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Economia

Grecia: la storia infinita dell'accordo con la Ue

730. Sono le ore contenute in un mese. E, dopo tutto questo tempo, ancora nulla di definitivo. Il 20 febbraio scorso si è trovato un accordo sull’estensione del programma di salvataggio della Grecia, ma a distanza di un mese tutto è ancora in stallo, come cristallizzato. Oggi si apre il Consiglio europeo e il futuro di Atene rimane appeso a una flebile speranza, quella che vede un’intesa entro la fine del mese. Inutile farsi illusioni: è possibile che il vertice di oggi sia l’ennesima occasione persa. 

Un mese perduto

Quando il 25 gennaio ci fu l’affermazione elettorale di Syriza, il partito guidato da Alexis Tsipras, la Grecia pensava di poter cambiare verso agevolmente. Il primo ministro e il suo titolare del Tesoro, Yanis Varoufakis, pensavano di poter rivoltare le politiche europee come mai prima. Eppure, ben presto si sono resi conto di aver promesso troppo ai propri elettori. Varoufakis disse che la troika composta da Fondo monetario internazionale (Fmi), Banca centrale europea (Bce) e Commissione Ue non avrebbe più messo piede ad Atene. A due mesi di distanza, invece, i negoziati fra le parti sono ricominciati. Ma nel frattempo si è perso tempo. Tanto, forse troppo. Come fa notare un funzionario della DG ECFIN della Commissione europea, dietro anonimato per via della delicatezza della fase di negoziazioni, “si poteva fare molto di più”. Secondo lui, che sta seguendo da vicino i dossier ellenici, “la situazione è già sfuggita di mano, perché la dialettica fra noi e il governo greco di fatto non esiste, non sappiamo con chi parlare e non sappiamo come gestire le emergenze di cassa che possono esserci”.

Vogliamo collaborare con i partner europei, ma non vogliamo più austerity

Il Brussels Group

A oggi, la situazione è incerta. Da un lato ci sono le istituzioni internazionali. O meglio, il Brussels Group. Che altro non è che la vecchia troika, con l’aggiunta del fondo europeo di stabilità finanziaria, lo European stability mechanism (Esm). Nome nuovo, richieste vecchie. Vale a dire il completamento del programma esistente, che prevede il proseguimento del consolidamento fiscale, l’adozione delle riforme strutturali promesse, il completamento del piano di privatizzazioni e la creazione di uno Stato sostenibile nel lungo periodo. Nel frattempo, però, le casse dell’erario si stanno riducendo, i processi di riforma sono bloccati e il Paese continua a navigare a vista, senza una direzione precisa. 

Il ruolo di Atene

Dall’altro lato abbiamo la Grecia. Dopo aver inviato una lista di riforme, peraltro incompleta, Tsipras e Varoufakis sono attesi alla prova del nove. Devono quindi dimostrare ai leader europei che intendono mantenere i tutto e per tutto gli impegni presi. Fino a ora, questo non è avvenuto. Il motivo, forse, è da ricercare nella doppia dialettica utilizzata da Tsipras e Varoufakis. Quando sono fuori dai confini nazionali, utilizzano toni assertivi e diplomatici. In altre parole, si mostrano collaborativi con i partner internazionali. Quando sono in patria, di contro, i loro discorsi mutano di significato e assumono un tono più aggressivo e meno conciliante con quelle che sono le promesse fatte ai leader europei.

Abbiamo deciso di incrementare l’ELA per la Grecia di 400 milioni di euro

La rabbia di Berlino

In mezzo, c’è la Germania. Berlino è disposta ad aiutare Atene, ma a patto che non si perda altro tempo. In questo caso, tuttavia, ci sono due anime contrastanti. L’anima più dura è quella del ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, che non è disposto a compromessi con la Grecia e ha già perso la pazienza nei confronti di Tsipras e Varoufakis. Quella più moderata è data dal cancelliere Angela Merkel e dal ministro dell’Economia Sigmar Gabriel. Anche Merkel e Gabriel, tuttavia, stanno perdendo la pazienza. E, come fanno notare Die Welt e Die Zeit, se il vertice odierno non dovesse produrre risultati, allora anche l’anima benevola della Germania potrebbe cambiare registro e adottare una linea più dura. 

La Bce sullo sfondo

Sullo sfondo troviamo la Bce di Mario Draghi. Finora è proprio Francoforte a tenere in vita la Grecia. E lo sta facendo tramite la stampella di liquidità emergenziale chiamata Emergency liquidity assistance (Ela), attraverso la quale la banca centrale ellenica può fornire risorse al proprio sistema bancario. Attualmente, la dipendenza degli istituti di credito greci da questo strumento è di circa 69 miliardi di euro, una dozzina di miliardi in più rispetto a un mese fa. Questo significa che la pressione sulle banche elleniche sta aumentando, e di conseguenza la vulnerabilità agli shock politici. L’ultima richiesta di Atene per l’Ela è stata presentata ieri, un incremento di 900 milioni di euro della liquidità, ma la Bce ne ha accordati solo 400. Traduzione: anche nel caso dell’Eurotower la pazienza sta venendo meno.

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