Politica
September 09 2023
L’agenda del Governo Meloni, fin dal giorno successivo al suo insediamento, ha scelto di applicare la regola del ‘bastone e della carota’ eliminando il tubero e concentrandosi sulla componente lignea. Ecco alcuni esempi, non esaustivi, che alcuni quotidiani hanno raccolto ed efficacemente elencato:
Rave party illegali? Aumentate le pene fino a 6 anni (questo fu l’overture del Governo, se ricordate).
Traffico illegale di migranti? Aumentate le pene fino a 30 anni.
Violenza di genere? Aumentate le pene fino a 5 anni;.
Violenza contro il personale sanitario? Aumentate le pene di un terzo.
Violenza contro il personale scolastico? Aumentate le pene fino a 7 anni.
Omicidio nautico? Aumentate le pene fino a 10 anni.
Occupazione abusiva di immobile? Aumentate le pene fino a 2 anni.
Incendio boschivo doloso? Aumentate le pene fino a 6 anni.
Gestazione per altri? Pene fino a 2 anni.
Se non bastasse, sono in coda altri provvedimenti nati da proposte di legge di stampo governativo:
Istigazione all’anoressia? Proposta di reclusione fino a 4 anni.
Imbrattamento pubblico di muri o monumenti? Proposta di reclusione fino a un anno.
Istigazione a delinquere mediante social? Proposta di reclusione fino a 5 anni.
L’ultimo capitolo è il decreto-legge contenente varie misure per contrastare la criminalità minorile e la cosiddetta povertà educativa: in pratica è stata abbassata a 14 anni l’età minima necessaria per il Daspo urbano e sono state aggiunte o inasprite le pene per i genitori di ragazzi che non rispettano le regole. Quando entrerà in vigore il decreto si potrà ordinare il carcere preventivo per reati che prevedono pene di almeno 6 anni (in precedenza era di 9). Il testo prevede anche la possibilità da parte del Questore di vietare ai minori l’uso dei cellulari per determinati periodi di tempo.
Tutto sulla scia dei fatti drammatici di Caivano e l’omicidio, a Napoli, del giovane musicista, reo di aver parcheggiato male la propria moto, ucciso da un sedicenne, uno dei tanti, troppi, senza controllo nelle nostre periferie. In pratica si assiste ad un fenomeno di azione-reazione piuttosto basico, che consiste nel rispondere alle svariate emergenze che la cronaca propina, agendo immediatamente sulla risposta sanzionatoria dello Stato, inasprendo le pene per quel reato. Oppure, in alternativa, vengono coniati reati del tutto nuovi. Ma siamo proprio sicuri che questa ricetta sia sufficiente?
Dimostrare che lo Stato c’è e punisce è senz’altro un segnale, ma non credo possa bastare. Intanto la singola pena serve a poco se poi il colpevole la fa franca nelle infinite pieghe del processo, tra termini di prescrizione, errori di notifiche, cavilli su cui gli avvocati si gettano voraci, tempistiche bibliche, scioperi dei magistrati, applicazione indiscriminata di attenuanti, valutazioni pro-reo di giudici dalla fantasia fervida. Ma anche ammettendo che tutto fili liscio e si arrivi alla condanna, davvero auspichiamo una società dove taluni carceri hanno una popolazione maggiore della città che li ospita? Perché prima o poi, tanti o pochi, usciranno dai cancelli dei centri di reclusione e si ributteranno nel crimine per ricominciare ‘la giostra’.
E allora dovremmo costruire carceri più grandi ( anche se il problema di ristrutturare, riformare o ingrandire le carceri esistenti c’è comunque)e inaspriremo ancora di più le pene per trattenerli più a lungo.
Un circolo vizioso che allo Stato costerà uno sproposito in termini di spese carcerarie e che fornirà una sicurezza solo apparente, perché lo strumento più efficace per risolvere un problema è creare le condizioni perché il male non attecchisca.
Abbandonare a se stessi interi quartieri trasformati in banlieue urbane, Caivano per esempio, crea soltanto una zona franca in cui l’illegalità diventa endemica, fin dalle nuove generazioni che ivi crescono come nel Far-West: vogliamo ritrovarci anche noi con le città in fiamme come in Francia, Belgio, Inghilterra o USA?
L’Italia ha, paradossalmente, un’incidenza del crimine, minorile in particolare, fra le più basse in Europa e al mondo, e ciò grazie a un tessuto sociale e culturale che – storicamente - ha sempre favorito coesione e controllo indiretto.
Le famiglie hanno svolto un ruolo primario in Italia, mentre nel resto del mondo occidentale si appassivano e atomizzavano.
E’ quindi una politica di sostegno alle famiglie che, in ultima istanza, contribuirà a garantire una società più coesa, perché è proprio quando si polverizza questa cellula fondamentale che lo Stato deflagra.
Bisogna quindi agire sulle cause, prima che sugli effetti, studiando il modo di offrire alle componenti di base delle società (famiglie, scuola, parrocchie, circoli sportivi, sindaci) gli strumenti per contenere alla radice i fenomeni di devianza giovanile che trasformano i minorenni in criminali in erba.
Per concludere, caro Governo, bene il bastone, ma senza carota, ahinoi, non si va lontano.