Lifestyle
January 13 2021
Ci sono debutti e debutti. Quello di Greta Ferro, 25 anni, è senza dubbio di quelli clamorosi, da «buona la prima»: le sono bastati due provini per conquistare il ruolo di protagonista di Made in Italy, la serie tv coprodotta da Taodue Film e The Family per Mediaset, che racconta la nascita della moda italiana nella Milano degli anni '70. La fiction nata da un'idea di Camilla Nesbitt in quattro puntate è già stata venduta in venti paesi e dopo l'esordio su Amazon Prime debutta per la prima volta in chiaro su Canale 5, mercoledì 13 gennaio. «È l'affresco di un momento unico e irripetibile che ha cambiato per sempre la moda internazionale», spiega la modella e attrice a Panorama.it, raccontando l'incontro con Giorgio Armani che le ha cambiato la vita, la «gavetta di lusso» e i suoi sogni.
Greta, lei interpreta Irene Mastrangelo, una giovane giornalista che parte della periferia di Milano e farà molta strada. Come definirebbe il suo personaggio?
«Una ragazza dinamica, in continua evoluzione, una che ha voglia di mordere la vita. Cresce nella Milano degli anni '60 ma ha le radici profondamente legate al Sud, con due genitori che le hanno imposto molte rigidità. Lei però capisce presto di voler spiccare il volo e nonostante la contrarierà della famiglia – in particolare del padre operaio – vuole lasciare gli studi per entrare a lavorare in una rivista di moda».
Di base la sua è la storia di un'emancipazione.
«Esatto. Che le riesce perché incontra Rita, storico membro della redazione di Appeal che la aiuta a liberarsi dalle costrizioni sociali: intuisce il suo potenziale, la spinge a crescere. Irene capisce che quel mondo di creativi imprevedibili, così distanti dal suo ambiente di origine, è proprio quello in cui vuole farsi strada».
È vero che il personaggio è ispirato all'indimenticabile Franca Sozzani?
«Sì. Molti suoi aneddoti e racconti sono stati raccolti dagli sceneggiatori della serie prima che ci lasciasse. Si sono ispirati al suo coraggio, al suo essere una donna che sapeva guardare molto avanti, geniale e sensibile: prima la moda era un mondo elitario e se è diventato aperto e inclusivo è anche merito suo».
Lavorare con Margherita Buy le ha provocato più timore o voglia di fare bene?
«Più voglia di fare bene e dimostrare di essere all'altezza del comito che mi era stato dato. Margherita è una donna estremante intelligente e simpatica, la stimo e sono fortunata ad aver girato con un mostro sacro con lei. Tra noi si è instaurato un bellissimo rapporto».
Nel cast ci sono anche Raoul Bova nei panni di Armani, Stefania Rocca in quelli di Krizia, mentre la Pandolfi incarna Rosita Missoni. Lei con chi ha legato di più?
«Con Fiammetta Cicogna, che interpreta una giovane redattrice della rivista Appeal. Abbiamo passato molto tempo assieme ed è nata un'amicizia».
Cos'ha scoperto sulla moda italiana girando Made in Italy?
«Non sapevo molto sulla nascita della moda italiana, non sapevo che dell'incontro fondamentale tra i produttori tessili e gli stilisti. Questa serie è un ritratto interessante non solo delle origini del prêt-à-porter ma dell'impatto sociale che la moda aveva in anni di profondo cambiamento sociale e culturale».
Torniamo a lei e al suo «da zero a cento». In pochi anni è passata dalla scuola di recitazione Paolo Grassi di Milano a protagonista di una delle serie di punta di Mediaset. Come si resiste all'onda d'urto di un debutto così importante?
«All'inizio è stato uno shock, sono sincera. Ci si fa travolgere, più che resistere. Ho sentito il peso sulle spalle, non riuscivo a dormire: ho sentito forte la responsabilità tanto che non pensavo sarei riuscita ad affrontarla la situazione. Un po' alla volta ho domato l'ansia e ho capito che dovevo godermi ogni istante di questa possibilità clamorosa che mi avevano dato».
La sua prima reazione quando le hanno assegnato il ruolo qual è stata?
