Immagine del film "Giurato numero 2" (Warner Bros. Pictures)
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Giurato numero 2, implacabile Clint Eastwood - Recensione

Eccolo Clint Eastwood, come ci ha abituati: chirurgico e caustico. Non il Clint migliore di Gran Torino e Million Dollar Baby, ma sempre il regista solido e senza fronzoli per cui vale la pena il prezzo del biglietto. Giurato numero 2, dal 14 novembre al cinema distribuito da Warner Bros. Pictures, è la conferma che il grande vecchio di Hollywood, 94 anni appena e leggenda senza pari, dietro la macchina da presa sa sempre assestare colpi.

A volte la verità non è giustizia

Giurato numero 2 ci fa piombare dentro il sistema giudiziario americano. È affascinante indagarne i meccanismi ed esplorare la partecipazione del popolo all'amministrazione della giustizia negli Stati Uniti.
«Il sistema giudiziario non è perfetto ma è il migliore che abbiamo», è una frase sibillina di Giurato numero 2.

La sceneggiatura di Jonathan Abrams, già autore di Escape Plan - Fuga dall'inferno, ha sedotto Clint Eastwood. «Ho pensato che fosse una storia forte e che sarebbe stata un buon film», ha detto l’iconico regista. Convinto conservatore e grande cuore americano, ha potuto così esplorare grandezza e lacune del suo Paese, nel sistema investigativo e giudiziario, e anche gli animi divisi tra verità e giustizia dei suoi cittadini.
«A volte la verità non è giustizia», sostiene il suo attore protagonista Nicholas Hoult.

Giurato numero 2, la trama

Hoult interpreta Justin Kemp, un giovane uomo che ce l’ha fatta a lasciare i suoi demoni alle spalle e ha trovato nell’amore di sua moglie Allison (interpretata da Zoey Deutch) la seconda possibilità per una nuova vita.
Mentre sta per diventare padre, viene scelto come giurato in un processo per omicidio di alto livello. Di fronte ha l’identikit del sospettato ideale, un ragazzo violento (Gabriel Basso) accusato di aver ucciso la fidanzata (Francesca Eastwood, la figlia di Clint) dopo un litigio, un “classico” orrendo femminicidio. Ma mentre le pieghe del caso si dipanano, Justin capisce che non è come sembra. E che anche un evento che l’aveva coinvolto, proprio la notte in cui si compiva il presunto omicidio, non era come gli era parso. La sua coscienza sibila, ma anche il terrore di perdere la famiglia e tutto ciò che faticosamente ha costruito.

Intanto da una parte il giudice difensore (Chris Messina) è convinto dell’innocenza del suo assistito, dall’altra la procuratrice distrettuale (Toni Collette) è più ansiosa di buttarlo in galera, per poter far carriera, che non di sincerarsi che sia davvero lui l’assassino. Almeno inizialmente…

Ed eccolo servito il thriller giudiziario e psicologico, ambientato dentro un’aula di tribunale, che si muove tra suspense e dilemmi morali. Un film vecchio stile, che monta lentamente, e come in un puzzle compone la verità gradualmente.

Hoult, onorato e quasi incredulo di aver ricevuto la chiamata di Clint Eastwood, ha parlato di lui così: «Ho letto la sceneggiatura e poi ho parlato con Clint, che è stato molto freddo, calmo e rilassato». Freddo, calmo e rilassato: ecco, è proprio questa l’idea di regista che sentiamo dietro Giurato numero 2. Implacabile.

Nicholas Hoult e Clint Eastwood sul set del film "Giurato numero 2" (Foto: Warner Bros. Pictures)

Costellazione personaggi minori

Hoult e Collette, monumentale e scaltra, si ritrovano oltre un ventennio dopo About a boy - Un ragazzo (2022), in cui l’attore britannico oggi trentaquattrenne era poco più che un bimbetto.

Accanto a loro c’è una costellazione di personaggi minori di peso rilevante, che danno la loro graffiata energica al film. Come il superbo J.K. Simmons, premio Oscar per Whiplash, anche lui nel gruppo dei dodici giurati. «Dodici sconosciuti sono imprevedibili», dice di loro una poliziotta. E così infatti si rivelerà.

Tra i giurati c’è anche Adrienne C. Moore, la mitica Black Cindy della serie tv Orange is the new black, anche qui capace di sferzate ciniche e cariche di senso pratico.

Kiefer Sutherland invece, figlio del grande Donald da poco morto, interpreta il leader degli alcolisti anonimi, consigliere e mentore e anche avvocato.
Piccole pennellate compiute, in un quadro ben sviluppato, che si dilunga però un po’ nella seconda parte, perdendo di incisività.

Cosa avremmo fatto noi?

Il referto di un medico legale può presentare errori? A quanto pare, secondo la sceneggiatura di Abrams, sì. È plausibile? Non è plausibile? È comunque un nodo cruciale che instrada verso l’errore giudiziario.

Il giurato numero 2 interpretato da Hoult è quello che tutto sa e, dalla sua posizione speciale, può indirizzare l’esito della sentenza. Clint indugia anche troppo sulla statua della giustizia che si erge dinnanzi al tribunale e sui due piatti che oscillano, non fermi, tutt’altro che ineccepibili. Ma è il giurato numero 2, in verità, ad avere in mano quei due piatti. E a dover scegliere tra due epiloghi comunque drammatici, o per l’imputato o per se stesso.
Sconvolto e lucido al contempo, si barcamena tra l'onestà e la fedeltà a sé e alla legge e la volontà logorante di proteggere sé e la sua famiglia.

Piano piano, sarà anche la procuratrice interpretata da Collette a inoltrarsi in questo melmoso dilemma morale. Con loro, anche noi siamo divisi sull’esito che vorremmo che prendesse la vicenda. Come Eastwood orchestra e vuole, anche noi ci interroghiamo dubbiosi: «E noi, cosa avremmo fatto al suo posto?».

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