Economia
February 05 2018
L’intervento di Yoram Gutgeld, l’editoriale di "Repubblica", l’articolo di Roberto Perotti: un nutrito schieramento cerca di demonizzare un taglio netto che pure sta dando ottimi risultati negli Stati Uniti malgrado porti la firma dell’«odiato» Trump. In Italia il sistema fiscale è iniquo e regressivo e neanche il Pd lo difende. Inoltre molte tasse sono già «piatte». E i problemi di copertura non esistono, come dimostrano le proposte dell’Istituto Bruno Leoni e dell’economista (ex Pd) Nicola Rossi. Ecco perché c’è davvero l’opportunità di un grande intervento a favore di crescita, famiglie ed equità.
Matteo Renzi l’ha detto più volte, nell’avvio della campagna elettorale. «La Flat tax è come lo sceriffo di Sherwood, leva ai poveri per dare ai ricchi». «Finché ci sarò io, non ci sarà una Flat tax».
Il tono è perentorio, il muro è alto.
Ma è al contempo la concreta dimostrazione che la Flat tax questa volta ha colto in pieno il bersaglio, è diventata tema centrale dell’offerta elettorale agli italiani, non più un addendum tecnico per addetti ai lavori, chiamati noiosamente a disquisirne i particolari che sfuggono al pubblico comune. Del resto, le condizioni ci sono tutte: per respingerla, i difensori dello status quo sono costretti o a dire fesserie, come - mi dispiace - quella che dia ai ricchi levando ai poveri, oppure a ricorrere a veti pregiudiziali, come nel caso della seconda affermazione di Renzi.
Cerchiamo di capirne il perché. Per prima cosa: nessuno, neanche il Pd, se la sente di difendere il sistema attuale dell’imposta sul reddito. Se ci provassero, andrebbero in contraddizioni con le finalità di solidarietà sociale che invocano sempre.
Perché è il sistema attuale quello che non dà ai poveri.
Oggi, infatti, la progressività delle 5 aliquote Irpef vigenti, tanto invocata secondo l’articolo 53 della Costituzione, si applica ai soli redditi da lavoro (e pensione). A tutte le altre forme di reddito, la fantasia della politica alla ricerca di gettiti certi ha applicato aliquote che sono già proporzionali, quindi non progressive. E lo ha fatto creando un caos indifendibile, dai contraddittori effetti sociali. Se avete redditi da capitale pagate il 12,5 se da titolo di Stato, il 24 se gestite un fondo d’investimento, il 26 se da dividendi, e se da redditi immobiliari l’aliquota fissa varia a seconda del contratto che vorrete applicare. In ogni caso, sono tutti redditi oggi tassati già con aliquota fissa proporzionale e non progressiva: esattamente ciò che la sinistra scomunica, peccato che è la via che essa ha praticato.
Al contrario, la Flat tax ad aliquota unica ingloba tutti i redditi in uno stesso sistema, mobiliari, immobiliari, catastali e da locazione: il che è perfettamente coerente con l’articolo 53 della Costituzione, grazie a una soglia esente da prelievo, per poi, sopra quella soglia, adottare semplici deduzioni-detrazioni a seconda dei componenti del nucleo familiare e della soglia di reddito stessa. Più sale il reddito, minore è lo sgravio, sino ad annullarsi.
Oggi la progressività è elevatissima sui redditi medi da solo lavoro. Con la Flat tax diventa spalmata su tutti i redditi, e tenendo conto della composizione familiare.
Ma ci sono altri vantaggi.
Il primo è di mirare alla soppressione di imposte che si sono rivelate iper aggressive e regressive. A cominciare da Imu-Tasi, che ha natura patrimoniale come è anche patrimoniale la Tari sui rifiuti, invece che proporzionata al servizio di raccolta in rapporto a quanti se ne producono.
Il secondo è che l’indicazione delle detrazioni-deduzioni applicate alle famiglie, per soglia di reddito e numerosità del nucleo familiare, consente di spazzar via una boscaglia di deduzioni-detrazioni che non hanno alcuna finalità di efficienza ed equità, ma sono «patti» fatti con lo Stato da rappresentanti d’interessi. Siamo il Paese Ocse con il maggior numero di detrazioni-deduzioni, le cosiddette fiscal expenditures: oltre 450, di cui 160 non a favore di imprese ma di individui, e un’ottantina riguardano il sostegno e l’integrazione al reddito, che ricadrebbe nella molto più semplice efficacia delle detrazioni della nuova Flat tax.
Il terzo aspetto positivo è che la Flat tax, fissando soglie di esenzione fiscale più elevate delle attuali, consente direttamente l’integrazione della differenza tra quella soglia di esenzione e il reddito reale, cioè un trasferimento per garantire a tutti almeno un minimo vitale.
In questo modo, si sostituiscono in maniera semplice e più efficace tutti gli attuali sistemi di integrazione al reddito per disoccupazione o integrazione sociale al minimo delle pensioni, e tutti i disorganici interventi contro la povertà, e s’incardina il welfare direttamente sulla tassazione di redditi: ma cominciando da chi ha meno, a differenza di quanto avvenuto coi bonus per 50 miliardi degli ultimi anni, dei quali agli incapienti non è andato nemmeno un euro.
Si dirà: ma le proposte di Flat tax sono diverse. Vero. Forza Italia propone un’aliquota del 23, la Lega del 15. Chi scrive ha partecipato all’elaborazione della proposta dell’Istituto Bruno Leoni, che ha un’aliquota unica al 25. Ognuna propone esenzioni, detrazioni e coperture diverse, e personalmente sono contrario sia a immaginarle in deficit, sia attraverso nuovi condoni.
È per questo che la proposta del Bruno Leoni indica l’intera gamma delle fiscal expenditures e degli attuali strumenti d’integrazione al reddito da sostituire e sopprimere, e indica anche 27 miliardi di spesa corrente improduttiva da tagliare.
Mentre le proposte di Forza Italia e della Lega indicano modalità di copertura diverse, e quella di Berlusconi anche un meccanismo di salvaguardia per evitare che la prima applicazione sballi il saldo di bilancio che occorre preservare.
Ma queste sì che sono tecnicalità. Un governo di centrodestra dovrebbe a quel punto stare attentissimo a definirne i particolari, in modo da non dare armi a chi difende la giungla fiscale attuale, ammazza-crescita e uccidi-equità. Ma il punto è uno solo: la grande occasione per una riforma fiscale organica a favore di crescita, famiglie ed equità, può essere davvero dietro l’angolo. Come dimostra anche il successo travolgente della riforma fiscale di Trump negli Usa. È per questo che la sinistra spara ad alzo zero. Lo sanno benissimo anche loro, che il sistema attuale è indifendibile e rovinoso.
Questo articolo è uscito sul numero di Panorama in edicola l'1 febbraio 2018, con il titolo: "Flat tax, la proposta del centrodestra che getta nel panico il centrosinistra (perché funziona davvero)"