«Me l'ha ricordato pochi giorni fa Ago Panini, uno dei due registi della serie. Alle prove lettura mi ha guardato che mi ha detto: "Greta, hai capito cosa devi fare?". Io non ho realizzato subito di essere la protagonista della serie. Invece avevano scelto me».
È vero che quello per Made in Italy è stato il suo primo provino in assoluto?
«Il primo della mia vita: l'ho preparato a casa, solo con l'aiuto di un'amica. Quando sono arrivata davanti ai registi e ai produttori ho capito due cose: che dovevo dare il meglio di me perché quello era ciò che desideravo fare nella vita e che la fortuna è il talento unito all'occasione. Io ne avevo una in mano e non potevo sprecarla».
Il click che le ha fatto capire che voleva fare l'attrice quand'è scattato?
«In maniera del tutto inconsapevole sono sempre stata vicina a questo mondo. Ed è tutto merito della mia amata Nonna Betta, una donna forte e creativa: da bambina indossavo i suoi vestiti e mettevamo su dei piccoli spettacoli. A 16 anni mi sono appassionata al cinema e quando sono arrivata a Milano mi sono accorta che accanto alla mia università, la Bocconi, c'era la scuola di recitazione Paolo Grassi. Mi sono buttata e quei due mesi mi hanno fatto capire la complessità di un mondo strepitoso e mi hanno aperto gli occhi».
A cambiarle la vita è stato Giorgio Armani, che nel 2019 la scelse come testimonial della linea Beauty.
«Fui notata da un talent scout alla fermata del tram e scelta per il cortometraggio Una giacca, realizzato dagli studenti di Armani/Laboratorio. Quando sono arrivata sul set mi sono messa a piangere: ho respirato il senso di un vero processo creativo e ho capito che volevo fare questo mestiere per sempre. Subito dopo Armani mi scelse come testimonial».
Suo padre è un celebre imprenditore e guida un celebre marchio di pasta, sua madre è una docente universitaria. Come hanno vissuto la sua scelta di imboccare la strada dello spettacolo?
«È stato tutto talmente veloce e nuovo che nemmeno se lo aspettavano. All'inizio forse non sono stati di grande supporto ma solo perché non capivano. Ma non hanno mai avuto paura perché sanno che mi piacciono le sfide ma che al tempo stesso sono una con i piedi per terra».
E questo da cosa dipende?
«Dall'educazione e dai loro insegnamenti. Oltre che dal fatto di essere cresciuta in provincia nella libertà assoluta e a contatto con la natura. Anche se abbiamo viaggiato sempre molto e per un lungo periodo da bambina abbiamo vissuto in America, le mie radici sono salde tra il Molise e l'Abruzzo».
La provincia la si ama o la si detesta.
«Molto dipende da quanto ti vuoi aprire al mondo e da come cresci. Io sono stata abituata a sapere che lì fuori c'è un mondo gigante ma che avevo un porto sicuro dove tornare. Forse per questo ho affrontato la moda e poi questi primi passi nella recitazione con tranquillità: la mia vita non è cambiata molto, ho solo molti più interessi. In ogni caso oggi la provincia la amo».
A 16 anni volò in Cina e ci visse per un anno. Che ricordi ha?
«Non è stato semplice a 16 anni spostarsi in un altro continente e abituarsi a tradizioni e a una cultura così diverse. Ma sono stata innamorata di tutto fino a quando, a causa di una brutta infezione, sono finita in ospedale: in quel momento è stata dura perché mi sono sentita molto sola».
Dopo Made in Italy ha girato il film tv Chiara Lubich, per Rai1, e il film Weekend per Netflix. Sono già arrivate altre proposte?
«No. Questo è un periodo tranquillo e altalenante: sto imparando a gestire il tempo libero studiando con un coach, preparando nuovi provini e guardando tanti film».
Il suo grande sogno professionale?
«Non lo dico ma solo per scaramanzia ma ci sto lavorando per arrivarci. Certo, mi piacerebbe molto lavorare con i grandi registi. È un percorso lungo ma un passo alla volta, se lo vuoi, arrivi al traguardo».