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Amato, un professore alla Corte Costituzionale

Dicono che nel novembre 20011 in realtà fosse lui, il “Dottor Sottile”Giuliano Amato, e non l’algido professorino bocconiano Mario Monti, l’uomo che Giorgio Napolitano avrebbe voluto a Palazzo Chigi subito dopo la caduta del governo di Silvio Berlusconi. E probabilmente è vero, visti i rapporti di amicizia e le affinità politiche che legano il Capo dello Stato e l’ex dirigente del socialismo italiano (nonchè consigliere di Bettino Craxi).

Perchè i desideri del Quirinale non si avverarono, al momento è difficile dirlo. Certo è che, visto come sono poi andate le cose, Napolitano non deve aver mai smesso di rimproverare a se stesso di essersi fidato di Monti e di non essersi impuntato, invece, su Amato. Ne è una riprova la sua ultima mossa (per la verità da alcuni già prevista ai primi segnali di burrasca provocata dal braccio di ferro sulla decadenza di Berlusconi da senatore): la nomina del “Dottor Sottile” alla Consulta, in sostituzione del presidente Franco Gallo. Con tutto quello che ne potrebbe conseguire.

Perchè la decisione di Napolitanto non è un premio alla carriera conferito all’amico giurista, ma ha invece tutta l’aria di una vera e propria investitura politica. E’ evidente che il prossimo passaggio sarà l’elezione di Amato alla presidenza della Corte Costituzionale. E poi, da quel trampolino, il lancio verso Palazzo Chigi, se il governo di Enrico Letta dovesse cadere, o verso il Quirinale, il giorno in cui Napolitano passerà la mano. Insomma, l’inossidabile uomo politico, già  protagonista di tante stagioni difficili della recente storia italiana, potrebbe ben presto riprendere in mano il timone del Paese per pilotarlo fuori dai marosi di questo finale di seconda Repubblica.
Torinese di origne siciliana, ha 75 anni portati egregiamente. Il fisico asciutto dell’ incallito giocatore di tennis e la mente lucida del raffinato intellettuale, Amato calca la scena politica da quasi un quarantennio. Editorialista di Repubblica, verso la fine degli anni Settanta, il segretario del Psi, Craxi, lo cooptò nella cerchia ristretta delle sue teste d’uovo.

Nel 1983, entrò in Parlamento. E da quel momento rimase accanto al leader –al partito o al governo- sino alla fine. Ma lui, il “Dottor Sottile”, a differenza di tutti gli altri esponenti del gruppo dirigente craxiano, superò indenne, senza neppure un graffio, la tempesta di Mani pulite. I suoi detrattori più maligni –e ne ha tanti ancora oggi, tra gli ex socialisti- attribuirono la sua “invulnerabilità” ai rapporti speciali a lungo coltivati con il mondo anglofilo e con ambienti dell’Amministrazione americana. Della cui protezione avrebbe ovviamente goduto, mentre tutti gli altri cadevano nella polvere.

Vere, verosimili o false che fossero le voci circolate sul suo conto, Amato fu chiamato a guidare il governo nel drammatico periodo tra il 1992 e il 1993, quando tutto sembrava andare in malora. La crisi finanziaria con gli attacchi speculativi alla lira. Il tonfo del sistema politico plasmato durante la guerra fredda. Le spinte secessioniste della Lega. E in quel contesto, gli omicidi eccellenti della mafia in Sicilia (tra gli altri, quelli dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino) e l’esportazione nel continente della strategia terroristica di Cosa nostra.

In quelle condizioni disperate, riuscì ad acciuffare l’Italia per i capelli proprio mentre stava precipitando nel burrone. Come fece, è per molti aspetti già storia: manovre finanziare lacrime e sangue (anche con prelievo forzoso dai conti correnti) e coraggiosi accordi con i sindacati. Per altri aspetti, la storiografia ha ancora tanto da approfondire, con particolare attenzione all’avvio dei processi di privatizzazione di settori dell’economia pubblica e al contrasto a Cosa nostra.
Crollata la Prima Repubblica e nata, anche se in malo modo la Seconda, Amato ha continuato a svolgere ruoli di primissimo piano, pubblici o in forma più discreta. Comunque, sempre con un obiettivo: garantire all’estero, grazie alle sue innumerevoli relazioni internazionali, per i politici italiani cresciuti sulle macerie del vecchio sistema, sia che si chiamassero Silvio Berlusconi, Massimo D’Alema o Gianfranco Fini.

E ora che anche gli uomini della Seconda Repubblica sono prossimi al definitivo tramonto -mentre lui e l’altro “grande vecchio”, Napolitano,  sembrano più che mai sulla cresta dell’onda- il “Dottor Sottile” potrebbe essere chiamato a garantire presso i circoli finanziari e politico-diplomatici che contano anche per i giovani della Terza. Possibilmente senza far rimpiangere le generazioni precedenti.


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