Francesca Barra: Tutto fa paura se non lo si conosce
E’ due anni che sentite la sua voce su Radio1 Rai alla conduzione di “La bellezza contro le mafie”, la leggete su Sette e ha pubblicato due libri: “Il quarto comandamento” e da poco “Giovanni Falcone, un eroe solo”. Il suo pensiero è anche nel libro “Non è un paese per donne”, fatemi riprendere fiato perché non è finita… allora: da settembre tornerà in tv e collaborerà con un nuovo quotidiano raccontando storie borderline e di mafia, è mamma, cucina da Dio e si diletta anche di fotografia. Sì, sto parlando della stessa persona avete capito bene. Una donna per le Donne, ecco a voi Francesca Barra.
Quest’intervista mi mette davanti ad una condizione di rispetto, ammirazione e senso di appartenenza ideologica che mi rende felice. Sei una donna dalle mille qualità: presenti, scrivi, ho sentito anche che canti, sei una giornalista, fai radio e sei una combattente. Come hai scelto di dedicarti a tutto, di non lasciare nulla ad una semplice passione, ma di metterci l’anima?
La vita è soltanto una e non possiamo perdere l’occasione di conoscere le nostre innumerevoli possibilità. Ed anche i limiti. Sono curiosa, entusiasta. ma anche una lavoratrice instancabile. Mi diverto, mi appassiono, e questo non vuol dire diventare professionisti in tutto, ma vivere da appassionati. Del resto lo so fare soltanto con follia ed empatia. Magari è un problema per chi mi è accanto. La mia imprevedibilità e l’impossibilità di organizzare con anticipo giornate, vacanze o incontri, non permette a tutti di comprendermi. Figurarsi di “contenermi” o cercare di impormi stili di vita canonici. Posso dimenticare che giorno sia oggi, ma non dimentico di vedere, ascoltare o scrivere alle persone che amo.
Mentre nel lavoro, come dici tu, sono una combattente, in casa sono una vera donna del sud: sono molto manuale. Cucino sempre io e le cene insieme a famiglia e amici sono sacre. Lavoro con l’uncinetto come antistress, ho gestito, senza baby-sitter e con una famiglia lontana per anni, il bimbo. E lui a scuola diceva: “Mamma non lavora. Questo all’inizio mi addolorava perche voleva dire che non capiva quanti sacrifici facessi. Ma poi ho compreso che dovevo cambiare la lettura della sua affermazione: non si accorgeva di quanto lavorassi perche il tempo che gli dedicavo era buono. Esclusivo. Quindi ho smesso di avere sensi di colpa. Oggi spesso mi segue durante le presentazioni e mi implora di smettere di occuparmi di mafia e di scrivere libri per bambini.
Quante pagine del libro sono saltate perché il suo gormita rimbalzava sulla mia tastiera. Eppure sono sopravvissuta. Tutti siamo sopravvissuti. Ma un figlio felice è il figlio di una mamma felice. Sempre.
C’è mai stato un momento nella tua vita in cui ti sei sentita inadeguata? In cui quello che pensavi o quello in cui credevi ti ha messo davanti a delle decisioni importanti?
La mia professione è tutt’altro che romantica. E’ una lotta. Monopolio maschile. Come per tutti i ruoli da “battitore libero” è difficile che ci siano più donne in campo. Notoriamente dobbiamo gestire famiglia, casa, lavori, viaggi, pregiudizi. Peccato che gli unici ad avanzarne sono stati anche gli unici che poi al colloquio facevano seguire un invito a cena. Imparare a sostenere il confronto, l’affronto e il velato compromesso è una cosa che impari con il tempo. Prima ero molto più rigida. La mia difesa era la diffidenza. Ma l’unico compromesso a cui ho ceduto è che ad un certo punto della mia carriera ho capito che per farmi giudicare per ciò che scrivevo dovevo allontanarmi dalla tv. Far dimenticare il mio volto. Far prevalere il contenuto sul soggetto.
Volevo occuparmi di cronaca, di sociale, ma mi proponevano conduzioni nelle quali prima o poi mi sarei sentita stretta, come in una morsa. Ho rinunciato alla via più semplice ed immediata e ho scritto libri, lavorato in radio. Condurre per due anni un radiodocumentario sulla geografia mafiosa per radio1 sarà sempre la mia più grande scommessa. Vinta perché ho intervistato grandi professionisti, ma anche gente non ordinaria. Raccontando più di 1500 storie che altrove non trovano sempre spazio. Poi sono tornata. Quando non dovevo più mascherare la mia femminilità perché ormai non è un limite e nemmeno una vergogna. E infatti sto tornando, con un lavoro che sento cucito addosso a me.
Quale di tutte le tue sfaccettature ti da più soddisfazione?
Scrivere, essere madre, fotografare. Credo di aver sempre saputo che avrei fatto questo nella vita e che mi avrebbe resa felice. Sognavo di essere come Jo March di piccole donne da bambina. Andavo in giro a fare reportage con la mia polaroid con mio padre che mi ha trasmesso questa passione, e di bimbi ne avrei voluti tantissimi.
Ora dimmi pure che cucini da Dio e la facciamo finita!
Mamma bolognese, nonna Emma che a 90 anni ancora tira la sfoglia, papà calabrese, sono lucana, ho vissuto a Roma e ora a Milano e gli amici mi chiamano “zia Jo”. Perché alle uscite al ristorante preferisco accogliere io a casa, cucinare. E perché se non usassi la stessa fantasia che metto in pratica sul lavoro, in tavola, mi mancherebbe qualcosa. Diffido un po’ di chi non cucina con amore. Per amore.
