Cosa ne è della giustizia minorile dopo l’assoluzione di Claudio Foti

di Avv. Salvatore Di Grazia, Rimini

Cosa ne è della giustizia minorile dopo l’assoluzione di Foti con la motivazione che le prove a suo carico sarebbero insufficienti o contraddittorie? È questa la domanda che tutti dovrebbero porsi, dagli operatori del settore e da coloro che, partecipi della politica e della società civile, sono coinvolti, a vario titolo, nelle ricorrenti vicende che riguardano i minori e le loro famiglie.

La risposta non può venire da certa politica, quella che non ha un reale interesse a considerare cosa effettivamente Bibbiano rappresenti e come ripartire da esso per costruire un sistema di tutela dei minori improntato a principi di civiltà giuridica. Il rischio è che l’assoluzione di Foti e soprattutto la grancassa mediatica che si è scatenata faccia dimenticare i gravi problemi posti dai casi di cui Bibbiano è un paradigma: bambini tolti alle proprie famiglie, con procedure inadeguate e per motivi spesso banali o discutibili, collocati presso famiglie affidatarie spesso impreparate, istituzioni locali informate di ciò che stava accadendo, ma silenti, e tanti genitori privati di diritti sacrosanti, impotenti e mai ascoltati. L’assoluzione di Foti è strumentalizzata da coloro che vogliono la conservazione del sistema attuale, e ciò per una precisa ragione, che si può agevolmente individuare negli interessi clientelari ed economici derivanti dal sistema.

Nella migliore delle ipotesi, i Servizi sociali sono il fiore all’occhiello di molte amministrazioni, sia in termini di ritorno di immagine, sia di consenso grazie alla politica di assunzioni nei posti in pianta organica o con il sistema degli appalti, nonché grazie al finanziamento pubblico dei soggetti operanti nel settore dell’accoglienza dei minori sempre più prospero. Dopo l’assoluzione di Foti, per come viene strumentalizzata, si assiste non solo a un fenomeno di rimozione di quanto è anomalo nella giustizia minorile, ma addirittura alla demonizzazione di chi, dati alla mano, come gli avvocati familiaristi, denuncia la distorsione del sistema di protezione dell’infanzia e di aiuto alle famiglie più fragili. Si assiste al paradosso per cui nonostante la mole di atti e documenti raccolti in una lunga e ponderata istruttoria, si imputa ai critici del “sistema Bibbiano”, la grave colpa dell’intolleranza, di esporre gli operatori alla gogna mediatica, e non si astengono dall’accusare coloro che approvano e sostengono l’indagine su Bibbiano di essere dei cripto pedofili, incapaci di cogliere “lo strazio” (sic), la pena sperimentata da un’ampia area di assistenti sociali, psicologi, educatori professionisti, …che hanno osato dissentire dal pensiero colpevolista dominante”.

Al di là di queste miserie dialettiche, probabilmente l’esito più evidente dei fatti di Reggio Emilia e della Val d’Enza, e forse l’unico in grado di lasciare aperta la speranza di un autentico cambiamento, può essere individuato, ad esempio, nel mutato parere di un giudice minorile, dal quale, a una mia osservazione, riguardo al legame simbiotico, tra giudice e Servizio sociale, mi sono sentito rispondere: “Avvocato, noi dobbiamo fidarci delle assistenti sociali, sono i nostri occhi e le nostre orecchie, non vede come siamo messi? E mi indicava la “montagna” di fascicoli presenti nel suo ufficio, presenti lì da anni.. Dopo Bibbiano, senza essere da me interpellato, lo stesso giudice mi aveva posto questa domanda, sicuramente non retorica: “Avvocato, come possiamo difenderci dalle assistenti sociali”? Il senso della domanda è chiaro tenendo a mente ciò che pensa a proposito di Bibbiano l’allora Presidente del Tribunale per i minorenni Spadaro: “L’avere la Procura di Reggio Emilia, correttamente, identificato il ministero della Giustizia - e dunque anche il Tribunale dei minori di Bologna - parte lesa è confermativo che qualora venga accertato, a conclusione del processo penale, che i reati contestati siano stati commessi, gli imputati ci hanno tratto in errore, rappresentandoci situazioni non vere. Se così fosse, dovranno essere puniti con pene non severissime, come molti affermano, ma “giuste” e il ministero dovrà essere risarcito per il grave danno derivato”.

Nessuno vuol far passare l’idea che i giudici siano degli sprovveduti, ma è significativo notare che sia il Presidente Spadaro, che si autodefinisce vittima dei fatti di Bibbiano, che gli hanno pregiudicato la nomina a Procuratore minorile a Roma, sia la PM Salvi, che ha condotto l’inchiesta, si rendono conto della falla insita nel sistema, causata dallo strapotere che le legge e la prassi attribuiscono ai Servizi. Per questo propongono una riforma del sistema, più attenta alle esigenze del diritto di difesa e alla necessità del contraddittorio, capace di scardinarlo senza mettere a repentaglio la doverosa tutela dei minori. Questo traguardo che appariva a portata di mano nel tempo in cui era nuova l’attenzione per i fatti come quelli di Bibbiano, è reso più lontano a causa dell’onda di restaurazione che monta sempre di più a difesa del sistema e soprattutto dei suoi protagonisti.

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