Investimenti pubblici e ricadute economiche: perché è importante occuparsi del futuro aerospaziale italiano
Mentre si avvicina la data di “pensionamento” dellaStazione spaziale internazionale (ISS), prevista per il 2030, si fa urgente la necessità di definire le direzionilungo le quali l’Italia svilupperà i prossimi progetti in campo aerospaziale.
Dall’avvio della sua costruzione, nel 1998, la Stazione spaziale internazionale ha svolto un compito importante nella ricerca scientifica, con ricadute fondamentali per l’industria spaziale e della difesa, oltre che per molti settori come biologia, fisica, meteorologia eastronomia.
Ha rappresentato un esempio di cooperazione internazionale senza pari: ISS è stata infatti gestita in modo congiunto dacinque diverse agenzie spaziali: la statunitense Nasa, la russa Rka, l'europea Esa (con la partecipazione di tutte le agenzie nazionali, inclusa la nostra Asi), la giapponese Jaxa e la canadese Csa-Asc.
La decisione di “deorbitare” la stazione arriva perché mantenere una struttura così complessa comporterebbe costi e rischi sempre maggiori. Si avvicina così dopo oltre 20 anni di attività la fine della sua vita operativa.
La dismissione del progettopotrebbe in realtà avvenire anche prima del 2030,a causa della situazione geopolitica internazionale e in particolare delle ricadute del conflitto russo-ucraino.
L’Agenzia Spaziale Europea giocherà un ruolo da protagonista nella costruzione della prossima stazione spaziale, con un ruolo chiave per l’Italia, che dell’ESA è il terzo maggior contribuente dopo Francia e Germania e che detiene un “peso” ancor maggiore, considerato il ruolo di leadership che negli ultimi anni sta assumendo in questo dossier a livello continentale.
Un ruolo crescente l’Italia lo sta conquistando grazie all’impegno su diversi fronti: regolatorio, operativo e finanziario.Il primo elemento di vantaggio competitivo è la presenza di un quadro legislativo chiaro, frutto della prima legge quadro sullo Spazio, approvata lo scorso giugno dal Consiglio dei Ministri su proposta del ministro delle imprese Adolfo Urso. Un secondo fattore è il potenziamento delle basi dell’Agenzia Spaziale Italiana, in Italia e all’estero. Infine la disponibilità ingente di investimenti: l’Italia è infatti nella top 5 mondiale per investimenti in programmi spaziali in rapporto al Pil, posizionandosi dopo Washington, Mosca e Parigi e prima di Tokyo.
L’Italia è quindi uno dei Paesi leader nella New Space Economy, con un impegno finanziario che raggiunge quasi 1,9 miliardi di euro e la previsione di un indotto in crescita del 7% annuo, in un mercato globale che si stima raggiungerà i 1.600 miliardi di euro entro il 2035.Anche a livello privato l’Italia è ai vertici, grazie ad eccellenze di livello mondiale quali Leonardo, Thales Alenia, Avio o Sitael.
A fronte del grande potenziale dell’Italia si registra una scarsa attenzione per il futuro delle esplorazioni umane nello spazio, con un dibattito politico e sui media pressoché inesistente.Un paese con questo peso non può permettersi un’assenza di riflessioni su un argomento - quello della dismissione dell’ISS e delle prossime missioni con equipaggio umano a bordo- che avrà un grande impatto sul futuro dell’economia dello spazio.
Un fiume di denaro pubblico si riverserà nel settore nei prossimi anni, per questo sarà importante che venga investito con attenzione, per trarre il massimo vantaggio da questi investimenti, producendo ricadute in campo scientifico e tecnologico e quindi anche sull’economia reale italiana ed europea. Investimenti attenti sono indispensabili anche perché le agenzie spaziali nazionali potranno scegliere diversi fornitori e diverse tecnologie sul mercato.
A contendersi i finanziamenti pubblici saranno principalmente attori privati, che sono stati in grado di sviluppare tecnologie e investimenti in grado di affrontare e vincere le sfide sempre più complesse poste dalla corsa allo spazio nell’era tecnologica.
I principali attori coinvolti nella partita sono tre. Orbital Reef, progetto tra gli altri di Blue Origin, Sierra Space e Boeing;Starlab, joint venture a guida americana (Voyager Space) che riflette la “governance” dell’ISS con la co-gestione della giapponese Mitsubishi e dell’europeaAirbus; eAxiom, start-up americana sulla quale è emersa di recente qualche preoccupazione. Infatti, un’inchiesta di Forbes Magazine ha lanciato un severo allarme, evidenziando come l’azienda “riesca a malapena a pagare le bollette”, trovandosi costretta a tagli e riscontrando difficoltà nell’accesso a nuovi finanziamenti, in una vera e propria lotta per la sopravvivenza.
Di fronte a questo scenario sono tanti i nodi da sciogliere, innanzitutto il ruolo di Asi e del Governo nel rapporto con i fornitori privati. Tante sono infatti le domande a cui dare risposta con efficacia:quali saranno i player scelti per portare i nostri astronauti nello spazio? Chi gestirà il rapporto con queste società private e con quali modalità? E qual è la visione su questi temi dell’Agenzia spaziale edel Governo?
Va chiarito anche il contributodell’industria partecipata e di quella privata. Quale sarà il ruolo dei principali player nazionali per il futuro spaziale? Quale sarà il loro compito rispetto a chi gestirà la nuova stazione aerospaziale? Quale sarebbe lo schema migliore per il sistema Paese?
Di fronte a queste domandeun punto è chiaro: quando in ballo ci sono tante risorse pubbliche la trasparenza e la concorrenza sono un elemento imprescindibile. Una verità sempre valida, ma ancor più nell’industria aerospaziale, profondamente dipendente dallo sviluppo tecnologico e dall’efficienza delle scelte.
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