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January 24 2019
Ministro come sta?
Bene. Ma vivo reclusa, sempre in questo spazio.
Intende dire a Roma?
No.
Nel ministero?
Nemmeno.
E dove?
(Sorriso). La pubblica amministrazione è un mondo a parte. Ogni giorno vivo dentro un comma.
Di che tipo?
Oggi i concorsi, domani i contratti, dopodomani le assunzioni, la semplificazione amministrativa, gli incentivi e gli idonei!
Mi hanno chiesto via social di farle una domanda.
Ne può fare quante ne vuole perché ho affrontato il problema. In un modo impopolare, forse, ma seguendo un principio che ritengo corretto.
E adesso ci sono anche i commi cruciali di Quota 100 e Tfr.
Sono i prossimi provvedimenti. Due dei più titanici che si possa immaginare. Cambierà tutto, e per molte persone.
Per 140 mila dicono?
Per Quota 100 la platea potenziale ha più o meno queste dimensioni. Ma ovviamente non smetteranno di lavorare tutti insieme. Ci sono gli altri però.
Chi?
Per le correzioni al trattamento di fine rapporto ho voluto un provvedimento per tutti, non solo per i «quotisti».
Di chi si tratta?
Il differimento del Tfr, a causa di una legge del 2011, riguarda ovviamente tutti i dipendenti pubblici.
C’è gente che aspetta da due anni!
Esatto. Partendo da Quota 100 abbiamo sentito l’obbligo di affrontarlo per tutti.
L’obbligo?
Non mi arrestava nessuno, ovvio. Ma per quel che mi riguarda c’è l’obbligo morale: non puoi creare dipendenti di serie A o B.
In che senso?
Prevedendo l’anticipazione solo per i quotisti, avremmo favorito solo questa categoria, trascurando tutti gli altri dipendenti.
Certo.
È una misura che costa, ma stiamo lavorando per stipulare convenzioni con tassi agevolati con le banche. È importante affrontare globalmente il problema.
Il Tfr inciderà sulla scelta dei dipendenti?
Certo, molti decideranno se andare in pensione o no - giustamente - solo quando sapranno se prendono il Tfr subito, e in che percentuale.
Se mai fosse possibile Giulia Bongiorno sembra dimagrita: «Lavoro giorno e notte. E non mi lamento, anzi. Ho la sensazione che molte cose stiano cambiando». Sul suo tavolo si affollano problemi diversissimi: ma la riforma delle pensioni è una chiave di volta: «Contribuisce insieme ad altre misure ad avviare il più grande ricambio generazionale mai programmato in Italia».
Quota 100 produrrà effetti enormi nella pubblica amministrazione?
Su questo non c’è dubbio, anche perché dal 2019 è previsto del turn over al 100 per cento e assunzioni straordinarie.
Ma come realizzerete queste cose?
(Sorriso, mostra tre pile di fascicoli). Li vede questi libri firma in pelle blu?
Certo.
Bene, è curioso: credevo di essere la libera professionista più libera d’Italia, e finché ho diretto il mio studio legale lo ero...
E ora che cosa è cambiato?
(Altro sorriso). Sto diventando la prima datrice di lavoro d’Italia.
Da dove cominciamo?
Quota 100 è prevista per tutti i dipendenti pubblici, ma devo garantire la continuità del servizio pubblico.
C’è un conflitto di interessi tra queste sue esigenze?
Si devono bilanciare, io devo garantire cittadini e imprese. Se ci sono uscite ci devono essere ingressi. Ma non può esserci interruzione di servizio.
Come si aggira il blocco del turn over?
Io rivendico di essere il primo ministro, dopo 10 anni, che ha sbloccato il turn over: abbiamo preso una decisione, come governo, e io garantirò che se escono 100 dipendenti ne devono entrare altrettanti.
Ma dal 2011 questo ricambio era bloccato!
Nel triennio precedente ne uscivano 100 e ne entravano, più o meno, 25.
Perché?
Era passato questo assioma: «Siccome il pubblico non funziona, lo taglio».
