Televisione
July 25 2018
Raccontare la criminalità organizzata da un punto di vista completamente inedito. È un viaggio potente come un pugno allo stomaco Il prezzo, l’inchiesta sociale in tre puntate – in onda dal 22 settembre su Rai 3 - ideata da Francesca Fagnani: la giornalista, ex inviata di AnnoZeroe di Ballarò, ha incontrato le donne di mafia, i baby criminali e i pentiti, intrecciando un racconto destinato a far discutere. A Panorama.i tspiega la genesi di questo progetto, anticipa le novità di Belve – il programma cult appena concluso sul Nove, che avrà una seconda edizione – e racconta come riesce ad arginare il gossip sulla sua storia con il compagno Enrico Mentana.
Francesca, come nasce l’idea de Il prezzo?
Volevo raccontare la criminalità da un’altra angolazione, capire come vivono quella realtà da dentro le categorie più fragili, ovvero donne e ragazzi, e dargli voce. È un’inchiesta sociale che ho scritto e condiviso con Daniele Autieri.
Come li ha convinti a raccontarsi?
Facendogli capire che non li volevo fregare o giudicare. È una fotografia di una realtà molto spesso taciuta e negata: lo scorso anno, ad esempio, c’è stato un momento in cui si parlava solo delle baby gang di Napoli, poi giornali e tv hanno smesso di occuparsene. Ma questo non significa che siano sparite, anzi: la devianza giovanile dovrebbe essere una questione nazionale ma se i ragazzini si sparano a Napoli lo leggi solo nelle cronache locali. È forse un’umanità di serie b? O è “malacarne” ed è bene che se la gestiscano tra di loro?
Il punto insomma è una questione di cui si discute da decenni: l’assenza dello Stato.
Anche. La presenza dello Stato in certi quartieri, in certi rioni e addirittura in certi palazzi esiste solo in forma repressiva. La percepiscono solo quando ci sono i blitz.
Che cosa le resta di questo viaggio?
Un senso di predestinazione che lascia senza fiato. Sono entrata nei carceri minorili di Nisida e Catanzaro, parlando con i ragazzi di camorra e ‘ndrangheta e il figlio di un boss di Scampia, mi ha detto: “Devi essere forte per fare un’altra vita. Prendere un’altra strada è impossibile”. È stato un viaggio sconvolgente e senza finale consolatorio.
Quando si racconta la criminalità in tv, c’è sempre chi intravede il rischio di “umanizzarla” troppo. Lei ha corso questo rischio?
Se umanizzare vuol dire rendere simpatico, no. I criminali però sono essere umani ma con una moralità rovesciata: hanno desideri e aspirazioni come tutti, ma il finale è diverso. Ne Il prezzo non faccio sconti ma non mi pongo in una posizione giudicante: faccio parlare queste persone e la mia fonte di ispirazione è stato Comizi d’amore di Pier Paolo Pasolini.
Ammesso che esista, la soluzione qual è?
Puntare sulla scuola e la cultura, spiegargli che un altro tipo di moralità è possibile. Ma è un percorso complicato.
Con Il prezzo torna alle sue origini d’inviata. Com’è stato lavorare con due Giovanni Minoli e Michele Santoro, entrambi preceduti dalla fama dei loro “caratteracci”?
Diciamo che non mi fa più paura niente (dice ridendo). Scherzi a parte, mi sento molto grata perché mi hanno messo un mestiere tra le mani, insegnandomi tutto. Mi reputo fortunata, avendo cominciato in anni in cui i talk erano pochissimi. Il giornalismo antagonista di Santoro faceva il 33% di share, numeri oggi impensabili.
Come ha fatto Michele Santoro a passare dal 33% al 3% del suo ultimo programma?
In cinque anni è cambiato tutto. E poi il venire meno degli schieramenti e dei partiti ha reso tutto più difficile da contestare e raccontare. Gli anni berlusconiani hanno prodotto fazioni, tifo e anti tifo – anche con eccessi di morbosità – poi con l’era Monti si è appiattito tutto in maniera soporifera. Dopo Berlusconi la politica si è "normalizzata".
Negli ultimi sei mesi però gli ascolti dei talk sono in risalita.
C’è una ripresa perché l’interesse è alto. Se la situazione si normalizza, gli ascolti tornano a calare. Il problema sono anche gli ospiti.
Ovvero?
