Tasse
January 11 2022
Il diritto alla privacy cede alla ragion di Stato: d’ora in poi, se esiste il sospetto di evasione fiscale, l’occhio del Grande Fratello del Fisco potrebbe entrare nelle nostre case studiando spese, tenore di vita e abitudini senza che noi ce ne accorgiamo. E’ quanto stabilisce il decreto n.139/21, appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale che per la prima volta non tutela il diritto alla riservatezza del contribuente, ma elude la privacy per ottenere le prove di una sospetta evasione fiscale.
Continua, così, la dura lotta dell’esecutivo guidato da Mario Draghi contro l’evasione fiscale che tra le priorità dell’agenda del Governo per questo 2022 mette la battaglia contro il cosiddetto fenomeno dei micro evasori. Coloro che tra uno scontrino non staccato e uno sconto il fattura hanno messo insieme un tesoretto che vale circa 20 miliardi di euro.
Il fenomeno della micro evasione riguarda tutti coloro che non emettono fattura o scontrini, generalmente per piccoli e medi importi, sulla base di un consenso tra le parti, ossia tra il venditore e il compratore.
A questa pratica si aggiunge l’abitudine diffusa dell’emissione di fatture e scontrini di importi inferiori ai reali al fine di evadere parte delle tasse dovute. Visto che il fenomeno della fatturazione elettronica al momento non sembra dare risultati soddisfacenti per contrastare questa pratica il Governo la riforma dell’amministrazione fiscale. Il faldone composto da sessantasei pagine è stato inviato a Bruxelles.
Cosa prevede il piano Draghi
Nel documento giunto sul tavolo dell’Ue ci sono sia interventi che dovranno superare il parere della privacy sia regole libere. Tra quelli appartenenti alla prima categoria rientrano l'anonimometro, ossia il sistema di pseudonimizzazione dei dati presenti in anagrafe tributaria per individuare i profili su cui orientare i controlli. Come spiega Il Sole 24 Ore, la norma provvederà a verificare in maniera serrata il tenore di vita degli italiani, un sistema grazie al quale l'Agenzia delle entrate potrà attingere in forma anonima ai dati dei contribuenti relativi alle abitudini di spesa, per procedere, in caso di scostamenti evidenti, agli opportuni controlli, per stanare gli evasori. Per le persone considerate “a rischio” evasione le informazioni saranno conservate dal decimo anno successivo a quello di ricezione di inviti alla regolarizzazione, processi verbali di constatazione o dell'atto impositivo.
Maggiori controlli saranno previsti anche per le attività commerciali che operano su Internet, anche per quelle priva di partita Iva.
Il Garante della privacy avvalla il piano del Governo
L'unico soggetto giuridico in grado di impedire questa perdita di controllo sulla riversatezza sarebbe stato Garante della Privacy, ma il decreto Capienze (articolo 9) lo ha di fatto bypassato.
La legge sulla privacy, infatti, vuole che il trattamento dei dati personali da parte di un’amministrazione pubblica, una società a controllo pubblico o un organismo di diritto pubblico "sarà sempre consentito se necessario per l’adempimento di un compito svolto nel pubblico interesse o per l’esercizio di pubblici poteri a essa attribuiti". In pratica, se cause di forza maggiore lo richiedono, si potrà ricorrere ai dati dell'interessato per fare maggiori controlli. In tal senso, in mancanza di una norma o un regolamento, il trattamento viene disposto dalla stessa società che decide di effettuare quel dato controllo.
La mole di controlli che dovrebbe partire già da gennaio si aggira intorno ai 120.000 che verranno eseguiti a tappeto. Il Fisco dovrebbe concentrarsi prevalentemente su quei contribuenti considerati a rischio di elevata pericolosità fiscale, ovvero coloro che hanno già commesso infrazioni.
Dubbi e perplessità sulla manovra
Non mancano però le perplessità, perfino in seno alla stessa maggioranza. Sono tanti i punti che restano oscuri di questa riforma, una riforma che elargisce grandi poteri alle amministrazioni (senza specificarne i limiti), lasciando però quasi del tutto privi di tutela i contribuenti che non possono che tentare di dimostrare e documentare di essere estranei ai fatti.
Un Davide contro Golia del fisco in un ambito, quello dell’evasione fiscale, dove i veri “cattivi” sono altrove.
A quanto ammonta il giro d’affari dei grandi evasori
Basti pensare che l’evasione fiscale in italia vale il 12% del Pil per un ammontare di quasi 100 miliardi di euro cui vanno aggiunti i soldi “elusi” al Fisco, ovvero lecitamente spostati in paradisi fiscali tramite società prestanome da grandi aziende che operano in Italia, ma pagano le tasse dove costa meno. Nel 2018 (ultimi dati disponibili) sono stati versati nei paradisi fiscali 27,12 miliardi di euro da parte delle multinazionali che operano in Italia, quasi 6,5 miliardi di euro in più rispetto ai 25 miliardi del 2015. La perdita di gettito fiscale per le casse dello stato italiano arriva a 6,5 miliardi di euro circa il 20% delle entrate totali. Questo significa che per ogni 5 euro raccolti l'Italia ne perde 1. Un capitale immenso che va perduto e che dovrebbe finire nelle casse dell’erario.