante di Massimo D'Alema per fare un ribaltone alla Regione Puglia. Fitto non poteva quindi che trovare casa in Forza Italia. E, seppur di natura ribelle, come scrisse Panorama quasi un anno fa (leggilo qui), ebbe fin da subito uno specialissimo rapporto con Berlusconi che arrivò a definirlo "la mia protesi". Un "figlio" Berlusconi lo ha sempre un po’ considerato, visto che perse il padre tragicamente a 19 anni, e proprio il giorno dopo il suo compleanno. Fitto andò al funerale che "dovevo ancora scartare i miei regali".
Ecco perché probabilmente quell’affondo del Cav sulla Dc e su suo padre («sei figlio di un vecchio dc») narrano che lo abbia colpito molto di più del paragone con Fini.
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Berlusconi si è scusato, ma il punto politico è che lui non vuole un partito fatto di correnti, come era insomma strutturata la Dc. La cosa che avrebbe mandato in bestia il Cav sono alcuni incontri fatti recentemente da Fitto con un drappello di suoi parlamentari in alberghi di Roma. Ma chi era all’ufficio di presidenza che ha mandato in lacrime anche il tosto Renato Brunetta (come ha scritto "Il Giornale"), la vede così: "È proprio perché il presidente Berlusconi vuole molto bene a Raffaele che si è arrabbiato in quel modo fino a intimargli l’aut aut: o smetti o ti caccio. Uno scontro così carico di passione non c’è stato con Fini e neppure con Alfano, al quale il presidente comunque teneva molto".
Berlusconi più volte ha ribadito: "Raffaele ti voglio bene perché mi sei stato vicino anche nei momenti più difficili, ma così basta! O rispetti la mia linea o te ne vai…". E l’altro ha ribadito e sta ribadendo ancora nel day after dello scontro azzurro che Forza Italia era e resterà la sua casa. Berlusconi ancora ricorda che domenica 4 agosto 2013, giorno della manifestazione contro la condanna Mediaset, fu Raffaele a organizzare la gran parte dei pullman. Davanti a Palazzo Grazioli il dialetto prevalente dei manifestanti era pugliese. Racconta un amico parlamentare di Fitto: "Raffaele lo fece con una dedizione, un rispetto, un affetto per il presidente che io non molte volte nel nostro partito ho visto. E poi ho visto con i miei occhi, l’abbraccio di Berlusconi a Fitto nel 2013 a Bari in apertura della campagna elettorale. Il presidente rimase impressionato dalla folla oceanica che Raffaele riuscì a portare in piazza".
Anche se l’ex governatore e ministro non esitò anni prima a ribellarsi al Cav sulla candidatura di Adriana Poli Bortone alla Regione Puglia. E impose Rocco Palese, che però perse. Scelta che Fitto rivendicò. A Panorama disse: "Non potevo fracassare il partito, lei era già stata candidata alla Provincia per il centrosinistra". Berlusconi non la prese affatto bene. Anche se non se la segnò al dito. Perché il Cav, nella sua grandezza di leader visionario, come si è sempre definito, se c’è una cosa che non riesce proprio a provare è il rancore. Ma passione sì. E anche viscerale. Come quella che ha esternato giovedì sera al parlamentino azzurro. Sarebbe stata una diretta streaming fantastica, che avrebbe dato dei numeri allo scontro aspro ma freddo, e di sapore videocratico, andato in onda nel Pd di Matteo Renzi.
Il "figlio ribelle" Fitto però un anno fa dimostrò tutta la sua lealtà al Cav. Lo difese a spada tratta dal "tradimento di Alfano". E fondò un’area di "lealisti". I maligni dissero che lo fece perché voleva avere un ruolo. Fitto ha sempre smentito: "No, io non voglio nessun incarico. Ho solo lottato per ridare in mano a Berlusconi il boccino della situazione". Ma certamente Fitto avrà masticato amaro mentre vedeva Alfano diventare segretario del Pdl e Gaetano Quagliariello assurgere a ruoli di peso dentro quel partito che lui sentiva, sente e sentirà fino alla morte (così ha detto all’ufficio di presidenza) casa sua. Alfano, raccontò Fitto a Panorama, gli voltò le spalle all’improvviso dopo un rapporto di amicizia, Quagliariello si mise contro di lui in un congreso a Bari, dove però andò a sbattere. Tra i sospetti di Fitto, secondo alcuni forzisti, ci sarebbe "il tentativo che i suoi scaltri nemici interni fecero per metterlo contro Berlusconi, soprattutto dopo la sconfitta pugliese che portò alla vittoria di Nichi Vendola".
L' ex governatore-ragazzino, ex ministro agli Affari regionali, con una competenza che lo stesso premier Matteo Renzi in privato gli avrebbe riconosciuto, probabilmente si sarà interrogato molto sul perché lui fosse rimasto, dopo la caduta del governo Berlusconi nel 2011, senza un incarico. Ammassato come un peone in un gruppo di deputati nei giorni degli estenuanti tentativi da parte di Pier Luigi Bersani di fare il governo con i Cinquestelle, un giorno in Transatlantico (sebbene sempre abbotttonatissimo) sbottò: "Il nostro problema è fare politica". Già, ma quale politica in Forza Italia, il cui pregio e a volte limite è quello di non essere un partito tradizionale?
Ripresero gli screzi con Berlusconi quando Giovanni Toti, allora solo un valente giornalista, fu nominato consigliere del "Capo". "Quella nomina ci umilia", tuonò Fitto. Che prese la sua rivincita con le elezioni europee, dove con quasi 300.000 voti arrivò secondo alla renziana Simona Bonafè. Mise quei voti sul tavolo e chiese le primarie, "perché i leader si formano dal basso". Poi è stato un crescendo di critiche. Di parole dure, fino all’accusa in sostanza a Berlusconi di voler selezionare il personale di FI con "casting da Grande Fratello" in risposta alle "provocazioni" di Mariarosaria Rossi, che lo invitava ad andare a cercare "le primarie altrove".
A 45 anni, sembra reclamare Fitto, non si può essere rottamati da gente che la politica non la conosce neppure. Il filo conduttore della polemica è la richiesta di fare una vera opposizione a Renzi, di non «regalare» insomma FI a colui che appare l’uomo solo al comando. Berlusconi gli ha risposto accogliendo in parte anche le sue richieste: opposizione dura a cominciare dall’economia, ma il cosiddetto Patto del Nazareno non si tocca. Perché il Cav non può andare contro quelle stesse riforme che il suo governo aveva tentato di fare. E perché così Forza Italia "sarebbe ininfluente".
In un crescendo drammatico Berlusconi ha ricordato a Fitto la sua odissea giudiziaria, i rischi che ha corso per se stesso e per le sue aziende e anche per il suo partito. Nel quale Fitto conferma di voler restare. Se uno è il fondatore di Forza Italia, l’altro è in fondo un forzista nell’anima. "Ma deve capire che quella di Berlusconi è una leadership globalizzante e visionaria perché il presidente ha già capito che il quadro è cambiato non solo in Italia ma anche nel mondo. Io Raffaele lo capisco però perché lui è nato con la politica e in Puglia è lui che organizza e decide, senza che nessuno gli dà ordini. Ma...", chiosa un parlamentare amico di entrambi nel day after dello scontro di FI. Partito senza diretta streaming, ma dove le discussioni sono vere e forse animate da passione maggiore, come quella tra "un padre" e "un figlio che sbaglia" (parole di Berlusconi).