Gabriella Ferri, una storia italiana

Gabriella Ferri è stata una delle icone indiscusse della musica italiana. La sua voce unica ed una presenza carismatica hanno incantato il pubblico per quattro decenni. A vent’anni dalla sua morte Elena Bonelli, “La voce di Roma”, ricostruisce la sua vita straordinaria, dall’infanzia trascorsa nel popolare quartiere di Testaccio alle fatiche e alle trionfanti performance teatrali. E’ la Ferri a raccontarsi in prima persona e a ricostruire il fermento culturale che attraversò il nostro paese a partire dagli anni Sessanta, tra cambiamenti sociali e rivoluzione musicale.

«Il mio rapporto con Gabriella Ferri nasce quando avevo nove anni e avendo ricevuto le musicassette in regalo da papà con le sue canzoni avevo imparato tutto il repertorio a memoria. Quel patrimonio mi è rimasto dentro e nel 2013 ho deciso di rendere omaggio a Gabriella con lo spettacolo “Elena, Nannarella e Gabriella” e poi di nuovo “Magnani – Ferri, vite da romanzo” e poi di nuovo “Era Gabriella Ferri”».

Elena Bonelli, romana di nascita, cosmopolita d’adozione, artista a tutto tondo, cantante, attrice, autrice, regista, ambasciatrice della cultura italiana e della canzone romana nel mondo, ripercorre in Io Gabriella Ferri. Una storia italiana (Arcana, 2024), la parabola umana e artistica di una delle più importanti e amate artiste della nostra cultura popolare, a vent’anni esatti dalla sua scomparsa.

Perché “Io Gabriella Ferri”?

«Il libro è nato per ricordare Gabriella nel ventennale della sua dipartita, per raccontare in prima persona l’artista dando la sensazione a chi legge di parlare direttamente con lei. Non è un saggio ma un romanzo, e mi ha fatto molto piacere che i critici letterari abbiano notato la forza comunicativa della scelta di far raccontare in prima persona Gabriella, espediente che ha reso il libro molto vero, dando sia alle persone che la conoscevano sia a coloro che non l’avevano mai incontrata, la sensazione di avere di fronte un artista che parlava in tutta la sua verità. Oltre il microfono, oltre l’essere cantante rivela parte della sua vita personale e privata a molti sconosciuta».

Non è nuova ad iniziative del genere…

«Lo stesso stile narrativo avevo seguito nello spettacolo “Era Gabriella Ferri”, andato in scena lo scorso gennaio: mi ero basata sul suo repertorio, ma non avevo raccontato la sua storia, mi ero spinta ad interpretarla personalmente calandomi il più possibile nel “personaggio Gabriella” per renderla più vera agli occhi del pubblico che era rimasto davvero colpito. Ne nacque uno spettacolo unico ed emozionante, con la mia voce praticamente fusa con l’anima delle canzoni della Ferri».

Addirittura aveva utilizzato un espediente di scena.

«Con me, sul palco del Teatro Ghione di Roma, avevo il giornalista del Tg3 Notte Maurizio Mannoni che mi intervistava ed io diventavo una Gabriella lungi da ogni imitazione, anche perché limitarmi ad imitarla non sarebbe stata la scelta migliore. L’intento era di renderla ancora viva e vera, e questo strumento narrativo è stato molto apprezzato dai critici e dal pubblico che numeroso aveva affollato il teatro romano».

Ora anche un libro…

«Non si tratta, evidentemente, della biografia di Gabriella Ferri, ma di un “racconto romanzato” che si basa su episodi della sua vita personale e professionale ormai diventati di pubblico dominio, tutti rigorosamente raccolti da testimonianze, libri, articoli di stampa, interviste, programmi televisivi e radiofonici. Certo, ho lavorato anche di fantasia, che se da un lato potrebbe aver aggiunto qualcosa di non veritiero, dall’altro ha offerto enfasi e colore al racconto della vita di un personaggio entrato di diritto nel costume italiano».

Un’operazione culturale non facile.

«Non nascondo che ho dovuto agire con intelligenza e coraggio quasi per far ascoltare una voce che risuona ancora nell’anima degli appassionati di musica. Gabriella ha incarnato l’autenticità e l’emozione della canzone popolare romana e italiana, ed ora il lettore è invitato a scoprire insieme a lei tutti i personaggi che l’hanno accompagnata nella sua vita: amici, cantanti, artisti, attori, autori televisivi, registi, compositori e uomini di cultura».