Come mai?
(Increspatura di sorriso). È un proclama acchiappa consensi con applausi garantiti.
E lei lo mette in discussione?
A partire dalla mia esperienza. Per 25 anni, avendo calpestato la polvere dei tribunali, so che la giustizia ha tempi da lumaca, non per una misteriosa paralisi, ma perché non ci sono i cancellieri. Che la sicurezza è a rischio perché mancano poliziotti, e così via.
E questo come si combina con le assunzioni?
La sinistra diceva: se il pubblico non funziona non ha più senso investire. Io invece sono convinta che va cambiato il sangue nei pubblici uffici.
Ma come fate il turn over al 100 per cento se fino a novembre non si può assumere?
Non ci sarà alcun ritardo, questi mesi servono per le procedure di assunzione. Non si può assumere per chiamata diretta.
Ci vogliono i concorsi.
Esatto. Stima media: dal bando all’assunzione in Italia passa oltre un anno, a volte fino a tre.
Quindi il blocco è in parte virtuale.
Quando avremo chiuso le procedure saremo già arrivati a novembre. Ma attenzione.
A cosa?
Questo discorso non vale per le assunzioni già autorizzate del 2018 e degli anni precedenti, i vincitori e gli idonei delle graduatorie vigenti potranno già entrare in servizio nei prossimi giorni.
In senso letterale?
Anche ora, nella stanza a fianco stanno lavorando alle autorizzazioni. Però non mi basta.
Di che parla?
Come le ho detto, ci occupiamo delle problematiche delle assunzioni che riguardano dal più piccolo comune della Sicilia al grande ministero. Ma il blocco del turn over ha svuotato gli uffici, servono nuove energie.
Come?
La grande novità della legge di bilancio, ancora non raccontata da nessuno, è che abbiamo creato un fondo per assunzioni straordinarie.
Non vincolato?
Già operativo. Pensi: 130 milioni per il 2019, 320 nel 2020, e addirittura 420 milioni nel 2021.
È molto.
L’investimento è significativo, soprattutto perché fatto insieme allo sblocco del turn over.
Assunzioni straordinarie.
A questo vanno aggiunti 990 magistrati ordinari. E nel prossimo quinquennio 6.150 nuovi assunti nei corpi di polizia. Sono previste poi 1.500 assunzioni per i Vigili del Fuoco.
Un occhio di riguardo per Salvini?
No, stia sicuro, non guardo in faccia nessuno: vagliamo le esigenze.
Molti critici le diranno che si è trasformata: era una liberale meritocratica e ora elogia le assunzioni del posto fisso «alla Zalone».
Sto facendo assunzioni mirate in settori strategici della pubblica amministrazione, come la digitalizzazione, la gestione dei fondi struturali, la semplificazione.
Perché?
Le do due numeri: i nostri dipendenti pubblici hanno una media di 52 anni. I dirigenti, 56. È evidente la resistenza alla digitalizzazione. Non solo... E io credo che la trasformazione della pubblica amministrazione ci sarà solo con il digitale.
Dunque è importante.
Immagini di esser il sindaco di un piccolo comune in cui ci sono quattro dipendenti. Per la legge dei grandi numeri potrebbe non aver nemmeno un dipendente sotto il mezzo secolo!
Accade spesso?
Sono sommersa di mail con casi di questo tipo. Ma le aggiungo un altro dato illuminante.
Quale?
La percentuale dei dipendenti pubblici sotto i 35 anni è del 6,4 per cento.
E se si cambia questo equilibrio?
È la prima condizione per abolire la burocrazia: più digitale significa non solo meno carta, meno sportelli, meno file. Ma anche nuovi servizi con meno tempo perso per imprese e cittadini.
La sola anagrafe non produce una rivoluzione.
E infatti facciamo anche un piano di investimenti sulla formazione digitale.
Torniamo a Quota 100.
Siccome devo garantire la continuità amministrativa, abbiamo fissato un paletto a sei mesi per il preavviso per la finestra. Semplice, chiaro.
Ce ne saranno altri?
