Calcio
October 08 2024
Paulo Fonseca è uno che ama dire le cose come stanno, anche a costo di farsi male. Lo aveva già dimostrato nel turbolento post partita contro la Lazio, quello del cooling break lui e la squadra da una parte e i 'ribelli' (Leao e Theo Hernandez) dall'altra: "Io non scappo con scuse e dico sempre la verità" aveva spiegato sostenendo che non ci fosse alcun problema, trasferendo così l'immagine di un tecnico debole esposto ai capricci delle sue stelle.
Lo stesso amore di verità che nella notte di Firenze lo ha portato a regolare in pubblico i conti dopo l'ammutinamento dei rigori calciati da chi non doveva: sempre il solito Theo Hernandez e l'appena arrivato Abraham con la complicità di Tomori in una scenetta da campo di periferia il venerdì sera. Fonseca ha detto di essere infuriato e ha svelato al mondo intero che, almeno su un dettaglio non secondario, evidentemente la squadra o parte di essa non lo segue. E che all'interno manca anche un leader capace di imporsi sui compagni, cosa che non sorprende visto che il Milan non ha un capitano ma si va a rotazione; impensabile fino a qualche anno fa, quando a Milanello abitavano personalità debordanti che mai avrebbero accettato il part time.
Il problema è che nella sua sincerità quasi autolesionistica, Fonseca appare sempre più un uomo solo. Nemmeno la scossa positiva del derby ha invertito la china di una stagione iniziata pericolosamente. Per dire: alla sosta di settembre il disastroso Milan di avvio campionato era a 5 punti dalla vetta e oggi è alla stessa distanza, con in più anche due sconfitte (su due) in Champions League. I difetti sono riemersi a Firenze che, come tutte le ricadute, ha fatto più male anche del malessere originale perché inattesa se non nella sostanza (in casa della Fiorentina può capitare di perdere), almeno nella forma.
Il bilancio di questa solitudine è che il portoghese è tornato in discussione. Nessuno lo manderà via, per ora, ma nessuno nemmeno gli si è messo vicino per condividere le responsabilità. A Firenze lo stato maggiore del club era presente, ma la faccia l'ha presentata Gabbia che non può certamente essere leader dello spogliatoio; gli altri erano già in partenza per le rispettive nazionali e torneranno a ridosso di un ciclo già decisivo sia in Italia che in Europa.
Fonseca paga la sua onestà intellettuale e un peccato originale. La gente voleva Antonio Conte e ha mal digerito il suo arrivo, Ibrahimovic se lo è intestato salvo poi sparire dai radar e il mercato (oneroso) non sta restituendo quanto promesso in termini di qualità e quantità. Non solo: i casi più spinosi di rinnovo di contratto, Maignan e il pluricitato Theo Hernandez, sono tuttora aperti e senza soluzione. Insomma, una miscela potenzialmente esplosiva in grado di corrodere da dentro la stagione rossonera.
E' possibile che il calendario dia una mano al Milan dopo la sosta. Udinese e Bologna più il Bruges sembrano ideali per una striscia che ricompatti l'ambiente. Però in un mese arriveranno poi gli incroci con Napoli, Real Madrid e Juventus: l'ultima sliding doors nella quale mantenere l'attuale media di una partita persa su due (4 su 9, più delle 3 vinte) non potrà essere sufficiente per evitare scossoni definitivi.