Si apre il G «1+6»

Quello che si apre oggi a Borgo Egnazia, splendido borgo affacciato sul mare della Puglia, tra ulivi secolari e muretti a secco, è un G7 un po’ particolare. Infatti, i sette grandi della Terra che si ritrovano a Savelletri appaiono un po’ più piccoli rispetto al passato. O meglio, a essere ridimensionati sono i leader e i governi che li rappresentano. Con una sola eccezione: l’Italia.

La faccenda può apparire sorprendente, visto che il nostro è spesso rappresentato come l’anello debole e instabile della catena, ma dei sette che si radunano in provincia di Brindisi nel lussuoso resort, c’è un solo premier che non sia sull’orlo di una crisi o, addirittura, di un addio e si chiama Giorgia Meloni. Capisco che buona parte degli oppositori, sempre pronta a denunciare l’isolamento del nostro Paese, fatichi ad ammetterlo, ma il presidente del Consiglio si avvia a inaugurare il vertice, forte di un successo elettorale che, dopo un anno e mezzo di governo, non soltanto ha confermato che il centrodestra è maggioranza, ma addirittura ne ha ampliato il consenso.

Così però non si può dire degli altri, a cominciare dai due principali sconfitti del voto europeo. In quali difficoltà si trovi Emmanuel Macron lo si è visto ieri, durante la surreale conferenza stampa con cui l’aspirante Napoleone dell’Eliseo ha respinto con sdegno qualsiasi ipotesi di dimissioni. Nonostante la tranvata di domenica lo abbia costretto a sciogliere il Parlamento e a rendersi conto di essere minoranza nel Paese, praticamente sorpassato a destra e a sinistra, Macron ha fatto capire che resisterà con ogni mezzo. Il che, ovviamente, non soltanto lo renderà ancor più impopolare agli occhi dei francesi, ma anche un leader poco credibile agli occhi dei suoi interlocutori. Appare solo un presidente di passaggio, tra la sua sconfitta e la fine del suo mandato. Non molto meglio è messo Olaf Scholz, il quale si è visto scavalcare dalla destra estrema tedesca, divenendo leader di un partito arrivato terzo in classifica. Il suo passerà alla storia come il governo che non ha saputo affrontare né la crisi ucraina né quella economica, che ha messo fine alla stagione di forniture di gas a buon mercato (vero booster dell’industria germanica), senza calcolarne le conseguenze e senza prevedere vere alternative. A Berlino le legislature non finiscono in anticipo come da noi o come in Francia, ma è evidente che la carriera del suo Cancelliere è giunta al termine e nel 2025, quando si terranno le elezioni federali, Scholz dovrà fare le valigie.

Se Macron e il suo vicino tedesco sono messi così, non sta meglio Rishi Sunak, che, subentrato in corsa dopo la disfatta di Liz Truss in Gran Bretagna, non ha mai goduto di grande successo. Alle prossime elezioni, fissate per il 4 luglio, il leader Tory sarà quasi certamente spazzato via, per lasciare il posto a un laburista o a chiunque altro. In pratica, Sunak a Borgo Egnazia si presenta con una data di scadenza già fissata. Se il presidente francese e il cancelliere tedesco surgelandosi possono resistere, nel caso del primo ministro inglese non c’è speranza.

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