Sei una donna dalla parte delle donne, è raro, o lo era?
Rarissimo, anche se fingiamo che non lo sia. Molte donne sono amiche e complici quando non mini la loro sfera. Quando non temono che tu possa rubare un posto di lavoro, scena, affetti. E’ molto triste, sembra una lotta di sopravvivenza. Ma la solidarietà, ciò che possiamo darci noi donne, ci farebbe conquistare la luna più velocemente dell’uomo. Io ho molte amiche e colleghe con le quali condivido progetti (l’ultimo libro corale di donne per Mondadori per esempio si intitola “Non è un paese per donne” e io ho raccontato la mia esperienza di vita per strada, con donne senzatetto).
Mi piace circondarmi di donne di gran talento. Perché mi annoierebbe non imparare nulla o vivere con disistima. Talento non per forza nelle arti o mestieri, ma per la vita. Non credo nelle quote rosa però, pur essendomi laureata con tesi sulle donne in politica. Credo nella meritocrazia. Non condivido nemmeno le campagne contro le veline in politica, come ho letto di recente. Soprattutto quando a farlo sono donne in parlamento. Perché dovremmo tutti volere uomini e donne che meritano il posto che occupano. Senza Etichette. Sostengo il principio: meno marce e più rivoluzioni.
Al sud Italia la donna convive con codici ancora limitati. Lavoro in nero, cultura arretrata, involuzioni che presto racconterò nel prossimo libro. Come possiamo dimenticarci di loro mentre alla guida di yahoo c’è una donna incinta di 6 mesi?
Sei in giro per l’Italia a presentare il tuo ultimo lavoro: “Giovanni Falcone, un eroe solo” scritto con Maria Falcone. Cosa ti ha portato a sentire la necessità di scrivere questo nuovo libro?
In un periodo storico di grande delusione nei confronti delle istituzioni, dello Stato, raccontare l’uomo che ha creduto in tutto quello che oggi stanno rovinando, per me significava restituire alle nuove generazioni una speranza. Un mondo migliore possibile. Ecco perché ho voluto raccontare Giovanni Falcone con sua sorella. Un inedito sull’uomo oltre che sul giudice. Tendere a certi modelli è il riferimento forse unico, in mancanza di uomini così Giusti. Oggi.
C’è un motivo per cui su un blog di musica da club ho voluto a tutti i costi averti ospite, perché sei uno sguardo esterno, femminile, colto che può raccontarci come vede il mondo della notte, come e se lo hai vissuto. E perché l’opinione pubblica lo teme così tanto a tuo parere?
Sono nata e cresciuta in un piccolo paese lucano. Policoro. Per scelta anticonformista dei miei genitori che hanno puntato il dito sulla cartina e hanno deciso di farci vivere in un posto immerso nella natura e fuori dalla mondanità, per poi farci spiccare il volo da adulti. Non avete idea della concentrazione di musicisti. Se fosse riportata quella realtà in grandi metropoli il sud sfiderebbe capitali della musica. Avendo pochi svaghi, si suona, ci si allena a blues, jazz. Il film “Basilicata coast to coast” lo racconta benissimo. Il “sogno” lucano è sfondare nel campo musicale. Del resto io bimba adoravo il country, studiavo lirica e suonavo il pianoforte. Eppure non avevamo il cinema, se non a due ore di distanza. E nemmeno l’aeroporto, volavamo via con la fantasia. Poi ho conosciuto la radio e un giorno ascoltai Joni Mitchell, innamorandomi della sua voce, le nostre notti estive erano viaggi verso le notti di festival in Puglia. Fuga era sinonimo di musica, dove tradizione si mescolava con sperimentazione, ricerca raffinata del nuovo.
La notte fa paura quando non ci riconosciamo con lei. Tutto fa paura se non lo si conosce.
Nel nostro piccolo cerchiamo di dare spazio alla figura femminile dietro ad una consolle, quindi regista di una serata, non più comparsa. E’ un progetto ambizioso quello di SheCanDj, serio e con un futuro sicuro per le concorrenti. Cosa ne pensi di quest’avventura?
Donne non sul cubo, ma che cavalcano le scene con grinta e da professioniste. E’ un progetto che dimostra che non è solo un ruolo di immagine, ma una professione per l’appunto. Anzi, prometto un’intervista alla vincitrice. Premetto che la faró con molta invidia, come quando le guardavo esibirsi a Los Angeles e pensavo:”ecco una cosa che non sarei in grado di fare mai”.
Se tu potessi scegliere, cosa non rifaresti o cambieresti nella tua vita?
Mi sono trasferita a Milano dopo 15 anni di vita meravigliosa romana. Con amici e un tempo di vita e di lievità che mi mancano moltissimo. Ecco, se potessi vorrei ristabilire quel modo di vivere ovunque. Amici che entrano ed escono da casa, che si fermano senza chiederti permesso. Senza giudicarti, garantendo per te una famiglia allargata nei cui principi di libertà e amore credo in modo granitico. Riprovarci a 33 anni sarà la mia nuova sfida. Del resto sono andata via da casa a soli 18 anni, ho già sperimentato tre vite da allora. Nelle prossime vorrei guardare la mia vita dal di fuori e pensare che non vorrei altro che essere in quel posto, con le persone che avranno avuto la voglia di esserci ancora.
Sei felice?
Sono sempre in tensione verso la felicita. Questa è la mia prima ispirazione. E soprattutto se riesco a far felice chi mi ama. Ma sarei ingrata se dicessi di essere infelice, che noia sarebbe, no!?
Cercatela qui: Twitter, francescabarra.it.
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