Un testo che rievoca la storia dell’inconfondibile artista ma anche della donna dietro il microfono:

«Sono stati molti gli aspetti della sua vita su cui mi sono soffermata: i suoi amori, i suoi sacrifici e le sue vittorie. Dalla musica italiana all’intimità di una vita vissuta intensamente, ho inteso tributare il suo spirito romano che permea ogni pagina, ma in un modo equilibrato e misurato che cattura l’essenza della sua romanità senza escludere il resto dell’Italia. Insomma, un simbolo del nostro paese».

Infatti ha scelto l’italiano…

«Intervallato, però, dal romanesco la cui comprensione è ben intuibile dai contesti in cui è inserito. Gabriella era una donna di cultura e sposava il suo dialetto come l’espressione più sincera di sé stessa, tuttavia, poiché il libro è rivolto a una platea nazionale, come d’altronde lo era la stessa cantante, il compromesso tra lingua italiana e dialetto romano viene pensato in questa prospettiva, senza snaturare l’uno e l’altro».

La narrazione, come detto, è “in prima persona”…

«Con uno stile dinamico, seguendo lo stesso ritmo incalzante e appassionante di Gabriella: “mi chiamo Gabriella Ferri, Maria Gabriella Ferri, e di me probabilmente già saprete che sono nata il 18 settembre del 1942 a Roma, nel quartiere Testaccio”. Inizia così questa mia avventura nell’universo umano di una donna che, come le faccio dire, “sono del segno della Vergine, ascendente sagittario, spesso troppo ingenue, noi che ci lanciamo dentro qualsiasi avventura e che rischiamo di essere sfruttate da persone poco corrette”».

La definisce “La bambina di Testaccio”…

«Il quartiere romano popolare per eccellenza, da cui Gabriella ha tratto linfa vitale per la stessa carriera musicale. Lo afferma chiaramente, quasi come fosse un “progetto di vita”: “un quartiere popolato da operai, macellai, dove si mischiavano culture, religioni, politiche, lingue ed espressioni diverse. Un miscuglio di suoni e colori, odori e sapori, insofferenze e contraddizioni di una parte di Roma che aveva sempre accolto tutti».

Non c’è nome dello spettacolo italiano della seconda metà del Novecento che non appaia…

«A partire da “Garinei&Giovannini che nel 1964 stavano portando in scena “Rugantino”, il tipico bullo di Trastevere, e poi Nino Manfredi, Vittorio Gassman e, nel 1965, “un ragazzetto a bordo di una Fiat 500 targata Foggia: mi ricordo che aveva la erre moscia e un fare da gagà: non era particolarmente bello, anzi era bruttarello, sicuramente molto simpatico, o forse ne colsi subito il genio, i primi segnali del suo incredibile talento. Bene, stò ragazzetto di chiamava Renzo e di cognome faceva Arbore”. Capirete, allora, quale ambiente culturale e artistico, Gabriella, poco più che ventenne, frequentasse…».

Un’intervista non basta certo per ripercorrere l’aneddotica che nel libro è vastissima.

«Perché Gabriella Ferri, con le sue indiscutibili doti canore, il fascino di donna bellissima e la naturale predisposizione ad allacciare rapporti con tutti i protagonisti della scena artistica e culturale italiana dalla metà degli anni Sessanta, ha realmente impersonato il modello di donna dello spettacolo a tutto tondo. Io stessa, nella ricostruzione minuziosa degli eventi della sua vita, ho avuto difficoltà a tenere il filo della sua storia».

Difficile averne accettato la scomparsa…

«La faccio rievocare a Gabriella stessa: “chi mi conosce lo sa bene: sono morta il 3 aprile del 2004. Sono stata trovata sotto la balaustra del mio balcone in condizioni molto gravi. L’ambulanza mi ha portato all’ospedale di Civita Castellana (in provincia di Viterbo, nda) e poi i medici hanno deciso di spostarmi al San Camillo di Roma, ma purtroppo il mio tempo è scaduto proprio durante il trasferimento. Hanno scritto articoli su di me, hanno dedicato innumerevoli servizi in televisione, hanno fatto allusioni spietate sulla mia fine. La mia anima è volata in cielo come alto era il mio canto. Non so quale sia il senso dell’arte, per certi versi, per me, resterà sempre un mistero…».

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