No, solo questo. Quota 100 non deve danneggiare la qualità del servizio.
Quindi ci sono tre leve che opereranno insieme?
Esatto: il turn over al 100 per cento, il fondo assunzioni straordinarie e Quota 100. Calcolando le finestre e i concorsi il ricambio generazionale lo inizieremo a vedere a fine 2019.
Risultato?
Negli anni successivi ci sarà un terremoto della pubblica amministrazione. Produrrà risultati straordinari.
Cosa s’immagina?
Che molti ragazzi che ogni anno scappano dall’Italia capiscano che si aprono spazi per loro.
Anche i concorsi erano bloccati.
Questo è l’ultimo tassello su cui mi sto impegnando: in Italia durano troppo, una follia.
Tutti lo dicono, ma nessuno è riuscito a velocizzarli.
Voglio valorizzare il Formez, una struttura della pubblica amministazione che funziona, e anche bene: voglio «concorsi sprint» e sappiamo come arrivare all’obiettivo.
Velocizzare?
Uno dei fattori di rallentamento è che ci sono commissioni dove molti membri non vengono a correggere le prove.
Follia pura.
I commissari costano, e spesso sono arruolati fra chi non può impegnarsi.
Soluzione?
Impiegheremo anche neo pensionati che lavoreranno sugli esaminati full time perché hanno tempo.
Cos’altro?
Mi sto impegnando per fare concorsi unici a livello regionale.
Per evitare cosa?
Il concorsetto fai-da-te, sul territorio, su piccolissima scala, e magari ad personam.
Non funzionano?
No. Io ho l’ansia del merito. Lavoreremo in tandem con le regioni che si faranno indicare i fabbisogni: così abbattiamo i costi e garantiamo lo standard. Un’altra barriera contro i giovani non raccomandati, che cade.
Le dicevo degli «idonei» che inseguono anche me, su Twitter, perché le chieda di loro.
Bene, parliamone. In questa manovra un’altra cosa importante che ho fatto per garantire la qualità e preparazione dei dipendenti pubblici riguarda loro.
Parla di chi in un concorso ha avuto un’abilitazione ma non un posto in organico.
Esatto. Non sono vincitori di concorso ma hanno superato le prove: era previsto che queste graduatorie valessero per tre anni, ma i miei predecessori li hanno prorogati dal 2003 al 2018!
Perché?
Perché non costava nulla, apparentemente, e perché regalava consensi.
E a lei delle due, cosa non piaceva?
Le procedure di reclutamento troppo datate non garantiscono la qualità della pubblica amministrazione.
E lei che ha deciso di fare?
Dal 2003 al 2009 abbiamo deciso di azzerare il pregresso. Dal 2010 al 2013 gli idonei potranno, con una prova, essere confermati. Scorrono quelli dal 2014 al 2018, che sono freschi di concorso.
Eravate unanimi in Consiglio dei ministri?
Ho mediato con alcune richieste del Movimento 5 Stelle. Forse la scelta più impopolare della mia vita.
Perché farlo allora?
Perché all’interno della pubblica amministrazione voglio i migliori.
Mi racconti la cosa più folle della pubblica amministrazione che ha visto da quando è qui.
(Sospiro). Direi gli scatoloni.
Cioè?
Da quando sono qui ho istituito un rapporto bisettimanale sull’assenteismo. Bene. Il fenomeno è dilagante. Mi sono convinta che bisognava correre sull’introduzione delle impronte digitali per attestare la presenza dei dipendenti in ufficio e ho capito che non erano sufficienti le telecamere quando ho letto in una relazione che alcuni, per non farsi identificare, andavano a timbrare il cartellino altrui con gli scatoloni in testa.
Ma il Garante le ha detto che le impronte possono violare la privacy.
E così ci siamo inventati una app: tu metti il dito sul tuo telefonino, che riconosce l’impronta e la converte in un codice alfanumerico per il cartellino.
Geniale.
È una soluzione che abbiamo trovato con la collaborazione del ministero dell’Economia. Perché nei ministeri ci sono tante persone geniali.
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