Il diritto naturale alla Giustizia
#Iosono CarloGilardi#
L'art. 13 della nostra Costituzione così recita: "La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge".
Perfetto, ma in troppe vicende italiane questo principio fondamentale - che deriva dal diritto naturale - è stato violato da parte di chi doveva tutelare un soggetto debole ma che, invece, ha tutelato interessi estranei e confliggenti, quasi sempre economici.
Crescono e si intensificano le iniziative spontanee affinché Carlo Gilardi, professore novantenne della provincia di Lecco, mite, colto, generoso, amante della campagna e degli animali, scrittore poliglotta e benefattore, sia liberato dalla RSA dove pare (il condizionale è d'obbligo non avendo potuto studiare personalmente la documentazione) sia stato imprigionato contro la sua volontà e, sempre stando a quanto riportato dalla cronaca, all'esito di un procedimento che, anziché proteggerne gli interessi, lo ha totalmente pregiudicato nei suoi diritti fondamentali e inviolabili.
Carlo appare come l'Ulisse dei nostri giorni che condensa in sé i destini umani ma, a differenza del mito greco, egli non potrà resistere per sette anni e, soprattutto, non c'è un Giudice che gli sta offrendo l'immortalità come invece, secondo il racconto omerico, fece Calipso.
Carlo è tutti noi e la sua battaglia è la nostra battaglia contro una giustizia negata o alla mercè di qualcosa che non vogliamo nemmeno pronunciare.
"Mi dia modo di parlare con la signora Giudice" pare abbia più volte implorato, con passione e ragionevolezza, alla sua amministratrice di sostegno prima di essere prelevato dalla sua casa di campagna da due carabinieri e trasferito in una RSA
"Voglio la mia libertà che mi avete sottratto", ha proseguito con voce straziata, denunciando di essere stato imprigionato contro la sua volontà e contro ogni giustificato motivo.
Ed infatti giorno dopo giorno, anche grazie alle inchieste di coraggiosi giornalisti che stanno disvelando un verminaio di incongruenze, ombre sempre più fitte calano su questa incredibile vicenda: accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori prima negati e poi ammessi, perizie psichiatriche contraddittorie, cartelle cliniche verosimilmente modificate, invocazioni inascoltate.
Senza scomodare Hobbes con il suo 'Leviatano', non ci si può esimere dal definire come inquietanti i contorni fattuali e normativi della vicenda di Carlo, dove la funzione stessa dell'amministrazione di sostegno sarebbe stata deformata e inficiata dall'azione arbitraria e (forse anche) mendace di chi aveva assunto il caso e avrebbe tutelato interessi diversi da quelli del soggetto che doveva proteggere.
Ma possiamo dire anche qualcosa di più.
Tra le leggi umane si possono distinguere, ed elevare a rango primario, quelle che derivano dalla stessa natura umana e riguardano la conservazione di sé, la libertà e la proprietà di ciò che si è ottenuto mediante il proprio lavoro personale. Sono diritti inviolabili e inalienabili.
Occorre dunque respingere con sdegno la possibilità che lo Stato possa privare Carlo ingiustamente delle sue libertà, solo perché è arrivato ad una certa età, senza considerare tutte le altre fondamentali variabili come il suo inalterato livello cognitivo e, soprattutto, le sue volontà.
Carlo, io e tutti noi, abbiamo il diritto di invecchiare sicuri che nessuno, con arti manipolatorie e malizie di legge, possa permettersi di rapirci dalla nostra casa e rinchiuderci in una RSA contro la nostra volontà.
Questo perché, diversamente, la norma di legge striderebbe con il diritto fondamentale alla vita e alla libertà ed allora sì che l'Homo homini lupus ( ogni uomo è lupo per l'altro uomo) farebbe ingresso anche nel campo della Giustizia, privandoci di quel presidio che dovrebbe rappresentare la nostra guida e la nostra salvezza dalle iniquità.
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