Un tempo i politici si precipitavano, anche in arene complicate, perché gli ascolti ero alti: adesso sono i partiti a scegliere e ti mandano la seconda e terza fila e lo fanno ponendo delle condizioni, perché non voglio contraddittorio. Se non c’è scontro tra prima file, il pubblico è meno interessato.
Lei lo condurrebbe un talk politico?
Non me l’hanno mai proposto sennò avrei accettato di corsa. Se me lo offrissero, ci penserei perché mi piace molto la politica.
Intanto, in autunno, torna con la seconda edizione di Belve, sul Nove: nella prima edizione ha intervistato dodici protagoniste dello spettacolo, della politica e non solo. Com’è nata l’idea?
Ogni volta che sento parlare di donne c’è una dimensione “tapina”, un po’ dimessa: questo contribuisce a generale l’idea di “sesso debole”, quando in realtà siamo ambiziose, decisioniste e stronze come gli uomini. Il titolo è provocatorio – me l’ha suggerito l’autrice tv Irene Ghergo - e mi ha creato non pochi problemi: le più belve hanno detto di no.
Chi ha rifiutato, ad esempio?
In tante hanno rifiutato, a cominciare da Sabina Guzzanti. Con Claudia Mori non si è mai concretizzato l’incontro, mentre mi sarebbe piaciuta molto Maria Elena Boschi: ha un viso angelico ma è una belva. Ha detto no.
Le va riconosciuto uno stile asciutto, senza birignao. Ma cos’hanno di speciale le sue interviste?
Il genere intervista è nobile, ma spesso è condizionato dalla marketta. Se non devono presentare un libro o un film, difficilmente i personaggi si fano intervistare. Non sono più abituati alle domande scomode: io invece cerco di raccontare luci e ombre, per conoscere bene una persona. Ma non c’è mai accanimento.
Nella seconda stagione chivorrebbe intervistare?
Maria De Filippi e Barbara D’Urso. Ma vorrei allargare lo spettro degli ospiti, dando più attenzione alla politica, mischiando volti pop ad altri meno pop, com'è accaduto quest’anno intervistando l’ex camorrista Cristina Pinto o l’ex brigatista Adriana Faranda.
Il momento che più l’ha colpita?
Ce ne sono stati tanti. Forse il faccia a faccia con Alessandra Mussolini ha avuto un risvolto inatteso. “Mi spiace se l’ho messa in difficoltà”, le ho detto a fine incontro. “Ho detto quello che volevo dire”, mi ha risposto, dopo essersi aperta molto sul suo privato.
A proposito di privato: lei parla molto poco del suo. È il suo modo per arginare il gossip intorno alla storia con Enrico Mentana?
Non ho piacere a parlare dei fatti miei perché non credo che la mia vita privata sia di interesse pubblico: preferisco parlare poco ed espormi per quello che faccio nel mio lavoro.
È una scelta strategica, insomma?
Di recente mi sono state fatte delle domande nel corso di un’intervista al settimanale Oggie ho risposto. In generale non è una scelta strategica ma naturale: anche su Instagram non pubblico mai foto del mio privato e c’è una sola foto con Enrico. Non siamo mondani, non esibiamo le nostre vite.
In compenso c’è molto cibo sul suo Instagram.
Cibo e vino sono la mia passione. Non mi sarebbe dispiaciuto occuparmi di enogastronomia, lo ammetto.
C’è stato un momento in cui il gossip l’ha ferita?
Sì, sarei ipocrita a dire che tutto mi scivola addosso. Mi colpisce sempre la cattiveria di chi non ti conosce e ti giudica.
Ha mai la sensazione di essere “utilizzata” come tramite per arrivare al suo compagno?
Certo e negli anni ho sviluppato i radar per intercettare questo tipo di persone. Non me ne faccio un cruccio ma ho le antenne dritte.
Chissà allora quanti messaggi avrà ricevuto da quando Mentana ha annunciato di voler fondare un nuovo quotidiano on line…
Mi hanno già inoltrato decine di curriculum. Ma io ne sto fuori perché di mestiere non faccio la postina e non voglio segnalare nessuno.
Ultima curiosità: durante le #MaratonaMentana lei che fa?
(ride) O le seguo direttamente in studio o sul divano di casa. Il 4 marzo scorso mi ha invitato Nicola Porro a Matrix ma all’una e mezza di notte già rischiavo di crollare: come faccia Enrico a resistere tutte quelle ore, per me rimane un mistero.