Politica
June 12 2024
Il Codice Penale parla chiaro. La Procura può chiedere delle misure cautelari nei confronti degli indagati per tre ragioni: inquinamento delle prove - reiterazione del reato - pericolo di fuga. Sta poi al giudice decidere se accettare o meno le richieste degli inquirenti.
Lo scorso 8 maggio Giovanni Toti è stato arrestato e posto ai domiciliari non per il pericolo di fuga (dato che l’inchiesta era cominciata 4 anni prima ed il Governatore della Liguria non ha mai cercato di scappare che ne so in un’isola deserta dei Caraibi), non per il rischio di cancellazione delle prove (in quegli anni gli inquirenti hanno accumulato una montagna di intercettazioni, documenti e quant’altro da farne 6 di inchieste ed in questi 35 giorni hanno perquisito tutto quello che si poteva perquisire…) ma per il rischio di reiterazione del reato. Nell’inchiesta infatti si parla anche di presunto voto di scambio e quindi, visto il rischio che la cosa si potesse ripetere con le elezioni europee (dice la Procura), ecco che è scattato il provvedimento restrittivo della libertà personale.
Sulla decisione e la sua motivazione si può pensarla in modo diverso ma non è questo il punto.
Il punto è che le elezioni sono passate, da tre giorni, e ad oggi le prossime votazioni di una certa rilevanza politica in Liguria saranno le Regionali del settembre 2025, Quindi la motivazione per cui Giovanni Tosi è stato messo ai domiciliari ha finito di sussistere alle 23.01 di domenica 9 giugno. E allora perché non lo si rimette in libertà come capita al 90% degli indagati? Le spiegazioni sono due: la prima è che i magistrati di Genova sanno per certo che il governo Meloni sta per cadere e a settembre gli italiani saranno chiamati ad elezioni politiche anticipate (ed ecco il ritorno del rischio di reiterazione del reato), oppure c’è da chiedersi - e se lo chieda un’ampia fetta di opinione pubblica - se non ci sia dietro il desidero di portare il governatore alle dimissioni.
Tangentopoli in questo è stato fulgido esempio per decine e decine di pm: si prende una persona, la si mette in carcere e la si convince a parlare in cambio del ritorno a casa. Allora lo si faceva anche alla ricerca di un pesce sempre più grosso da acchiappare, oggi la sensazione è che lo si faccia direttamente con il Presidente di una Regione: dimissioni in cambio della fine dei domiciliari.
Ripeto: sono sensazioni e sospetti che a Genova sono sulla bocca di tutti.
Di certo c’è che da tre giorni non esiste una ragione logica, concreta, reale, tecnica, prevista dal Codice Penale, per cui Giovanni Toti debba rimanere ancora chiuso nella casa di famiglia.