Politica
November 13 2023
L’esibizione tronitruante di Beppe Grillo nel salotto di Fabio Fazio rappresenta l’incarnazione di un partito allo sbando. Nella sua allegra follia, nel suo sconcertante non sense, il comico genovese ha voluto rivelarci i suoi patemi: “Non so più chi sono”, e certamente questa crisi di identità si riflette da anni sulla sua creatura politica, che non ha più nulla da dire, se non “superbonus” per tutti.
Resta la performance artistica, che qua e là ha strappato un sorriso (quando ha raccontato per l’ennesima volta della sua gioventù con Donato Bilancia come suo vicino di casa), ma il dramma sta anche qui. Mentre Grillo spadroneggiava nello studio di Fazio, chiedendo al pubblico un referendum sul suo futuro professionale, non sapendo se insistere con la politica o tornare al cabaret, ecco in quel preciso istante la gente a casa deve aver pensato fatalmente: come è stato possibile? Come è potuto accadere che un partito fondato da Beppe Grillo possa essere divenuta la prima formazione nazionale, tanto da esprimere ministri e presidenti del consiglio? Quale ubriacatura di massa deve aver colpito gli italiani per aver consentito una simile deriva?
Quando Grillo dice di “aver peggiorato il Paese”, forse esagera. Semplicemente ha peggiorato la politica, dando sfogo alla parte peggiore della società. Quella che vede nel sussidio o nelle facili scorciatoie la soluzione a tutti i problemi. Certo, non che la politica ante-Grillo fosse popolata da grandi statisti: ma con il Movimento pentastellato la pulsione viscerale populistica ha certamente raggiunto vette stratosferiche. “Sono anziano e sono confuso”, ha detto il comico davanti alle telecamere, in una sorta di confessione urbi et orbi, non sappiamo quanto sincera. Non è chiaro perché questa crisi di coscienza arrivi soltanto adesso, ora che il partito gli è scoppiato in mano e l’avvocato Conte ha divorziato da lui.
Forse è troppo comodo, il pentimento fuori tempo, che sa un po’ troppo di autoassoluzione. Una sorta di amnistia televisiva, dopo la debacle politico elettorale. Suona tutto poco autentico, copionato come le sue battute. Di veritiero, nel tele-sfogo, certamente l’attacco a gamba tesa a Giulia Bongiorno, un rigurgito di rabbia, un fallo da cartellino rosso, considerando che l’avvocatessa difende la presunta vittima nelle indagini in cui è implicato il figlio. Né trovano giustificazioni le lamentele del tipo: “Se metti la famiglia in piazza, la famiglia si sfascia”, poiché arrivano da un personaggio che del giustizialismo e degli attacchi personali ha fatto uno punto irrinunciabile del modus operandi del suo partito.
Insomma, ha ragione il pubblico di “Che tempo che fa”, in questo frangente valido campione dell’elettorato. Grillo non può che tornare a fare il comico: il talento non gli manca e i dati d’ascolto sono lì a dimostrarlo. Resta il fatto che a pagare il prezzo dei suoi avventurismi non è lui, ma il Paese intero.