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March 14 2025
La Corte d'Assise di Appello di Roma ha emesso la sentenza sul caso dell'omicidio di Willy Monteiro Duarte, avvenuto tra il 5 e il 6 settembre 2020 a Colleferro, piccolo centro in provincia di Roma. Marco Bianchi è stato condannato all'ergastolo, mentre al fratello Gabriele, a cui sono state riconosciute le attenuanti generiche, sono stati inflitti 28 anni di reclusione.
La sentenza è giunta al termine del processo d'Appello bis, disposto dalla Corte di Cassazione esclusivamente per rivalutare il riconoscimento delle attenuanti, dato che la responsabilità penale per l'omicidio era già stata confermata in via definitiva. Nelle udienze precedenti, la procura generale aveva richiesto l'ergastolo per entrambi, senza attenuanti. La questione centrale era la valutazione delle circostanze attenuanti, che in primo grado erano state concesse, ma successivamente revocate in Appello, riducendo così la pena da ergastolo a 24 anni.
«Siamo addolorati per la morte di Willy e per il dolore della sua famiglia ma non siamo dei mostri», hanno dichiarato Marco e Gabriele Bianchi nel corso delle loro dichiarazioni spontanee di fronte ai giudici.
«Le condanne non ci ridaranno Willy. Mi auguro che questi ragazzi apprezzino il fatto di essere vivi, con una famiglia che li può vedere e sentire la loro voce. A noi di Willy è rimasta solo una fotografia e la sua voce è solo un ricordo lontano», ha affermato Lucia, madre della vittima, commentando il verdetto. Ha poi aggiunto: «Mi auguro che i fratelli Bianchi imparino a rispettare gli altri e a fare in modo che un'altra famiglia non viva quello che abbiamo vissuto noi».
Gabriele Bianchi, presente in aula per l’ultima udienza, ha espresso il suo disagio per l’immagine pubblica che gli è stata attribuita: «Volevo replicare quanto detto in questi anni. Sono stufo: da quattro anni e più vengo definito come una persona che non sono. Non vivevo di delitti, avevo una frutteria, mi svegliavo alle tre del mattino per lavorare. Io e mio fratello abbiamo commesso degli errori e siamo pronti a pagare. In carcere sono la persona che sono sempre stata, mi sto laureando, svolgo il mio lavoro con serietà e impegno e non ho mai litigato con nessuno».
Bianchi ha poi ribadito la propria versione dei fatti: «Ripeto quello che ho dichiarato nel processo per quattro anni: voglio pagare per le colpe che ho, ma non ho mai colpito Willy, non l'ho toccato. Non posso confessare una cosa che non ho fatto, sono pronto a morire in carcere ma non dirò mai che l'ho colpito. Sono addolorato per la morte di Willy - ha detto rivolgendosi alla madre della vittima - ho chiesto un incontro con i familiari per poterli guardare negli occhi. E se potessi cambierei le sorti di quella sera. Prego tutte le notti che mi venga data la speranza di poter abbracciare mio figlio fuori dal carcere».
Collegato in videoconferenza dal carcere, anche Marco Bianchi ha voluto esprimere il proprio rammarico: «Mi dispiace per quello che è accaduto, per il dolore che ho dato alla famiglia di Willy. Sono responsabile per il calcio al fianco ma non quando era a terra, mi dispiace per mio fratello che è stato coinvolto in questa situazione ma non ha mai colpito Willy. Pagherò per la mia responsabilità, ma non siamo mostri. Non meritiamo tutto questo odio mediatico, spero in una pena giusta».
Massimo Ferrandino, avvocato di parte civile per il Comune di Artena, città d’origine dei fratelli Bianchi, ha commentato la sentenza sottolineando la gravità dell’accaduto: «Pene severe ma che rispecchiano un accaduto cruento ed efferato. Come parte civile eravamo già soddisfatti per aver cristallizzato una solidissima fase processuale, questa ulteriore sentenza conferma l'ottimo operato di tutti i componenti della pubblica accusa».