Italia
June 09 2020
Le preoccupazioni restano fuori i cancelli, dentro c'è posto soltanto per la pace e il relax: «La gente ha bisogno di ricaricarsi, di approdare in un posto sicuro. Di dimenticarsi del virus, almeno per un po'» premette e promette Lorenzo Giannuzzi, amministratore delegato e direttore generale del Forte Village. Che per il lussuoso resort in Sardegna, affacciato su una spiaggia bianchissima e circondato da decine di ettari di giardini non lontano da Cagliari, ha elaborato un protocollo di protezione dalla Covid-19 rigoroso e minuzioso, studiato nei dettagli per garantire la sicurezza degli ospiti. Per mettere al centro la loro salute, senza scalfirne i piaceri. «Ci siamo messi all'opera con una squadra di medici non è appena è scoppiata l'emergenza. Il risultato è il frutto di un lungo lavoro, saremmo felici se diventasse un modello imitato anche altrove».
I pilastri: all'arrivo in aeroporto, tutti i membri della stessa famiglia, coppia o comitiva, salgono su una macchina sanificata, equipaggiata con una schermatura per separare i passeggeri dal conducente. Varcata la soglia del resort, accedono a una lounge dove avvengono due cose importanti: i bagagli sono igienizzati per cancellare eventuali contaminazioni accumulate durante il viaggio; a ciascuno degli ospiti vengono effettuati due controlli: un tampone e un test rapido degli anticorpi, quello che avviene attraverso la puntura del dito. «Per avere il responso» spiega Giannuzzi «occorre aspettare al massimo 40 minuti. Nel frattempo, si procede con il check-in, che da noi è particolarmente lungo perché le attività da illustrare sono tante, assieme all'immensa scelta di ristorazione, ai trattamenti nella spa, all'offerta sportiva e ricreativa». L'attesa, dunque, corre via veloce.
Se i test risultano negativi, «e speriamo ciò avvenga nel 99,9 per cento dei casi», si può raggiungere la propria stanza: «Si spalancano le porte del paradiso». Se una delle due analisi o entrambe sono positive, non scatta nessun allarme rosso. Zero panico. L'ospite viene condotto in una zona privata, immersa nel verde, dove a intervalli regolari e ravvicinati i test vengono ripetuti fino a che diventano negativi. Il punto è che nessuno si troverà confinato in un angusto bugigattolo, ma in uno spazio luminoso con a disposizione i principali comfort di un albergo a cinque stelle. Dai pasti alla possibilità di richiedere un cocktail o una centrifuga, fino alla pulizia degli ambienti e alla libertà di abbronzarsi in giardino.
In parallelo, il paziente è seguito da un team medico attento e preparato. Nella malaugurata ipotesi di un suo peggioramento, scatta un filo diretto con la Asl e c'è persino un'ambulanza a disposizione della struttura, per questa e altre eventuali emergenze, che si muove all'interno lungo un percorso dedicato. Così come i fornitori, per evitare entrino in contatto con gli ospiti e lo facciano per il minimo indispensabile con il personale. Di più: i prodotti che consegnano, sono sanificati prima del loro uso o la loro distribuzione.
Quando il tampone è finalmente tornato negativo, l'ospite va a godersi in pieno la vacanza, che comunque era già iniziata. Ci sono contesti ben peggiori per una quarantena. Il protocollo non fa alzare il conto finale («ne abbiamo assorbito noi i costi» dice Giannuzzi) e si estende agli addetti alla struttura: «Vivono all'interno, in un'area loro riservata». E anche a loro vengono fatti i test necessari a verificarne lo stato di salute.
Insomma, ci sono tutte le condizioni per mantenere la situazione sotto controllo. A maggior ragione perché in spiaggia viene osservato il distanziamento degli ombrelloni, nei ristoranti quello dei tavoli, la pulizia è ripetuta con costanza, dappertutto. «Il resort rappresenta una sorta di enclave, con un unico accesso e una sola via di uscita». È un rifugio in cui vivere un pezzo della propria estate a contatto con il mare e la natura. Un altro mondo in cui allentare la tensione. A tenere alta l'attenzione provvede un raffinato meccanismo che si muove dietro le quinte. E realizza il desiderio di evadere da una routine che, quest'anno, è stata più faticosa del previsto.