Tasse
September 16 2021
Continua il dibattito politico sulla riforma fiscale nonostante i tempi stringano. La Legge delega fiscale, che sarebbe dovuta arrivare a luglio, vede infatti come data di scadenza fine settembre. Dopo l'ipotesi del governo di voler inserire nella riforma anche una revisione del catasto il confronto fra le varie forze politiche e l'esecutivo si è fatto ancora più serrato, facendo slittare in avanti il termine della presentazione definitiva della Legge delega fiscale, che ricordiamo, conterrà i punti centrali sul quali si andrà poi a sviluppare la riforma. Per diventare operativa deve però passare il vaglio del Parlamento ed è per questo che si susseguono incontri tra maggioranza ed esecutivo.
Per il momento quello che si sa è che la riforma fiscale che ne uscirà sarà molto depotenziata rispetto al testo Guida presentato al governo dal Parlamento questa estate. Il motivo ruoto attorno alle risorse disponibili. Lo stesso ministro dell'economia, Daniele Franco, ha più volte spiegato come l'Irpef e l'Irap sono gli interventi più urgenti "non appena saranno disponibili (le risorse), l'azione di semplificazione va avviata rapidamente e più in generale tutto quello che non ha un costo per le finanze pubbliche andrebbe portato avanti fin da subito". Aggiungendo in audizione come: "Per l'alleggerimento del prelievo non possiamo mettere a rischio la tenuta dei conti".
E dunque stando alle parole del ministro, se si considera che la revisione degli scaglioni Irpef è una delle misure più costose per le casse dello Stato, si capisce bene il perché sarà sposta molto più avanti nella tabella di marcia. Da tenere inoltre conto che qualsiasi cosa verrà approvata nella riforma fiscale, entrerà a regime solo a partire dal 2023. E dunque si parla di una riforma che molto probabilmente non vedrà tra i protagonisti l'Irpef. Forse, ci potrebbe essere l'introduzione di una no tax area, e altri interventi come l'abolizione di 20 micro tasse e l'Irap solo per i più piccoli (3 miliardi di euro). Nel testo Guida era stata invece inserita l'abolizione totale dell'Irap per tutti, oltre che anche la rateizzazione del secondo acconto previsto per novembre. La proposta era stata approvata anche da Eurostat e Istat e ha costo zero per lo Stato. Su questo tema non ci sarebbe però la certezza del suo inserimento nel testo finale della riforma, e nel caso in cui invece il governo decidesse di includerlo resterebbe aperta la questione temporale. E dunque il fatto che entrerà in vigore nel 2023, lasciando scoperti il 2021 e il 2022.
Sembrerebbe che invece l'esecutivo stia puntando su un taglio del cuneo fiscale, mettendo a budget tra i 3 e i 5 miliardi. Risorse scarse che quindi non permetteranno un vero e proprio alleggerimento della pressione fiscale. Eppure l'Italia ne avrebbe bisogno visto che a livello Ocse è tra i paesi con un peso fiscale notevole, che si aggira sul 46% contro un 36% della media degli altri paesi, membri dell'Organizzazione. Altra novità è la riforma del catasto. Misura che nel testo Guida non era presente, ma che il governo non sembra disdegnare. Si parlerebbe di aggiornare gli archivi catastali nell'ottica di una più equa imposizione fiscale. E dunque, secondo Massimo Bitonci, capogruppo Lega in commissione Bilancio alla Camera, la riforma prevederebbe il passaggio del calcolo delle rendite catastali in base ai metri quadrati e non più secondo i vani dell'immobile.
Il risultato finale potrebbe portare ad "un aumento indiscriminato dal 30 al 40% delle stesse, che si potrebbe tramutare in aumento corrispondente dell'Imu e Irpef, senza tener conto dell'aumento del valore degli immobili nelle compravendite ai fini della tassa di registro e Iva", conclude Bitonci. Contro un'ipotesi di riforma del catasto si è scagliato tutto il centro destra unito, che in questi giorni, attraverso i vari partiti, ha ben spiegato la sua opposizione netta al tema. Da ricordare infine che se anche il governo dovesse introdurre il catasto all'intero della Legge delega fiscale, non è detto che nella riforma definitiva lo si ritrovi. E questo perché il documento che, entro settembre, renderà pubblico Draghi, dovrà passare l'approvazione del Parlamento.