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March 28 2023
Uno schiaffo storico, l’ennesimo, dai cugini d’Oltralpe. Guidati, nei loro vertici della magistratura, da un’ ideologia cieca che chiude tutte e due gli occhi di fronte a una scia di sangue per motivi politici, che ha macchiato per sempre la storia italiana. Una ferita che non si rimarginerà. La cassazione francese ha confermato il "no" all’estradizione di 10 ex terroristi italiani di estrema sinistra rifugiati da anni a Parigi. Tra questi ci sono sei ex militanti delle Brigate rosse ed ex esponenti di Lotta Continua. E’ l’ultima parola della giustizia francese, che chiude una querelle decennale, in spregio alla memoria delle vittime del terrorismo, voltando le spalle al dolore delle famiglie. Tra i “graziati” l'ex di Lotta Continua, Giorgio Pietrostefani, condannato a 22 anni per l'omicidio del commissario Calabresi e sei ex delle Br, tra cui Marina Petrella, condannata per l'omicidio del generale Galvaligi, e Roberta Cappelli, condannata all’ergastolo per associazione terroristica.
A poco è servito il ricorso italiano, appoggiato anche dal governo di Parigi. L’applicazione fanatica della cosiddetta “dottrina Mitterrand” è stata fatta propria dai giudici. A colpire soprattutto le motivazioni, basate sul diritto a un processo equo (come se l’Italia fosse una repubblica delle banane), e sul diritto al rispetto della vita privata e familiare, quella vita che i terroristi hanno costruito oltreconfine. Insomma, i criminali hanno diritto all’intoccabilità della loro nuova esistenza da fuggiaschi, mentre la vita delle loro vittime negli anni di piombo, non conta più nulla.
“Ci dicano allora chi sono i colpevoli. Ci sono dei morti sulla coscienza di queste persone", ha dichiarato Adriano Sabbadin, figlio di Lino, il macellaio ucciso nel 1997 in Veneto ad opera dei Proletari Armati di Cesare Battisti. "Nella vita si può cambiare, queste persone lo avranno certamente fatto, e così si può diventare degli ex terroristi, ma non si può pensare che il tempo possa cancellare la responsabilità o la colpa di aver tolto la vita ad un altro uomo", dice Mario Calabresi, giornalista e figlio del commissario ucciso in via Cherubini a Milano.
Certo, è pur vero che sono passati decenni, e che questi individui si sono rifatti una vita. E’ vero, come riconoscono con dignità i parenti di tante vittime del terrorismo, che i tempi sono cambiati, e si può usare misericordia. Ma prima occorrerebbe pentirsi dei propri delitti, e nessuno dei terroristi eccellenti lo ha mai fatto. Al di là della necessità di giustizia, a uscirne violentata è anche la doverosa sfida per la ricerca della verità. Far rientrare in Italia quei criminali aveva come scopo anche il tentativo di ricostruire un periodo buio della storia patria, con la voce dei protagonisti negativi. Si è preferito gettare per sempre un velo di omertà su tutte le contraddizioni, gli eccessi, e i misteri di quegli anni. E che questa sentenza arrivi dal Paese rivoluzionario che ha plasmato i diritti dell’uomo, non può che colpire. Al punto da intravedere, ancora una volta, un pregiudizio anti-italiano in questa decisione. Con la differenza che in questo caso a pagare non è il governo, ma un intero popolo che pretendeva giustizia.