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May 23 2018
Se da una parte gli attentati di matrice islamica costano sempre meno, dall’altra parte aumentano i costi di gestione delle “reti” delle organizzazioni terroristiche.
A bilancio dei gruppi del terrore, oggi, incidono in larga misura gli spostamenti dei foreign fighters, la loro sopravvivenza, così come le attività di proselitismo e radicalizzazione nel cuore dell’Europa e nei paesi islamici.
A parte i finanziamenti diretti provenienti da alcuni Paesi arabi, il denaro arriva nelle tasche dei jihadisti attraverso mille rivoli differenti. Uno di questi, è la rimessa diretta di cash attraverso le agenzie di money transfer.
Vero è che i money trasfer in quanto tali avrebbero un fine "nobile", considerando che sono gli intermediari finanziari preferiti dai migranti per le rimesse nei Paesi d’origine ma è altrettanto vero che sempre più spesso diventano i mezzi con i quali i gruppi terroristici ricevono o inviano fondi. È in particolare in questo periodo storico che sono venute meno le fonti di sostentamento tradizionali.
L’esempio più evidente è quello scoperto con l’operazione “Foreign Fighters” condotta dallo Scico, Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza di Roma e dei finanzieri del comando di Brescia, che ha portato all'individuazione e all’arresto di dieci soggetti di origine siriana residenti in Lombardia e perfettamente integrati nel territorio e nel tessuto economico.
I soggetti arrestati erano riusciti a creare una consolidata rete di money transfer illegali attraverso i quali non solo riciclavano danaro derivante da diverse attività illecite portate a segno in più Paesi dell’Unione Europea e non solo, ma trasferivano fondi destinati ad alimentare organizzazioni terroristiche operanti in Medio Oriente.
“Il vorticoso flusso di denaro movimentato veniva destinato al finanziamento di gruppi terroristici vicini all'organizzazione di Al-Nusra - spiega a Panorama.it il maggiore Armando Galletto del Reparto investigazioni Scico della Guardia di Finanza - L’organizzazione era riuscita a creare un ponte con le zone calde della Siria, dislocando in loco un soggetto con il compito preciso di effettuare i trasferimenti di denaro a favore di ribelli antigovernativi vicini agli ambienti terroristici”.
I finanzieri sono riusciti ad intercettare trasferimenti per oltre 2.000.000 di euro. Una cifra considerevole utilizzata, oltre che per finanziare i terroristi, anche per attività di riciclaggio.
Ma ad attirare l'attenzione degli investigatori non ci sarebbero solo le agenzie di money trasfer ma anche gli oltre 7 mila “internet point” sparsi su tutto il territorio italiano.
Non di rado, infatti, questi “punti” dove è possibile utilizzare un computer con accesso ad Internet a pagamento, effettuano anche trasferimenti di contante verso paesi terzi. Trasferimenti che non sempre risultano essere legali e tracciati.
Proprio per questo motivo anche questi punti di "rimessa" di denaro sarebbero finiti sotto la lente di ingrandimento degli uomini del reparto di analisi dello Scico.
Ad interessare gli analisti della Finanza non solo il numero piuttosto consistente di punti internet e i loro flussi di denaro ma soprattutto il dato riferibile a quelli gestiti da soggetti nati in Paesi definiti “a rischio” dall’ONU, ovvero, oltre 1500 strutture.
A riguardo è interessante osservare che in alcune Regioni quali l’Emilia Romagna, la Lombardia, il Trentino Alto Adige e il Veneto, circa il 50% degli internet point è riferibile proprio a soggetti provenienti da zone a rischio e si tratta, non a caso, tutte di Regioni del Nord, dove i flussi di capitali sono evidentemente più cospicui.
Fa eccezione il Lazio, o meglio la metropoli romana che pur non essendo al Nord ha comunque oltre 300 internet point da monitorare proprio come la Lombardia. Il primato nazionale spetta a queste due Regioni.
I dati della Banca Mondiale sono un esempio davvero impressionante sull'utilizzo di questi mezzi: ben oltre 600 miliardi di dollari sono stati inviati nei soli dodici mesi del 2017.
È ormai indiscutibile che questo enorme giro finanziario sia privilegiato e sfruttato anche e soprattutto da chi ha necessità di non lasciare dietro di sé tracce utili agli investigatori.
Ma, nonostante le difficoltà, gli inquirenti italiani hanno dimostrato di aver messo a punto dei metodi per individuare parte di queste rimesse illegali. Un lavoro di intelligence complicatissimo che, però, riesce a ricostruire l’intera rete illegale costituita da coloro che rimettono denaro, mezzi e destinatari.
“Le analisi iniziano dai flussi dei money transfer o internet point - precisa il maggiore Galletto - i quali vengono incrociati sia con i dati e le segnalazioni di foreign fighters o soggetti radicalizzati presenti nel territorio italiano effettuate dal Comitato Analisi Strategica Antiterrorismo, che con i dati dei Paesi cosiddetti “a rischio””.
Un lavoro che dura spesso molti anni ma che porta ad individuare sia l’attualità che l’operatività di cellule terroristiche e fiancheggiatori che vivono nel nostro Paese e che attraverso queste agenzie di trasferimento di denaro, sostengono la macchina del terrore e l’organizzazione che la gestisce in Europa o in altri Paesi del mondo.