Economia
August 02 2017
[post pubblicato il 20 gennaio 2017 e aggiornato il 2 agosto 2017]
Dire che l’Italia a livello economico stia diventando una colonia francese è una chiacchera da bar che però, come tutte le ciance, ha un suo fondamento nella realtà.
Perché se è vero che molte imprese francesi si sono lanciate alla conquista del made in Italy, è pur vero anche il contrario.
Lo dimostra anche la recente offerta di Fincantieri per rilevare Stx, un affare sfumato dopo la sortita del neopresidente Emmanuel Macron che ha detto di esser pronto a nazionalizzare i cantieri di Saint-Nazaire per evitare che gli italiani salgano oltre il 50 per cento.
Ma se si vuole parlare di conquista, dobbiamo confrontare i due paesi "cugini" e, soprattutto, quanto i rispettivi sistemi economici siano stati capaci di mettere sul piatto negli ultimi anni.
Vi sveliamo subito la conclusione: Parigi batte Roma tre a zero. E di seguito vi spieghiamo il perché.
Come ha ricordato lo scorso anno l’ambasciatrice francese a Roma, Catherine Colonna, in Francia si contano 1.800 imprese italiane, per due terzi piccole e medie imprese basate in Piemonte e Lombardia, che hanno investito nel 2015 una cifra superiore a 17 miliardi di euro e danno lavoro a 100 mila francesi.
Con queste cifre l'Italia si posiziona al secondo posto in Europa dopo la Germania e al terzo se si considera il primo investitore estero in Francia, gli Stati Uniti d'America, stando ai dati del Ministero dell’Economia francese riportati dal sito Italie-france.com.
Tra le società italiane si ricorda Campari che per 700 milioni di euro ha messo le mani la scorsa primavera sul marchio Grand Marnier o la torinese Lavazza che si è aggiudicata Carte Noir.
Gli italiani sono presenti Oltralpe con alcune delle più note multinazionali: FCA, Generali, Saipem, Leonardo (ex Finmeccanica), Italcementi (controllata però dal colosso tedesco HeidelbergCement), Ferrero, Barilla e Granarolo.
Ma se confrontiamo il livello degli investimenti italiani, scopriamo che Parigi ha speso quasi il triplo: 46 miliardi di euro in investimenti, stando agli ultimi dati della Banque de France. E sul fronte occupazione, i cuginetti in Italia danno lavoro a 230 mila dipendenti: il doppio.
In quali settori? Partiamo dalla grande distribuzione organizzata: i francesi sono presenti in Italia con i gruppi Carrefour, Auchan e Leroy-Merlin e nell'arredamento con Maison du monde, una sorta di Ikea di elevato standing.
Nelle utilities hanno messo le mani su Edison con il gruppo Electricité de France.
Nella moda brand blasonati com Gucci, Bottega Veneta e Pomellato sono controllati dal gruppo francese Kering, mentre Lvmh si è impossessata nel giro di una manciata di anni di Bulgari, Fendi, Loro Piana e Acqua di Parma.
Nell’alimentare, poi, Lactalis, che controlla anche Galbani e si suoi marchi, nel 2011 ha acquistato Parmalat.
Parigi, tuttavia, fa la voce grossa soprattutto nel mondo della finanza, che è il cuore dell'economia: in Italia BNP Paribas controlla BNL (l'ex banca dell'IRI), mentre Crédit Agricole il gruppo Cariparma e ha recentemente comprato tramite la controllata Amundi, Pioneer Investments, il fondo di investimento di UniCredit.
E per un caso almeno curioso, la banca di Piazza Gae Aulenti dalla scorsa estate ha un nuovo numero uno col passaporto francese: il banchiere Jean Pierre Mustier.
Si vocifera, addirittura, che il manager transalpino voglia traghettare la banca milanese proprio verso Société Générale, la banca dove ha lavorato Mustier fino al 2009 prima di entrare in UniCredit. La seconda banca francese ha però smentito qualsiasi ipotesi di aggregazione con altri istituti.
Passiamo alle polizze: la compagnia Nuova Tirrena è stata ceduta a Groupama da Generali.
E anche nel ramo delle assicurazioni da tempo si parla di una possibile fusione tra la compagnia triestina, che però è guidata dal francese Philippe Donnet, e il colosso d’Oltralpe Axa (azionista di Mps); anche in questo caso i diretti interessati hanno smentito.
In ultimo, come non ricordare il finanziere bretone Vincent Bolloré: è lui, per molti osservatori, il nuovo re d'Italia. Già nel cda delle Generali, è secondo azionista di Mediobanca, il salotto della finanza italiana per eccellenza.
La scorsa estate con la sua Vivendi ha scalato Telecom, mentre l'attività di direzione e coordinamento è stata avviata a fine luglio 2017, un anno dopo.
Nel dicembre 2016 Bolloré ha provato una seconda impresa, non senza polemiche: la scalata al gruppo Mediaset (il gruppo tv controllato dalla famiglia Berlusconi, azionista di maggioranza di Mondadori, editore di Panorama).