Gli italiani risparmiano di meno

Risparmi degli italiani messi a dura prova. La situazione economica degli ultimi anni, con la crisi energetica, le turbolenze geopolitiche e la costante crescita dei prezzi ha inevitabilmente eroso le riserve economiche degli italiani. Gli aiuti messi in campo dai vari governi per cercare di aiutare le fasce più deboli della popolazione, hanno sicuramente fornito un po’ di sostegno (pensiamo all’eliminazione degli oneri generali di sistema delle bollette), ma di certo non hanno potuto porre rimedio ad una situazione internazionale del tutto eccezionale. Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Istat la propensione al risparmio delle famiglie è dunque passata dal 7,8% del 2022 al 6,3% del 2023, toccando il livello più basso dal 1995. Entrando nel dettaglio dei dati si può osservare come nel 2023 il reddito disponibile delle famiglie è aumentato del 4,7%, ma al netto dell'inflazione, il potere d'acquisto si è ridotto dello 0,5%. Il dato che lascia ben sperare è però la propensione al risparmio che risulta essere in aumento dello 0,9% rispetto al trimestre precedente attestandosi ad un 7%. Questo a sottolineare che il recupero, seppur lento, legato all’aumento dei prezzi dell’inflazione è in corso. In questa dinamica entrano inevitabilmente in gioco anche le politiche monetarie dell’Ue e la decisione di iniziare o meno a tagliare i tassi di interesse.

A fronte di questa situazione le nuove misure messe in campo dal governo hanno alleggerito la bolletta fiscale di alcuni italiani. Gli interventi del taglio del cuneo fiscale hanno infatti prodotto i loro benefici per i dipendenti che hanno fatto registrare un calo per quanto riguarda i contributi pagati (-4,3% -2,2 miliardi di euro). Meno bene per i lavoratori autonomi che invece hanno avuto un incremento (+7,3%, +2,9 miliardi di euro). Altro dato non brillante riguarda poi l’aumento della pressione fiscale. L’Istat ha infatti certificato che le imposte pagate dalle famiglie italiane nel 2023 sono cresciute di 24,6 miliardi di euro (+10,7% rispetto al 2022) per la crescita dell'Irpef (+10,2%) e delle ritenute sui redditi da capitale e sul risparmio gestito (+23%). Aspetti su cui il Mef si è soffermato, durante l’ultimo rapporto sul fisco e la riforma, dove ha spiegato che i prossimi passi dovranno guardare sicuramente il ceto medio e la necessità di estendere gli sgravi alle fasce più deboli del lavoro autonomo. Dati positivi ci sono invece per le prestazioni sociali. L’Istat ha infatti evidenziato come queste hanno fatto registrare un rialzo del 4,3%, a +19,1 miliardi di euro (+2,4% nel 2022, +10,2 miliardi di euro). Dinamica legata all'aumento delle pensioni, delle rendite erogate dagli enti di previdenza (+21,5 miliardi di euro su anno) e delle misure relative agli assegni familiari (+3 miliardi).

E infine le ristrutturazioni. Il fatto di aver solo depotenziato il superbonus ha fatto sì che nel 2023 (ricordiamo che prima dell’ultimo intervento chi presentava la Cilas entro febbraio 2023 poteva avere la possibilità di cedere il credito o avere lo sconto in fattura, con l’unica penalizzazione che la percentuale dell’agevolazione scendeva dal 110 al 90%, al 70% e al 65%), è proseguita la crescita degli investimenti delle famiglie per l'acquisto e la manutenzione straordinaria delle abitazioni (+3%, +3,4 miliardi di euro rispetto al 2022), anche se con ritmi più contenuti rispetto al biennio precedente. Le famiglie hanno beneficiato nell'anno di 78,4 miliardi di euro di incentivi agli investimenti erogati dalle amministrazioni pubbliche (+21,2 miliardi di euro rispetto al 2022). L’ultima stretta del governo sul superbonus si è però resa necessaria per mettere in sicurezza i conti anche in vista delle nuove regole europee.

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