Economia
March 14 2019
Incorporare una banca malata a una sana al fine di salvare quella in crisi ed evitare che a pagare siano i correntisti. In apparenza il possibile via libera alla fusione tra Deutsche Bank e Commerzbank parrebbe essere un'operazione legittima di libero mercato, in realtà le cose sono un po' diverse. Se finalizzata si tratterebbe di un'operazione furba architettata da Berlino per salvare il primo istituto di credito teutonico aggirando quelle norme europee che proprio Angela Merkelaveva dettato agli altri Stati membri.
Dopo la conferma da parte del Ministro delle finanze tedesco Olaf Scholz dell'avvio dei colloqui preliminari tra i CdA del colosso bancario di Francoforte e Commerzbank analisti e commentatori in queste ore analizzano scenari e retroscena di quella che potrebbe essere la più grande operazione di fusione bancaria della storia europea.
Sono anni che questo progetto è nell'aria e, a fasi alterne, se ne torna a parlare, ma mai come oggi i tempi per la sua realizzazione paiono essere maturi.
Deutsche Bank è in crisi da parecchio. Solo nel 2017 ha segnato mezzo miliardo di euro di perdita con bilanci gonfi di derivati e un passivo di 1,6 miliardi iscritto a bilancio. Gran parte del suo male deriva dall'aver investito nei municipal bond americani.
Quella di Deutsche Bank è una crisi profondissima su cui incombe ilbail-in ovvero quella norma europea approvata nel 2016 (e fortemente voluta proprio dalla Merkel) che impone a un istituto di credito in crisi di risolvere i propri guai utilizzando esclusivamente le risorse di azionisti, obbligazionisti e correntisti. Ovvero: a pagare per gli errori della banca sarebbero i risparmiatori tedeschi.
La Angela Merkel è ben consapevole delle conseguenze che questo avrebbe sugli umori del proprio elettorato (l'appuntamento di maggio con le elezioni europee è alle porte) e la mossa più furba per aggirare il bail-in e non scontentare gli elettori/risparmiatori sarebbe proprio quella di dare la propria benedizione al progetto di fondere il primo istituto bancario teutonico a una banca che verte in uno stato di salute decisamente migliore, ovvero Commerzbank.
Le implicazioni di questa operazione però sono parecchie e possono essere lette a più livelli. Intanto lo scotto da pagare sarebbe quello della perdita di circa 30.000 posti di lavoro per i dipendenti di DB e questo, già in una fase preliminare, causa un deciso malumore tra i membri del Consiglio di Amministrazione dell'istituto di credito di Francoforte, ma questo su un eventuale tavolo di trattative verrebbe affrontato nei modi e tempi appropriati.
Il vero nodo chiave della questione è che la Repubblica Federale Tedesca è primo azionista di Commerzbank detenendo il 15% dell'intero capitale e quindi se la fusione avvenisse lo Stato diventerebbe socio di riferimento della maggiore banca tedesca e si assisterebbe a una nazionalizzazione del sistema bancario teutonico.
Dalla fusione nascerebbe il secondo maggior istituto dell’Eurozona con asset per 1.900 miliardi di euro, 845 miliardi di euro di depositi, oltre 2.500 filiali e 141.000 addetti (Il primo resterebbe Bnp Paribas).
Proprio il tema della nazionalizzazione delle banche in Europa è sempre stato caro allaMerkel che ha puntato più volte il dito contro gli altri Stati membri (Italia compresa) chiedendo che nessuno ricorresse ad aiuti statali per salvare i propri istituti di credito.
Basti pensare al polverone sollevato dall'UE quando lo Stato italiano spese 5,4 miliardi di euro per il salvataggio di Mps mentre il fatto che il governo tedesco tra il 2008 e il 2017 abbia speso circa 227 miliardi tra salvataggi e ricapitalizzazioni (Commerzbak inclusa, alla quale sono riconducibili 14,6 miliardi di aiuti, tradottisi nella quota del 15% in mano a Berlino) è avvenuto con la benedizione di Bruxelles dimostrando, ancora un volta, i due pesi e le due misure adottate dall'UE.
Il buon esito dell'operazione, comunque, al momento è tutt'altro che scontato. Financial Times sottolinea come l'Autorità bancaria europea sia già pronta a sollevare dubbi circa la legittimità dell'operazione (ancora una volta in ottica bail-in) e le opposizioni tedesche (Verdi in primis) evidenziano come il rischio della fusione è quello che non avvenga il salvataggio di DB ma il crollo di Commerzbak che potrebbe non reggere ai debiti che si trascina dietro l'istituto di credito di Francoforte.
Lisa Paus, deputata dei Verdi sulle colonne di Handelsblatt ha dichiarato: "Con l'unione di Commerzbank e Deutsche Bank, la Germania crea un nuovo gigante bancario malato che è troppo grande per fallire". Banche troppo grandi per fallire in cui far sparire, come in un fosso senza fondo, i bilanci dello Stato.
C'è poi la questione dei 30.000 posti di lavoro che non va trascurata e che potrebbe portare ulteriore malcontento negli umori tedeschi.
E' la prima volta che il governo federale attua una pressione politica tanto marcata per la realizzazione di un affare squisitamente economico e questo dà la cifra di quali interessi girino intorno alla presunta fusione dei due colossi.
Berlino punterebbe in questo senso a chiudere la trattativa entro maggio per evitare che in nuovo assetto post elettorale europeo possa ostacolare l'eventuale operazione con nuove regole più difficili da aggirare rispetto al bail-in.