Giuliano Amato e il «prelievo forzoso» del 1992. Cronaca di una rapina storica

Cronaca di una rapina storica. Potrebbe essere questo il titolo dell’interessante retroscena pubblicato dal Corriere a firma di Francesco Verderami, che ricostruisce il dietro le quinte di un giorno che resterà per sempre “segnato dall’infamia” – parafrasando Roosevelt. Quello in cui, anno 1992, l’allora premier Giuliano Amato infilava la manina dello Stato, nottetempo, nei conti correnti degli italiani. Il famigerato “prelievo forzoso” del sei per mille, che doveva servire a salvare il Paese sull’orlo del crack finanziario.

Il dato nuovo di quel difficile passaggio, raccontato da uno dei protagonisti, il ragioniere dello Stato Andrea Monorchio, è che effettivamente la razzìa avvenne in sordina, con i guanti di velluto, all’insaputa dello stesso consiglio dei ministri. “Quando verranno desecretati i verbali della riunione – dice Monorchio – si vedrà che tra i provvedimenti citati quello del prelievo forzoso non è agli atti. Per non menzionarlo, il premier si trincerò dietro uno scioglilingua e passò avanti”. Sorvolando sul fatto che sussista ancora il segreto di Stato su un provvedimento finanziario di 32 anni fa (e sarebbe interessante capire perché), effettivamente lo svolgersi della decisione aderisce alla narrazione che pesa come un macigno sulla figura di Giuliano Amato. E cioè l’immagine di una seduta notturna del consiglio dei ministri, durante la quale, con un colpo gobbo, all’insaputa di tutti, il Dottor Sottile si insinua nei risparmi degli italiani. Per cavarsi di impaccio di fronte a un provvedimento senza precedenti, che bastonò i risparmi del paese senza preavviso, sfoderò una delle sue proverbiali supercazzole che l’hanno reso celebre. Tutto torna.

Si dirà: eravamo sull’orlo del collasso. Può essere: ma è strano che l’allora governatore di Bankitalia, Carlo Azeglio Ciampi, quando seppe del prelievo forzoso andò su tutte le furie. “Chiamò Amato ed ebbe con lui uno scontro violento”, rivela Monorchio. L’ altro dato su cui riflettere, ma questo non è una novità, è che a fronte della fragilità dei bilanci pubblici italiani dell’epoca, colpiti dallo schiaffo della Bundesbank che rinunciò a sostenere il nostro debito, vale la pena rimarcare l’invulnerabilità di Giuliano Amato, che è riuscito a proseguire indomito il suo brillante cursus honorum. Nonostante le ombre, le responsabilità nel Pci travolto da tangentopoli, le forzature tributarie come quelle raccontate da Monorchio, è riuscito a tornare a Palazzo Chigi dieci anni dopo, per poi rifulgere nei più prestigiosi palazzi istituzionali italiani ed europei, dalla Corte Costituzionale all’enciclopedia Treccani. Un talento, questo sì, che passerà alla storia.

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