Calciomercato
June 29 2022
Un anno fa di questi tempi Federico Bernardeschi diventava campione d'Europa a Wembley con la maglia dell'Italia. Era un giocatore della Juventus con davanti ancora un anno di contratto e l'idea di poter far fruttare il nuovo status. Paulo Dybala trattava un rinnovo al ribasso rispetto alle pretese iniziali, ma comunque capace di proiettarlo ai 10 milioni bonus compresi. A stagione. Dries Mertens inseguiva i record della storia del Napoli, Lorenzo Insigne era nelle stesse condizioni di Bernardeschi, Franck Kessie giurava amore eterno al Milan in una delle più spericolate bugia da calciomercato, Alessio Romagnoli era ancora capitano dei rossoneri e via andando.
Giocatori che oggi, trascorso un anno, sono legati da un filo comune: la loro storia nel club di appartenenza è finita e, tranne rari casi, la prospettiva è dal 1° luglio di passare allo status di "disoccupati". Senza problemi a mettere insieme pranzo e cena, sia chiaro, ma anche con la sgradevole sensazione che molti degli scenari che si erano disegnati in testa si siano progressivamente sgretolati. Svaniti dentro le logiche del nuovo calcio, quello post Covid in cui gli stipendi milionari sono garantiti solo a quelli che fanno la differenza, possibilmente se giovani, mentre tutti gli altri devono inseguire nuovi ingaggi e nuove destinazioni. A volte rimpiangendo, come nel caso di Dybala, i treni passati invano.
Se non siamo al cospetto di una rivoluzione epocale, poco ci manca. L'apripista è stato, almeno per il campionato italiano, il Milan di Elliott e Gazidis: Donnarumma e Calhanoglu via a parametro zero perché non convinti (eufemismo) dell'offerta e della valutazione fatta dalla società. Danno patrimoniale? Forse. Di sicuro mani libere e risparmio garantito sul monte ingaggi, possibilità di scegliersi altrove il futuro e nessuna minusvalenza a bilancio. Tabù infranto e lo scudetto conquistato dalla squadra di Stefano Pioli dieci mesi più tardi ha certificato anche la possibilità di coniugare schiena dritta (verso i procuratori), attenzione ai conti e progetto sportivo.
Non è più tempo che dietro la porta del campione o presunto tale che se ne va a parametro zero si formi la fila. Restano ovviamente le eccezioni, come il francese Mbappé rimasto per mesi al centro di una contesa a colpi di rilanci tra il solito PSG e il Real Madrid. Ma la classe media, e anche quella alta, si stanno scontrando con una realtà differente. La stanno scoprendo anche agenti, familiari e intermediari che ragionando con i parametri del vecchio pallone: bonus alla firma, commissioni magari multiple e incentivi vari. Tutto o quasi ridimensionato. Non azzerato perché la figura del procuratore non è da demonizzare in termini assoluti, semplicemente non può sostituirsi a quella delle società che sui cartellini e sulla crescita dei giocatori hanno investito denaro sonante.
L'elenco dei futuri disoccupati, che quasi certamente una squadra la troveranno anche nelle nuove condizioni, è lungo. Per restare in Serie A ci sono i portieri Ospina e Strakosha, Luiz Felipe, Vecino in uscita dall'Inter e poi Andrea Belotti, ex capitano del Torino che ai granata non ha nemmeno risposto 'No grazie'. E' partito per le vacanze e al momento non sa quando e dove dovrà fare rientro. All'estero ci sono Di Maria (vicino alla Juventus), Isco, Lingard, Dembelé in rotta con il Barcellona, Januzaj, Grillitsch e il pistolero Suarez, che alla fine un porto sicuro lo ha trovato.
E poi c'è Neymar, non in scadenza ma non più gradito a Parigi pur avendo un contratto da 40 milioni netti ancora per tre anni che i rumors dicono in realtà rinnovato in automatico fino al 2027. E con lui la squadra di esuberi che il nuovo direttore sportivo, Jorge Campos, dovrà accompagnare alla porta pagando laute prebende e sperando che qualcuno si accolli stipendi fuori mercato al di fuori della realtà dell'emiro. Mission (quasi) impossible. La frontiera è stata varcata: oggi è più saggio chi si mette al riparo per tempo con un saggio prolungamento del suo contratto.